E IL POETA DELLA PACE, ATTIVISTA CONTRO LA PENA DI MORTE, SI SCOPRÌ FRATELLO DI UN BOIA
La vitalità artistica ed emotiva dello scrittore, scomparso a inizio 2021 a 101 anni, nel racconto di due giovani studiose che hanno
realizzato a San Francisco una pellicola su di lui.
Tra ricordi personali e occasioni di ispirazione lirica e pittorica
i grandi amici, oltre che grandi poeti e scrittori, Lawrence Ferlinghetti ne ha persi tanti, perché tanti ne ha conosciuti. Da Jack Kerouac ad Allen Ginsberg, tanto per fare due nomi che hanno segnato un’epoca e molte generazioni. Ogni perdita è una ferita e per ogni ferita Ferlinghetti conosceva una sola cura: l’arte. Ne offre una testimonianza diretta il documentario Lawrence, dal 9 dicembre al cinema in tutta Italia (in anteprima al Festival dei popoli il 26 novembre alle ore 17.30, al cinema Spazio Alfieri di Firenze), realizzato da Giada Diano ed Elisa Polimeni. In una delle scene più fortunate, stanno andando in macchina verso Big Sur, ed entrano in un locale, il San Gregorio Store, dove un uomo suona e canta. È il 2010, Ferlinghetti ha da poco perso un amico, un cantante senza fissa dimora, Kell Robertson. Al tavolino butta giù
Ddei versi, all’impronta, è un testo di una canzone in cerca di musica, e lo legge mentre il musicista improvvisa un accompagnamento. Si vede Ferlinghetti che scrive e poi recita Desperation horse, il cavallo della disperazione, che tradotto fa all’incirca così: «Sono seduto al parco /e si avvicina un ragazzo / mi dice “Ehi signore, sei un cowboy? / Io dico “Sì, ragazzo”, e lui dice “Ma allora dov’è il tuo cavallo?” / E io dico: “Beh, figliolo, il mio cavallo è molto lontano / è molto lontano ma lo cavalco continuamente / è un cavallo malandato, a pezzi, non ha sella, non ha briglie, / non ha un posto dove riposare, un posto da chiamare casa / ma è il mio cavallo, il mio cavallo chiamato disperazione / Lo cavalco, lo cavalco tutto il tempo / e non sono mai solo / perché cavalco il mio cavallo / chiamato disperazione».
LA CIMA DELLA BANANA
Quel testo, nato lì, in quel momento, tramite le due donne arriverà a Omar Pedrini, il rocker italiano amante della poesia, che lo mette in musica, lasciando il testo in inglese. Pedrini è di Brescia, come Carlo Ferlinghetti, il padre che Lawrence che emigrò negli Stati Uniti all’alba del Novecento. «Mio padre» racconta «c’è scritto nei documenti, era un traduttore, ma non so, aveva conosciuto mia madre in una pensione a Coney Island, lei era francese, sefardita e portoghese. Ebbero 4 o 5 figli, e io sono stato l’ultimo, sono nato quando mio padre era morto da poco». Mentre