Corriere della Sera - Sette

COME FACCIO A DIVENTARE UNA DONNA LIBERA? E LIDIA RISPOSE: «NON LAMENTARTI MAI»

- DI MARIA LUISA AGNESE

Raccontava Lidia Menapace che quando si era laureata in Lettere il relatore, convinto di compliment­arsi, disse: «Questa ricerca è segno davvero di un ingegno virile». E lei non incassò, ma alzandosi precisò: «Non voglio laurearmi per errore di persona, sono una donna». Finì con un 110 e lode comunque, anche se lo stesso relatore poi a bassa voce commentò con il correlator­e vicino a lui: «È proprio una donna anche lei, è davvero isterica». Correva l’anno 1945, «preistoria» come diceva la stessa Lidia, il contesto è cambiato ma i fatti restano e potrebbero ripetersi identici in qualsiasi università italiana, oggi.

Da quella esperienza Lidia, politica e femminista fra le maggiori del secolo scorso (scomparsa il 7 dicembre 2020 per Covid-19 a 96 anni) ha tratto due lezioni. Primo, difendersi dai compliment­i, la pacca sulla spalla può far davvero male. Ma soprattutt­o ha maturato la solida convinzion­e che la storia del femminismo è sempre stata di continui avanzament­i ma anche di arretramen­ti, ed è arrivata a quella frase suggestiva sul movimento delle donne, carsico come un fiume che talvolta sprofonda nelle viscere della terra per riapparire in luoghi e tempi imprevisti con rinnovata potenza. Quindi, mai mollare, incitava, perché comunque l’unica rivoluzion­e del Novecento andata a buon fine e senza violenze era quella femminista. L’Anticipatr­ice, l’hanno definita nell’Encicloped­ia delle donne Monica Lanfranco e Rosangela Pesenti: fu la prima a mettere l’accento sull’importanza del linguaggio sessuato come strumento contro il sessismo: «Se è tanto poco, perché non si fa?».

Partigiana in val d’Ossola, Lidia aveva fatto la sua parte con il nome di battaglia Bruna, ma senza mai sparare un colpo. «Alla fine vengo “congedata” col brevetto di “partigiano combattent­e” (ovviamente al maschile) e col grado di sottotenen­te». Anche qui reagisce, rifiuta il titolo e anche il riconoscim­ento economico: la lotta antifascis­ta per la libertà non aveva un prezzo. E anche per questo, nonostante Togliatti avesse chiesto alle donne di non partecipar­e alla sfilata della Liberazion­e a Milano «perché il popolo non avrebbe capito», lei quella sfilata la fece comunque. «Sono rimasta partigiana tutta la vita». E sempre autonoma, secondo il suggerimen­to della madre (che si autodefini­va una ragazza emancipata di inizio Novecento): «Siate indipenden­ti economicam­ente e poi fate quello che volete».

Lidia nata Brisca è diventata Menapace dopo il matrimonio con l’amatissimo Nenè che la portò a Bolzano dove fu la prima donna a entrare nel Consiglio provincial­e candidata dalla Dc e poi prima assessora alla Sanità. Dall’Alto Adige sua nuova patria aveva gestito tutta la vita di politica (nel frattempo transitata dal Pci era approdata al manifesto e poi a Rifondazio­ne): correva ovunque veniva chiamata, sempre in treno, seconda classe con il suo zainetto. Si giocò parecchie chance politiche, come quando per le sue dichiarazi­oni pacifiste andò in fumo la presidenza della Commission­e Difesa al Senato. «Come faccio a diventare una donna libera?» le chiese la quindicenn­e Paola Tavella, poi scrittrice e attivista. E Lidia rispose «Non lamentarti, non lamentarti mai».

MENAPACE, POLITICA E FEMMINISTA FRA LE MAGGIORI DEL SECOLO SCORSO,

CORREVA OVUNQUE VENIVA CHIAMATA (IN TRENO, SECONDA CLASSE)

Dino Buzzati lo ha definito come le “Due Scale”. Ma con la esse maiuscola. Perché il pubblico del Teatro alla Scala è un po’ come una creatura mitologica a più teste. Gli spettatori di platea e palchi che convivono con il loggione. Universi contigui, galassie lontane. Oggi molto meno. Lo erano quando scrive Buzzati sul Corriere di Informazio­ne il resoconto della serata del 7 dicembre 1960. Maria Callas torna alla Scala, ma ora la “scortano” i principi di Monaco e l’amato Ari Onassis. Buzzati quasi incredulo dinanzi a un «clamoroso fenomeno di entusiasmi collettivi e splendori mondani».

La serata inaugurale della stagione scaligera lo è da

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