MAI DIMENTICARE CHE LA TECNOLOGIA DEVE MIGLIORARE LE ESPERIENZE UMANE (NON SOSTITUIRLE)
I ragazzi radunati (durante il lockdown) per il concerto di Ariana Grande, la chiacchierata sull’isola del presidente Biden. Complice la pandemia, il mondo digitale complementare a quello analogico è già una realtà. Ma chi sarà il capofila e quali saranno le regole?
of Warcraft
World
oms Horizon do per due miliardi di dollari acquisì Oculus, piccola azienda californiana che sfornava i migliori visori per realtà virtuale. E parlando di storia di digitale, facciamo un balzo nel 2016, al Mobile World Congress di Barcellona e alla foto che allora “spaccò l’Internet”: il ceo Mark che cammina in una sala conferenze in mezzo ai giornalisti, tutti con indosso i visori tranne lui. Il 1984 di Orwell in versione realtà virtuale. Fu probabilmente un errore di comunicazione, uno dei tanti, da parte dell’azienda. In ogni caso, il cambio di nome Meta oltre a “prendere le distanze” da quello che è il prodotto originario – ma anche il più discusso – del gruppo, Facebook stesso, prosegue dunque la visione del futuro di Zuckerberg. «Nel metaverso sarete in grado di fare quasi tutto ciò che potete immaginare: stare insieme ad amici e familiari, lavorare, imparare, giocare, fare acquisti, produrre», ha detto il manager durante la presentazione di ottobre. «Sarete in grado di teletrasportarvi istantaneamente come un ologramma per essere in ufficio senza viaggiare, a un concerto con gli amici o nel soggiorno dei vostri genitori per stare insieme. Questo aprirà più opportunità, non importa più dove vivete».
Paura? Un po’, questo è certo. Ma c’è anche tanta curiosità verso una nuova tappa che la rivoluzione digitale sta strappando alla narrativa per portarla nel quotidiano. Pensiamo al primo Tron della Disney, per esempio: era il 1978 e un ragazzo veniva proiettato dentro a un videogioco. Si trovava a vivere in un metaverso. Riferimenti da veri nerd, d’altronde il mondo che stiamo andando a vivere è progettato da loro, pur in versione manager multimiliardari. Quarant’anni dopo i metaversi non sono solo al cinema: ci vivono le migliaia di ragazzi e ragazze che – complice an
che Facebook si accontenti di essere non l’architetto unico ma uno dei partecipanti all’impresa. E questo vale anche per gli altri colossi.
Un bel dilemma. In attesa di definirlo, nei prossimi mesi, registriamo in chiusura due posizioni che mettono in guardia dal futuro metaverso, pur venendo dall’interno della sala comandi del digitale. E questo le rende anche più interessanti. La prima è di un manager che per diversi anni è stato alla guida di un Gafam: Eric Schmidt, amministratore delegato di Google dal 2001 al 2011. «Tutti quelli che parlano dei metaversi mostrano mondi che sono più soddisfacenti di quello in cui viviamo, dove siamo più ricchi, più belli, più potenti, più veloci: tra qualche anno, la gente deciderà di passare più tempo con i propri visori nel metaverso che nel mondo reale». Una previsione non proprio allettante, sulla quale Schmidt rincara la dose: «Il mondo diventerà più digitale che fisico, e ciò non è necessariamente la cosa migliore per la società umana». Anche il digitale ha una sua etica, e forse la si vede meglio facendo un passo indietro. Davvero avremo bisogno di un mondo dove saremo «in grado di fare quasi tutto ciò che è possibile immaginare»? John Hanke è l’amministratore delegato di Niantic, la softwarehouse che 5 anni fa fece giocare il mondo intero nello strano metaverso di Pokemon Go, mix di reale e digitale. «Incoraggiamo tutti, inclusi noi stessi, ad alzarsi, camminare all’aperto e connettersi con le persone e il mondo che ci circonda. È ciò per cui noi esseri umani siamo nati, il risultato di due milioni di anni di evoluzione umana e, di conseguenza, queste sono le cose che ci rendono più felici. La tecnologia dovrebbe essere utilizzata per migliorare queste esperienze umane fondamentali, non per sostituirle».
LA CONSERVAZIONE DEI DATI, I METODI DI PAGAMENTO E LA SICUREZZA SONO TEMI DA AFFRONTARE FINO IN FONDO