Corriere della Sera - Sette

IL LIBRO-VERITÀ HUMA ABEDIN DA 25 ANNI A FIANCO DI HILLARY CLINTON RACCONTA I GIORNI BUI DELLO SCANDALO CHE FERMÒ LA CORSA ALLA PRESIDENZA IL POTERE, L’INFEDELTÀ, LA SORELLANZA

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er quasi venticinqu­e anni è stata l’ombra di Hillary Clinton. Ovunque la first lady, poi ex, poi senatrice, poi segretario di Stato e infine candidata alla presidenza andasse, Huma Abedin era con lei. Nei viaggi istituzion­ali, nelle crisi politiche, e coniugali. Aiutante, confidente, amica, «come una figlia», «una l’estensione dell’altra». Ma sempre un passo indietro, anche quando uno dei più salaci scandali della politica americana degli ultimi anni l’ha travolta (causa marito). E un po’ come Hillary, si è ritrovata a recitare la parte della «good wife», la buona moglie.

PIN ARABIA

Eppure Huma Abedin ha tutto per non passare inosservat­a, per essere lei, la storia. Bellissima, con una biografia straordina­ria. Figlia di una mamma pachistana e di un papà indiano, musulmani praticanti, come lo diventerà lei, nasce in Michigan, ma da bambina si trasferisc­e con la famiglia

DI MARILISA PALUMBO

in Arabia Saudita, dove al papà viene offerta una prestigios­a cattedra universita­ria. Quella che doveva essere una breve esperienza si trasforma in un soggiorno di anni, la vita a Gedda, le estati in America, fino al ritorno definitivo negli Stati Uniti, l’università, l’internship alla Casa Bianca appena ventenne nel ‘96, l’incontro con Hillary.

E più tardi con Anthony Weiner, il carismatic­o, fascinoso, e ambiziosis­simo deputato dell’orbita clintonian­a che diventa, a 30 anni, il suo primo vero fidanzato, e poi suo marito (sarà Bill a ufficiare le nozze). «Quando ero con lui, pensavo che niente di brutto potesse accadermi», scrive Abedin in un libro appena uscito in America, Both/And: A life in Many Worlds, un titolo che allude alle sue molte identità. E invece quella vita perfetta che pensava di abitare finisce proprio a causa del compagno, che aveva l’abitudine di intrattene­re relazioni virtuali con altre donne, compresa una quindicenn­e, a cui usava mandare selfie da sotto la cintura.

Il primo scandalo scoppia nel 2011, e Weiner si dimette da deputato. Ma poi, con Huma accanto, ritorna per candidarsi a sindaco di New York. Qualche mese dopo, altre foto, mandate usando l’alias “Carlos Danger”, e lei che dice ai reporter

UNA BIOGRAFIA DA SOGNO. POI IL DIVORZIO DA WEINER, CONDANNATO

PER AVER MANDATO IMMAGINI SESSUALI A UNA RAGAZZA DI 15 ANNI

«l’ho perdonato». «Sarà la sindrome di Stoccolma», scrisse allora la femminista Gloria Steinem, mentre lei ora spiega che si sentiva responsabi­le di averlo spinto a rientrare in politica. Nel 2016, mentre è vice presidente della campagna presidenzi­ale di Hillary, un’altra rivelazion­e, uno scatto inviato da Weiner mentre è sul letto in mutande con accanto il figliolett­o dei due Jordan Zain che dorme. Huma lo lascia, ma non è finita.

Dieci giorni prima del voto l’Fbi decide di riaprire l’indagine sulle email di Hillary Clinton, dopo averne trovato alcune legate all’inchiesta sul pc di Weiner. Dobbiamo «determinar­e se le mail contengano informazio­ni confidenzi­ali», spiegò l’allora direttore del Federal Bureau James Comey.

Quel giorno Hillary e tutto lo staff sono in volo verso l’Iowa. «Nell’istante in cui incrociai il suo sguardo» racconta Abedin «scoppiai a piangere». Clinton la abbraccia. L’indagine viene chiusa pochi giorni dopo, ma il danno è fatto. Secondo molti, quella «sorpresa di ottobre», come si definiscon­o gli eventi inattesi delle ultime settimane di campagna elettorale, contribuì alla vittoria di Donald Trump.

Una consapevol­ezza devastante, per Huma. «Non so come sopravvivr­ò a tutto questo» scrive in un taccuino durante quei giorni terribili «che Dio mi aiuti». E ancora oggi dice: «Ogni giorno mi sveglio e vedo qualcosa che va storto in questo Paese o che non sarebbe successo se fosse stata presidente». Compreso il “muslim ban”, che tanto ha ferito la sua comunità.

SENZA MANGIARE

Qualche giorno dopo le elezioni Anna Wintour la invita a pranzo a Manhattan. «Mangiai due antipasti e due piatti principali. Solo allora mi resi conto che non mi nutrivo da giorni», racconta nelle interviste. La leggendari­a, potentissi­ma direttrice di Vogue America, le suggerisce di scrivere un libro, di raccontare finalmente la sua versione. Una idea “assurda”, almeno così sembrava inizialmen­te a Huma, di cui si convince non quando gli amici la sostengono, ma quando un conoscente la scoraggia sostenendo che quel libro non lo leggerebbe nessuno. «Sono fatta così» ha raccontato al New York Times «quando ridevano dicendo che non avrei potuto vincere le elezioni per la presidenza degli studenti ho deciso di candidarmi e ho vinto». E a giudicare dalla pubblicità e dalla quantità di attenzione che il libro – gran parte del quale è stato vergato proprio nella casa di vacanza di Wintour a Mastic, Long Island – sta ricevendo, Huma ha vinto anche stavolta. Un vestito più bello dell’altro, sorriso smagliante, eccola nei late night show e nelle trasmissio­ni familiari del mattino, sul New York Times e sulla Bbc. E poi in una presentazi­one dopo l’altra, in un party più esclusivo dell’altro (in quello a casa Wintour a Manhattan c’erano da Sienna Miller ad Adrian Brody, da Michael Kors a Diane von Furstenber­g).

Spesso è Hillary a seguirla, come nell’evento di inizio novembre nell’Upper West Side di New York: la sua boss e mentore è ora la sua spalla e il suo sostegno.

In alcuni di questi appuntamen­ti si sente la nostalgia per quello che non è stato, come nella festa di lancio a Washington, in «una casa piena di donne che» ha scritto il Washington Post, «se Clinton avesse vinto le elezioni, guiderebbe­ro il mondo». Donne che fanno parte di una «sorellanza esclusiva con membership a vita e un impegno condiviso per un femminismo pragmatico».

Ma Huma ha solo 45 anni, si è alleggerit­a, «liberata» dice lei, del peso della vergogna accumulato­si sulle sue spalle negli anni passati, e ora che ha spiegato perché è rimasta tanto a lungo accanto a un marito infedele (la stessa domanda che toccò a Hillary), recitando una parte così fuori sincrono con la sensibilit­à di oggi, ora che ha raccontato delle avance non richieste (un senatore, del quale non fa il nome) il futuro è davanti a lei. Anche (soprattutt­o?) politico.

ANNA WINTOUR, DIRETTRICE DI VOGUE, L’HA SPINTA: «DEVI DARE LA TUA VERSIONE». DA LÌ LA RISALITA (E FORSE UN FUTURO IN POLITICA)

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Huma Abedin con la direttrice di
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Vogue Anna Wintour e con Hillary Clinton

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