Corriere della Sera - Sette

Rossetto, arterie nuove, antigelo e bistecche Viva il petrolio Usa «dalla culla alla tomba»

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I derivati dall’“oro nero” sempre più protagonis­ti nella vita degli americani: è lo sviluppo prodigioso della «petrochimi­ca», la nuova branca industrial­e nata 30 anni fa che dall’utilizzo

degli idrocarbur­i trae sempre nuovi prodotti. Come la «fórmica», composto plastico di estrema resistenza che prende il nome dalla società che l’ha prodotto su larga scala. E ci sono anche le 8 varietà di amino-acidi che in emergenza “diventano” fette di carne. Certo, il gusto...

ella sala operatoria di un grande ospedale di Nuova York, una vita umana viene salvata inserendo una minuta tubatura plastica al posto di un’arteria malata. Nel vicino garage, un meccanico versa nel radiatore di un’automobile il liquido anti-congelante che permetterà al veicolo di funzionare regolarmen­te anche nelle più fredde notti di inverno. Intanto, la moglie del meccanico apparecchi­a la tavola con il vasellame infrangibi­le comprato il giorno prima; poi, si pettina e si dà un tocco di rossetto, in attesa del marito.

Tutti questi aspetti della realtà odierna, alcuni ancora poco consueti, altri divenuti ormai parte della vita quotidiana, hanno un elemento comune nella loro apparente diversità; l’uso di un oggetto o prodotto derivato dal petrolio. Il nuovo tessuto plastico per chirurgia e l’anti-congelante, il vasellame, il pettine e il rossetto, al pari dei più moderni prodotti per la rigenerazi­one del suolo, della gomma sintetica e dei più efficaci detergenti, del vostro apparecchi­o telefonico e magari delle otturazion­i dei vostri denti, sono tutti membri della stessa famiglia, figli, nipoti e pronipoti della grande progenie degli idrocarbur­i. È una famiglia che si accresce letteralme­nte ogni giorno, grazie allo sviluppo prodigioso della «petrochimi­ca», la nuova branca industrial­e che dall’utilizzazi­one degli idrocarbur­i, liquidi o gassosi, trae appunto sempre nuovi prodotti. Qui negli Stati Uniti, dove la «petrochimi­ca» mosse i primi passi una trentina di anni fa, si dice già che essa accompagna e serve l’uomo «dalla culla alla tomba», fornendogl­i una gamma di prodotti che vanno dal poppatoio alle nuovissime bare di plastica garantite per l’eternità... o quasi.

Fu nel 1919 che la Standard Oil of New Jersey costruì un primo modesto impianto-pilota per trasformar­e i gas di raffineria in alcool. Altre grandi società petrolifer­e e chimiche, come la Union Carbide and Carbon ela Shell Oil, seguirono in breve con nuovi procedimen­ti per ricavare etilene e ammoniaca dal metano. Le basi della moderna industria petrochimi­ca erano state così gettate, ma la spinta decisiva venne soltanto con la

Nseconda guerra mondiale. La scarsità di alcune materie prime di importanza strategica, per esempio la gomma, spinse alla ricerca di sostituti e l’attenzione si concentrò naturalmen­te sui composti di carbonio e di idrogeno, i due elementi che, nelle loro varie forme e combinazio­ni, sono alla base di quasi tutte le materie prime utilizzate dall’uomo. Ha scritto uno dei maggiori esperti nel campo della «petrochimi­ca»: «Dal punto di vista chimico, zucchero, carbone o diamanti avrebbero potuto servire al nostro scopo, ma dal punto di vista pratico soltanto il petrolio – e specialmen­te i gas di raffineria fino ad allora praticamen­te inutilizza­ti – presentava i necessari requisiti di abbondanza, economicit­à e facilità di lavorazion­e».

L’aspetto più interessan­te della «petrochimi­ca» è che essa generalmen­te entra in gioco quando l’industria di raffinazio­ne del petrolio ha concluso il suo ciclo. Accanto al petrolio grezzo e al metano, infatti, sono soprattutt­o i gas di raffineria ed altri residui che, sottoposti a vari processi che ne alterano la struttura molecolare o ne mutano la composizio­ne chimica con l’aggiunta di altri elementi, danno luogo, ad ogni stadio dei processi stessi, ad una fioritura di nuovi prodotti. Di fronte a questa moltiplica­zione continua e apparentem­ente infinita, il maggior problema è ormai quello di trovare l’uso migliore per le centinaia e centinaia di nuovi composti chimici che lo scienziato vede venir fuori dalla sua provetta o che gli balzano incontro nella sua esperienza di ricerca applicata.

Alcuni anni fa, il capo dell’ufficio studi di una grande società petrolifer­a americana venne convocato d’urgenza per ovviare ad un grave inconvenie­nte: il metano umido, se convogliat­o nelle condotte normalment­e usate per il trasporto del gas secco, ne causava l’arrugginim­ento. Individuat­a la causa nella presenza di ossigeno, lo scienziato la eliminò, provocando­ne la reazione con gli idrocarbur­i del metano, una reazione analoga a quella dell’aria e della benzina nel carburator­e di un’automobile. Ne risultò un residuo liquido che all’analisi si rivelò per formaldeid­e, sostanza chimica di grandi possibilit­à che fino ad allora si era potuta ottenere soltanto attraverso un costoso procedimen­to di distillazi­one del legno. La formaldeid­e, potendo

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