ALTRO CHE GUERRE PUNICHE LO CHIEDEVAMO NEI NOSTRI CORTEI
SERVONO PIÙ ORE DI SCUOLA
Nel momento in cui scrivo questa rubrica, a Roma ci sono venti istituti scolastici “okkupati”, e in Lombardia più di quindicimila studenti sono a casa in quarantena. Nel momento in cui leggerete questa rubrica le cifre saranno probabilmente peggiorate, per l’avvicinarsi del Natale, sempre foriero di proteste studentesche, e per l’avanzare della variante Omicron. I giorni di scuola dei nostri figli (dovrebbero essere non meno di 200) si riducono per il terzo anno di seguito. Ma, nonostante ciò, ci infiammiamo per stabilire a quali materie dedicare il residuo monte-ore, in una specie di guerra dei poveri tra matematica e italiano. E così, se il ministro Cingolani pensa correttamente che i nostri studenti sanno poco di tecnica, suggerisce di trovare lo spazio per insegnarla togliendolo alle guerre puniche.
Non tornerò sulla questione, già esaurientemente dibattuta sul Corriere , se non per aggiungere che è difficile trovare nella storia antica un esempio migliore di quanto la cultura tecnica sia importante. In fin dei conti fu a causa della prima guerra punica che Roma si dotò di una flotta di cui non disponeva, rubandone la tecnologia alle triremi cartaginesi catturate, ma aggiungendo un’invenzione, il “corvo”, piccolo ponte di legno mobile usato per abbordare i vascelli nemici, che fu decisivo nella battaglia navale di Milazzo.
Dal canto suo Annibale, nella seconda guerra punica, riuscì in un’impresa tecnica che ancora oggi desta ammirazione, scavalcare le Alpi con un esercito di decine di migliaia di soldati, cavalli e 37 elefanti, cogliendo Roma di sorpresa e mettendone a rischio la stessa sopravvivenza.
Forse una ragione per cui queste guerre puniche vengono insegnate a scuola con dovizia di particolari dunque c’è. Ma, come dicevo, non è questo il punto. Il punto è che quando si pensa a come migliorare il nostro sistema scolastico si ragiona sempre a somma zero: chi vuole più matematica propone di ridurre il latino, chi spera in più scienziati se la prende con il classico, chi difende le lettere snobba gli istituti tecnici, e così via. Ma mai nessuno che dica – l’unico che l’abbia fatto di recente è stato Nuccio Ordine, e gliene sono grato – più materie scientifiche e più materie umanistiche insieme. Più ore di tecnologia e più di storia. Più ore di scuola, insomma: prendiamo il problema dal lato dell’offerta, e non della domanda.
Da ragazzi, una parola d’ordine dei nostri cortei, sostenuta peraltro anche dai sindacati, era il «tempo pieno». Più tempo passato a scuola veniva considerato un obiettivo di progresso, ma anche uno strumento di eguaglianza sociale, per evitare che i figli dei poveri restassero indietro mentre i figli dei ricchi se la cavavano con le lezioni private. Oggi si occupano le scuole spesso per futili motivi; così, dopo aver protestato vibratamente contro la didattica a distanza, si rinuncia a ore di didattica in presenza, tanto di italiano quanto di matematica. E le guerre puniche non c’entrano niente.
SMETTIAMO DI RAGIONARE «A SOMMA ZERO»: BISOGNA AGGIUNGERE
LEZIONI DI MATERIE SCIENTIFICHE E DI MATERIE UMANISTICHE