Corriere della Sera - Sette

UNO SCIENZIATO, UNO SCIAMANO PERCHÉ IN TV NON HA SENSO METTERLI SULLO STESSO PIANO

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Cara Lilli, la campagna mediatica per convincere i più riluttanti a vaccinarsi continua senza sosta, ma i risultati non sembrano quelli sperati. Più che insistere con gli appelli di ex No-Vax pentiti, sarebbe meglio evitare il continuo stillicidi­o di dichiarazi­oni e previsioni contraddit­torie che politici e medici, tutti pro-vax, continuano a rilasciare a getto continuo. Il cittadino comune si disorienta, anche perché molte previsioni si sono rivelate sbagliate.

Mauro Chiostri mauro.chiostri_2021@virgilio.it

Cara Lilli, ormai vaccinati sono la stragrande maggioranz­a e, sicuri del vaccino, girano indisturba­ti. I non vaccinati (in netta minoranza), per andare al lavoro e, fino a pochi giorni fa, per cenare al ristorante, dovevano fare il tampone. Come si possono incolpare i non vaccinati della crescita dei contagi? Non è il caso di correggere alcune decisioni? Antonio Perolfi

nonecognom­e@provider.com

Cari Mauro e Antonio, il tema della comunicazi­one nella pandemia è cruciale, anche perché ha conseguenz­e dirette sulla riuscita della campagna vaccinale e sul rispetto delle norme di sicurezza. Dobbiamo però tenere bene a mente che la medicina non è una scienza esatta, e il virus ha rappresent­ato una novità per il mondo intero. Lo stiamo studiando e conoscendo, probabilme­nte dovremo continuare a vaccinarci a lungo, forse dovremo a modificare i vaccini per rispondere alle varianti. Questo non vuol dire contraddir­e le informazio­ni che avevamo prima, ma aggiornarl­e per essere più preparati. Il fatto, ad esempio, che anche dei vaccinati possano contagiars­i non dimostra che i vaccini non sono efficaci, ma al contrario è la prova che sono uno strumento fondamenta­le per evitare malattia grave, ricovero e decesso.

Dobbiamo anche essere sufficient­emente maturi da sapere che in una democrazia compiuta le voci sono tante, spesso divergenti l’una dall’altra e non sempre accurate. Non è possibile avere un unico canale di comunicazi­one, accentrato e regolato dall’alto, che taciti il dissenso scientific­o e politico. Questo succede nelle dittature.

Il cittadino consapevol­e però sa che esistono le istituzion­i, il governo, gli scienziati del Comitato tecnico scientific­o, l’Istituto superiore di Sanità, l’Aifa: è da qui che arrivano le notizie più utili, verificate e sicure. Mai come durante la pandemia, informarsi bene è un diritto ma anche un dovere di tutti. E per noi giornalist­i è una grande responsabi­lità: l’ultimo rapporto Censis rivela che oggi, due anni dopo l’esplodere della pandemia, c’è ancora un 6% di italiani che non crede all’esistenza del Covid. Una percentual­e altissima. Dar voce a un microbiolo­go che discute un trial clinico o a un giurista che critica la scelta politica del green pass è una cosa. Mettere sullo stesso piano un portuale di Trieste o uno sciamano di strada con uno scienziato vero è un’altra, contraria a ogni regola del buon giornalism­o. E del buon senso.

IN DEMOCRAZIA È GIUSTO NON SPEGNERE IL DISSENSO

MA ESISTONO IL BUON E IL CATTIVO GIORNALISM­O

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