MAGGIORANZA URSULA
E se Pd, 5 stelle e Forza Italia si accordassero? Ma il modello europeo
è complesso
Luglio 2019, per un pizzico di voti Ursula von der Leyen viene confermata presidente della Commissione europea. Conservatori e progressisti si uniscono e la spuntano anche grazie a una pattuglia degli euroscettici più moderati. È la cosiddetta “maggioranza Ursula”, che nella declinazione italiana potrebbe avere un ruolo anche nell’elezione del presidente della Repubblica. Cinque stelle, Pd, Forza Italia e Leu come catalizzatori anche di almeno una parte del volgo disperso del gruppo misto. Per quanto nobilitata dal precedente europeo, l’operazione avrebbe comunque il sapore di una spallata e segnerebbe il declino dell’unità nazionale raggiunta con il governo guidato da
Mario Draghi. Ma anche volendo procedere così non è una maggioranza facile da mettere insieme. Bisognerebbe che
Forza Italia si convincesse a rompere con Salvini e Meloni, ad appena un anno dalle elezioni. E poi ci sarebbe da fare i conti con il manipolo scissionista di Matteo Renzi, e con la necessità successiva di formare un governo dai difficili equilibri.
Ma anche qui l’operazione si presenta complicata. Perché anche la maggioranza assoluta,
505 Grandi elettori, non è facile da raggiungere in un Parlamento così frammentato. E seppure lo sbriciolamento potrebbe aiutare a racimolare voti inaspettati e magari non sempre trasparenti, ci sarebbe ancora una volta da vedersela con il convitato di pietra del virus. Quanti saranno i parlamentari e delegati regionali costretti a restare a casa perché contagiati? E inoltre, oltre alla necessità di conquistare nuovi consensi, c’è da tenere a bada le proprie truppe. Irrequiete sia per ragioni di partito che personali, anche se fossero chiamate a convergere su un padre fondatore.