VLADY, IL CARTIZZE E IL PROSECCO D’ALTA QUOTA
«Il segreto? Mio padre parla con le vigne»
Sarà grazie a papà Siro Bortolin, che parla con le vigne, come con vecchie amiche. Sarà per le idee chiare del figlio Vlady, che dice: «Voglio far sentire nel bicchiere la provenienza del vino, non mi piacciono i vini standardizzati». Sarà per questo (e per la potenza della zona più preziosa del Prosecco Superiore, quella del Cartizze) che i vini della cantina Colesel hanno un carattere definito che li allontana da ogni banalità sotto forma di bollicine. Siamo a Valdobbiadene, a Santo Stefano. Quella dei Bortolin è una delle rare cantine che vinificano solo le proprie uve di Cartizze. La cantina non si vede, i vasi vinari sono invisibili. «Abbiamo scelto un percorso che abbraccia biologico e sostenibilità», spiega Vlady Bortolin. «Qui la terra si paga più di 2 milioni all’ettaro, anche per questo dobbiamo salvaguardarla. Abbiamo abbattuto l’uso dei trattamenti consentiti dal biologico grazie alla zeolite, polvere di roccia che assorbe l’umidità, protegge le foglie e allontana gli insetti nocivi».
500 mila bottiglie l’anno, un vigneto di 20 ettari. L’azienda è nata nel 1986 con Siro e il fratello, che poi ha creato l’adiacente Ca’ Salina. «Quando vi sono entrato con mio fratello Antonio», dice Valdy, «producevamo un terzo di oggi». Ampia la gamma, dal Brut Bio all’Extradry Fontana Vecia. Ma quello che ci ha più colpito è il Tridik 430, un Brut Nature in cui il numero nell’etichetta corrisponde all’altitudine dei 2 ettari di vigneto. Teso e avvolgente, con un pontenziale di longevità che sarà interessante scoprire. «Il vino è inseparabile dal nostro modo di vivere. Rende più bello il nostro Paese, è il cuore della nostra economia. Vignaioli, inventiamo assieme la rivoluzione agricola». L’ha detto il presidente francese Macron (foto). A quando parole così nette in Italia?