Corriere della Sera - Sette

IL SUCCESSO DI SANREMO FINALMENTE RAPPRESENT­ATI

MERITO DEI GIOVANI

- DI LILLI GRUBER

Cara Lilli, sul commento del prof. Montanari agli applausi per il presidente Mattarella alla Scala e al San Carlo – che sarebbero il consenso di una ristretta cerchia di italiani – penso che, senza appartener­e a nessuna élite, molti cittadini siano riconoscen­ti al capo dello Stato.

Rossella Alberti alberti.rosselli@libero.it

Cara Lilli, il successo strepitoso di quest’ultimo Sanremo è legato alla voglia di non parlare più di Pandemia?

Michela Bellini michbellin­i24@gmail.com

Cara Rossella e cara Michela, è vero che le platee della Scala o del San Carlo non sono uno specchio della composizio­ne sociale dell’Italia, ma è innegabile che il consenso per Sergio Mattarella sia vastissimo. Non si può certo dire che sia un presidente di classe. Mattarella ha chiuso il primo settennato con un gradimento del 77%, secondo solo a quello di Ciampi. Ma, soprattutt­o, la popolarità è andata in costante crescita, segno del riconoscim­ento alla capacità che ha avuto il capo dello Stato, anche a dispetto di un carattere schivo e di una cultura austera, di mettersi in sintonia con il paese, di capirne umori e paure. Si ricorda un solo precedente in cui ci furono pubbliche richieste di bis, ed è quello dell’amatissimo Sandro Pertini. Come Pertini durante gli anni bui del terrorismo, Mattarella è riuscito durante la terribile crisi della pandemia a trasmetter­e l’immagine di una guida saggia e sicura. Il suo ruolo è stato cruciale nell’attraversa­re un’emergenza con cui ancora facciamo i conti, da un punto di vista sanitario ed economico, ma dalla quale sembra stiamo uscendo come umore e sentimento collettivo. Non va mai dimenticat­o, però, che se il Covid non rappresent­a più un mostro, ciò è dovuto al successo della campagna vaccinale. È solo grazie a questo che per la maggior parte degli italiani i giorni della grande paura sembrano ormai alle spalle.

Lo abbiamo visto anche al Festival di Sanremo, che ha registrato uno strepitoso record di ascolti. Perché ha finalmente scommesso, più ancora che nelle ultime edizioni, sui giovani cantanti, che hanno portato con sé un pubblico di ragazzi fino ad ora lontano anni luce dalla kermesse. Che invece, ha sottolinea­to l’ad Rai Carlo Fuortes, è diventata un «rito collettivo nazionale»: i giovani si riuniscono per guardarla in tv, ne parlano sui social, trasforman­o subito in tormentoni le canzoni in gara. Perché accanto ai big ci sono anche artisti in cui possono identifica­rsi, che raccontano storie simili al loro vissuto. Come quella di Mahmood e Blanco, che infatti hanno vinto. Tra le immancabil­i polemiche, i retroscena e le imperfezio­ni di uno spettacolo impegnativ­o da mettere in scena, ha brillato il monologo di Drusilla Foer, la vera stella di questo Festival: dal palco dell’Ariston ha parlato di unicità e della rivoluzion­e di ascoltare sé stessi e gli altri. Di accogliere il dubbio, «anche solo per essere certi che le nostre convinzion­i non siano solo convenzion­i». Speriamo in molte altre “rivoluzion­i” come questa, a Sanremo e non solo.

LA STELLA È STATA DRUSILLA, CON L’INVITO AD EVITARE CHE LE NOSTRE CONVINZION­I «NON SIANO SOLO CONVENZION­I»

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