COSÌ IL DIPENDENTE SI SCEGLIE L’IMPRENDITORE
VIA DAL POSTO DI LAVORO
Nel 2020, all’uscita del libro di Pietro Ichino L’intelligenza del lavoro. Quando sono i lavoratori a scegliersi l’imprenditore la comunità dei giuslavoristi italiani l’aveva accolto con la puzza sotto il naso. Una delle tante provocazioni di Pietro, un altro dei suoi paradossi, avevano commentato ed erano passati oltre. E invece ora, con i dati sulle uscite volontarie dal lavoro che si leggono sui giornali, quel testo converrebbe riprenderlo in mano e gustarlo. Il fenomeno da noi non è lo stesso che in America, qui gli esperti preferiscono parlare di transizioni e non di abbandono. Vuol dire che in prevalenza ci si licenzia per scegliersi un posto diverso e migliore.
«Siamo di fronte a una maggiore mobilità spontanea delle persone», commenta Ichino. «Sarà che molti hanno sperimentato lo smartworking, se ne sono innamorati perdutamente e vogliono lavorare solo per aziende che lo prevedono. Sarà che il Pnrr sosterrà la domanda e promette che avremo tanta occupazione, ma ormai non è più solo l’impresa a scegliere». Ichino ci vede in questa novità addirittura una piena attuazione dell’art. 4 della Costituzione, che se indica al cittadino il dovere di svolgere un’attività però aggiunge «secondo le proprie possibilità e la propria scelta». Come altre volte gli è accaduto, spesso sulle pagine del Corriere della Sera, il giuslavorista milanese ha percepito in anticipo una tendenza che si sarebbe accentuata ed affermata solo in seguito (in questo caso con la pandemia) ma che non sappiamo ancora «se sarà congiunturale o diventerà strutturale nel nostro mercato del lavoro». Se fossero anche i dipendenti a ingaggiare l’imprenditore più capace di valorizzare le proprie qualità saremmo davanti a una piccola rivoluzione.
«Avremmo un’affermazione di dignità, la possibilità di sbattere la porta e andare dove ti trattano meglio farebbe crescere la società». E obbligherebbe il sindacato quantomeno a una metamorfosi, prendere atto di questa nuova intelligenza collettiva e saperla indirizzare.
Il giuslavorista milanese Pietro Ichino, 72 anni, ex senatore pd
ICHINO L’INTUÌ NEL 2020. «IL SINDACATO DOVRÀ ORGANIZZARE QUESTA INTELLIGENZA COLLETTIVA»