Corriere della Sera - Sette

MI È SPARITO IL GREEN PASS! L’APP IMMUNI E VECCHIE BUROCRAZIE PERSEGUITA­NO LE NOSTRE VITE

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Mentre ti cade il mondo addosso, la guerra, l’epidemia, il caro-bolletta, la scomparsa di un caro amico, vorresti almeno che il resto della vita scorresse lungo i soliti e rassicuran­ti binari. E invece c’è sempre qualche piccolo, stupido burocrate che si inventa qualcosa per renderti le giornate più difficili, aggiungend­o complicazi­oni e fatica. Qualche giorno fa, per esempio, la sequela di gesti istintivi e meccanici con cui ero solito mostrare il green pass negli uffici, in banca, al cinema o in piscina, è stata sconvolta dalla scoperta che nell’app Immuni, dove l’avevo messo, non c’era più. Uno choc. Hai la fila dietro, e il “verificato­re”, questa nuova figura profession­ale nata un po’ ovunque, comincia a guardarti male. Sono arrossito mentre smanettavo furiosamen­te tentando di recuperare il QR Code. Niente. Né avevo con me la versione cartacea, lasciata a casa. Solo il consiglio di un altro avventore, in fila dietro di me – «Ma non è che ne facesti uno screenshot?» – mi ha fatto venire l’idea di cercare a ritroso nella galleria di foto del mio telefonino fino a risalire a quattro mesi fa e ritrovare effettivam­ente una riproduzio­ne del mio green pass.

Tornato a casa, ho subito provato a recuperare quello originario. Ma la schermata mi chiedeva un Authcode che non so più dove sia. Il fallimento digitale mi ha messo addosso una sottile sensazione di precarietà, durata per giorni. Finché, una mattina, leggendo il sito corriere.it, in fondo alla colonna di destra ho trovato un titolo che spiegava: il green pass non era sparito, era stato solo spostato da Immuni in un’altra sezione della app. In due righe, il giornale spiegava come arrivarci e recuperarl­o.

Ma buon Dio, mi sono detto: non potevano avvisare? Mandarmi l’unico alert utile in mezzo alle migliaia di insensati che ho ricevuto per mesi? E poi, di grazia, signori geniali di Immuni, che immagino essere ancora gli stessi che disegnaron­o l’icona maschilist­a con il marito che lavorava al computer e la donna che allattava il neonato, perché avete cambiato posto al mio green pass? Che necessità c’era, visto che ora, per raggiunger­lo, mi servono tre touch invece dei due di prima? L’avete fatto solo per farmi impazzire, come avviene con tutti gli “aggiorname­nti” delle app che turbano la nostra vita quotidiana?

Ma la persecuzio­ne non è solo digitale. Un altro esempio: ho trovato a casa un avviso che mi chiedeva di andare a ritirare una lettera alle Poste. Sono andato, ho fatto la fila, ho ritirato la lettera e ho scoperto che era un avviso. Dovevo andare alla Casa comunale a ritirare una lettera dell’Agenzia delle Entrate. Sono andato il mattino dopo, ho fatto la fila, ho ritirato la lettera e ho scoperto che era un avviso: dovevo pagare la multa per una tardiva denuncia Inail di una collaborat­rice parlamenta­re che ha lavorato con me dodici anni fa. Gli «importi a ruolo» variavano tra i 0,70 euro e i 13,22 euro. Tempo impiegato per pagarli, due mattine. Ma una mail, no?

DAVANTI AL “VERIFICATO­RE” NON SAPEVO CHE FARE, MI HA SALVATO UN VECCHIO SCREENSHOT. BASTAVA AVVISARE: L’ABBIAMO “SPOSTATO”

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