LA SORDITÀ DI UNA FAMIGLIA BASTA A “RAPIRE” HOLLYWOOD
Se fosse solo uno dei tanti film Usa per la tv non sarebbe manco male. La storia (mutuata dal francese La famigia Bélier e creata nel 2014 dalla transalpina Victoria Bedos anche se uno dei 3 Oscar è andato alla sceneggiatura “copiata” di Sian Heder...) ha una sua grazia. Non stupisce che muova alla lacrimuccia pure occhi disincantati. Da qui a ritenerlo però meritevole dell’Oscar al miglior film... CODA - I segni del cuore (l’acronimo sta per Child of Deaf Adults, figlio/a di adulti sordi), prodotto Apple, è per l’Academy una netta marcia indietro sui lidi del politically correct dopo i tuffi in avanti di Nomadland (2020) e Parasite (2019) verso il cinema d’autore.
In continuità col passato si rivede nel ruolo della madre Marlee Matlin, l’attrice sordomuta prima a vincere una statuetta nel 1987 per Figli di un dio minore. Ora è stato il padre, Troy Kotsur, a prendersi l’Oscar come non protagonista. Alla figlia, unica udente della famiglia Rossi (così nell’originale!) che si scopre il dono del canto, la 20enne londinese Emilia Jones regala una voce di assoluto rilievo.
Tornato a mani vuote dagli Oscar, è arrivato ieri nelle sale La figlia oscura, debutto registico dell’attrice Maggie Gyllenhaal, liberamente tratto dal romanzo di Elena Ferrante. Ecco la dimostrazione che anche con un’opera a misura di attrice, dove la regista si fa in quattro per esaltare il talento sopraffino di Olivia Colman scegliendo la storia di un’autrice amatissima negli Usa, non è detto che la statuina per la migliore interpretazione arrivi. Eppure, con buona pace della brava Jessica Chastain, questa madre tormentata la meritava davvero.
Deludono le tre statuette al remake dei
eccessivamente “corretto”