L’UMBRIA DEL VINO DAGLI ETRUSCHI AL RUBESCO
Compie 60 anni il rosso di Chiara Lungarotti
Per cercare l’origine del vino in Italia bisogna fare rotta verso Torgiano, Perugia. Nel museo del vino che il New York Times ha definito il migliore del mondo, anfore, vasi e oggetti in bronzo raccontano come i nostri antenati producevano vino (pestavano l’uva con i piedi, qualcuno ancora lo fa oggi). Da qualche giorno, dopo un lungo restauro e i divieti dovuti al Covid, è stata aperta una nuova sezione, dedicata agli Etruschi, con 17 reperti di uno straordinario corredo vinario databili dal V al III secolo avanti Cristo. «La civiltà etrusca», spiega Chiara Lungarotti (nell’illustrazione qui a fianco), «insieme a quella romana, è quella che ha dato maggior impulso alla viticultura umbra». Chiara è la donna del vino alla guida delle Cantine Lungarotti: è stata la madre, Maria Grazia Marchetti, ad aprire nel 1974 il Muvit, il museo del vino. Dodici anni prima il papà di Chiara, Giorgio Lungarotti, lanciava un vino pionieristico, diventato un caposaldo del buon bere italiano, il Rubesco. Che ora compie quindi i suoi primi 60 anni. La cantina può contare su 250 ettari di vigneto e una produzione di 2,5 milioni d bottiglie. «Siamo impegnati in un percorso sostenibile», spiega Chiara, «abbiamo reso più leggere le bottiglie, aumentato i pannelli solari e con l’Università di Perugia abbiamo messo a punto un sistema di precisione per le previsioni meteo che ci permette di non disperdere i trattamenti sulle piante». Il Rubesco, Sangiovese e Colorino, era e resta l’emblema. L’annata 2019, l’ultima in commercio (circa 10 euro) è fresco e saporito con un cenno speziato.