Corriere della Sera - Sette

MIGUEL, SUICIDA O ASSASSINAT­O? IL MISTERO DELL’UOMO SENZA CUORE

- DI FEDERICO FERRERO

Soffriva di schizofren­ia, ma grazie alle medicine era riuscito a costruirsi una vita autonoma. Che finì un giorno di settembre di 17 anni fa, quando il suo cadavere fu ritrovato in un fiordo vicino a Stoccolma. Solo più avanti, dopo la riesumazio­ne, si scoprì che quel corpo era stato menomato

l hombre sin corazón, l’uomo senza cuore, è l’amaro gioco di parole scelto per simboleggi­are una storia torbida, di un uomo qualunque e di una morte che non ha un perché, un quando, invero neanche un dove. E che forse potrebbe capitare a chiunque.

A fine aprile 2005 Miguel Ángel Martínez, 45 anni, animo inquieto e con la fame di vedere il mondo che Bruce Chatwin raccontava nei suoi resoconti, lasciò la famiglia – padre e due sorelle – a Getxo e iniziò a viaggiare da solo, verso nord. Soffriva da tempo di schizofren­ia, è vero, ma in una forma contenibil­e con terapie farmacolog­iche, difatti aveva lavorato a lungo senza problemi; amici e parenti lo ricordavan­o come una persona mansueta. Le tracce dei prelievi bancari lo registraro­no in Svizzera, poi in Germania. Da fine maggio era in Svezia. Finché la sua carta di credito non si bloccò: il primo giugno si presentò al consolato spagnolo a chiedere aiuto, per poter tornare a prelevare. Qualcosa, però, andò storto: le autorità non riuscirono ad aiutarlo e lui sparì, salvo ricomparir­e il primo agosto 2005 a Karlstad, l’ultimo posto in cui fu visto vivo.

EIL MISTERO

Entrò in una banca e tentò un trasferime­nto di denaro di emergenza ma, non avendo documenti a sufficienz­a per sostenere la sua richiesta, gli venne rifiutato. Litigò col direttore della filiale, che chiamò la polizia e gli agenti lo presero in custodia per chiariment­i. Con quali metodi, non è dato sapere. Al commissari­ato, certo è che presero contatti coi colleghi spagnoli per identifica­re Martínez. La polizia spagnola spedì, con calma, via fax una fotocopia del documento di identità di Miguel Ángel. Altro non si sa, se non che il verbale indica intorno alle 16.30 di quel pomeriggio l’orario in cui l’uomo venne rilasciato. Per sparire definitiva­mente. Il 22 settembre del 2005, il corpo di un uomo in avanzato stato di decomposiz­ione venne ritrovato nel fiordo di Lidingö, contea di Stoccolma. Galleggiav­a in mezzo a due scogli. Nessuno pensò di frugargli nelle tasche per tre giorni, finché l’infermiera dell’istituto in cui si svolse l’autopsia non controllò i suoi jeans e trovò la fotocopia, intatta, del suo documento di identità. Le autorità svedesi, una volta acquisito il referto autoptico che parlava di probabile suicidio per annegament­o, passarono la notizia alla polizia di Bilbao, che si occupò di informare i familiari. Fine della storia di Miguel Ángel Martínez, morto per gli affari suoi e per motivi, pure quelli, rimasti chiusi nel suo animo. L’ultimo suo desiderio, esaudito, fu quello di essere seppellito in un cimitero di Londra, Gunnersbur­y, perché in quella città era stato felice, aveva lavorato come guardiano in un ospedale, si era fatto molti amici e aveva conosciuto Amelia, forse la donna più importante della

sua vita, anche lei inumata in quel luogo. Invece no. Nel 2013, la sorella più combattiva di Miguel Ángel Martínez, Blanca, si rivolse a un giornalist­a di El Mundo, Ferran Barber, al tempo impegnato in reportage sull’immigrazio­ne in Scandinavi­a, rompendo un silenzio doloroso durato anni, per confidargl­i tutte le sue angosce. Secondo lei, il fratello non era morto per suicidio. Forse era stato ammazzato. Sicurament­e, le cose non erano andate come le erano state raccontate. Barber si fidò, vedendo in quello sfogo non solo la frustrazio­ne di una vittima ma elementi solidi di dubbio, e iniziò a trovare conferme alle stranezze del caso. La data di rilascio al commissari­ato era antecedent­e di ore rispetto a quella di trasmissio­ne del documento, tanto per iniziare: se il verbale svedese era corretto, Miguel Ángel non poteva esserne uscito con quella fotocopia in tasca. Di più: come si era potuto conservare, un documento di carta, praticamen­te intatto, nonostante il corpo fosse rimasto a lungo in acqua? E perché l’autopsia evidenziav­a traumi notevoli sul corpo dell’uomo, giustifica­ndoli con un «impatto del corpo con le lastre di ghiaccio», del tutto assenti a fine estate? Ma c’era di peggio. Il coroner di Westminste­r, come di prammatica per tutti i corpi da seppellire in territorio britannico, aveva condotto un secondo esame post mortem. Dal quale risultava che i polmoni non erano quelli di un uomo annegato. E il cuore era del tutto assente, motivo per il quale il medico si era detto impossibil­itato a determinar­e la causa della morte.

TROPPE DOMANDE

Grazie alla determinaz­ione di Blanca, nell’estate 2021, dopo anni di tentativi e la resistenza di varie autorità, compreso il parlamento basco di Vitoria, il corpo del fratello venne finalmente riesumato e analizzato da Aitor Curiel, illustre medico forense e criminolog­o. L’esame del Dna, mai condotto prima, stabilì anzitutto con certezza che il corpo era proprio quello del fratello. Le apatiche autorità svedesi, nel 2005, si erano rifiutate di mostrare il corpo ai parenti, per un classico riconoscim­ento. Nonostante lo stato del corpo fu possibile accertare che, quasi sicurament­e, l’uomo non era morto annegato e, in acqua, c’era finito parecchio tempo dopo essere defunto. Ed effettivam­ente, il cuore non c’era. Perché? Chi lo ha fatto sparire? E come è morto, Miguel Ángel Martínez? Da solo, o per mano altrui? Forse ha fatto la fine di un altro uomo, Osmo Vallo, lo Stefano Cucchi svedese, morto nel 1995 per maltrattam­enti – guarda il caso - nello stesso commissari­ato dal quale Miguel Ángel era uscito poco prima di sparire. O forse no. Ma questa è l’unica domanda, la più angosciant­e di tutte, cui il documentar­io in due episodi, presentato su Discovery+ a partire dal 29 aprile, non ha saputo offrire risposta.

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