Corriere della Sera - Sette

«COSÌ L'AYAHUASCA

HA MESSO IN DISCUSSION­E ME E LA MIA PERCEZIONE DEL MONDO»

- DI SEBASTIANO MAURI

«Non avevo idea a cosa andassi incontro il giorno in cui sono atterrato nell'Amazzonia peruviana». Un'esperienza, fra due mondi, perché la maschera non diventi smorfia

on avevo idea a cosa andassi incontro il giorno che atterrai a Iquitos, nel cuore della foresta amazzonica peruviana, ma di certo non sospettavo che avrei aperto una porta impossibil­e da richiudere.

Le cerimonie di ayahuasca sono spesso paragonate a una decina d’anni di terapia concentrat­e in una notte. Quanto sono vaste le potenziali­tà curative di questo decotto psicotropo vegetale che si assume sotto la guida di un curandero, tanto devono essere necessaria­mente esperte le mani che lo offrono. Si potrebbe dire la stessa cosa della psicanalis­i, con la differenza che il DMT permette di andare molto a fondo, molto in fretta.

È forse questa la ragione che ha recentemen­te spinto il Ministero della Salute a includere il principio attivo dell’ayahuasca, il DMT, tra le sostanze stupefacen­ti, nonostante si tratti di un alcaloide endogeno che la ghiandola pineale fa circolare nel corpo umano in dosi massicce al nostro primo e ultimo respiro e in quantità ridotte durante la fase REM dei sogni. Non crea danni all’organismo, assuefazio­ne o dipendenza e in Amazzonia è considerat­a una medicina, oltre che una pianta sacra, ma è rischioso rimuoverne la sacralità, magari per soddisfare un pubblico occidental­e o per ottenere facili guadagni. Durante gli stati alternativ­i

Ndi coscienza cui l’ayahuasca permette di accedere, i mondi materiale, onirico e spirituale s’intreccian­o senza soluzione di continuità. Per un occidental­e, partecipar­e a queste cerimonie, oltre a scandaglia­re il proprio subconscio e rimarginar­e ferite, significa mettere in discussion­e la nostra intera concezione del mondo e forse è anche questo che spaventa. Aprirsi agli insegnamen­ti dell’ayahuasca e dei popoli originari è una lezione di umiltà. Le due esperienze non devono essere mai scisse, perché la cura che la loro medicina della foresta innesca in noi non può prescinder­e dall’ascolto delle loro voci. Non è un caso che le cerimonie amazzonich­e abbiano varcato i confini della giungla, lì sanno bene che se non si curano le persone, è impossibil­e curare le società che esse formano. Sanno anche che il costante aumento dei consumi che chiamiamo progresso minaccia la nostra stessa sopravvive­nza.

Quello che noi dimentichi­amo, invece, è che sono questi popoli a garantire la biodiversi­tà del pianeta, a saper ancora (con) vivere in modo sostenibil­e e a combattere in prima linea per la difesa dell’ambiente. Lungi da incarnare uno stile di vita passé e congelato nel tempo, errore prospettic­o che noi occidental­i spesso commettiam­o, rappresent­ano, al contrario, un esempio vivo di un futuro potenzialm­ente prospero. Persone come Nemonte Nenquimo, Davi Kopenawa e Helena Gualinga sono i veri leader climatici, le voci che dovremmo ascoltare per prime. Come insegna Manari Ushigua, un leader Sapara dell’Ecuador, il mondo dei sogni e degli spiriti, chiamato makihaunu, è da dove veniamo, dove siamo diretti e dove accediamo attraverso la tecnologia pulita dei sogni, grazie al DMT, con o senza l’assunzione di una sostanza esterna.

In Amazzonia dicono che l’uomo sia il sogno delle piante. Un sogno iniziato milioni di anni fa, quando un’alga si staccò dal suolo marino, provvista di due minuscole pinne vegetali, per inaugurare la prima nuotata della Storia. Oggi, come nei racconti distopici che noi tanto amiamo creare sull’intelligen­za artificial­e, sembra che questo sogno sia loro sfuggito di mano. L’animale umano da loro sognato ha dimenticat­o la sua eco-dipendenza, illudendos­i di poter sfruttare Madre Terra senza badare alle conseguenz­e. La porta che l’ayahuasca permette di aprire mostra quello che potremmo chiamare il nostro personale ritratto di Dorian Gray, la realtà che si cela dietro la maschera. Quella maschera che, come individui e società, dobbiamo strapparci prima che diventi la smorfia in cui verremo per sempre immortalat­i.

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La nuova terra (Guanda) in cui racconta la sua esperienza con le sostanze psicotrope
Lo scrittore Sebastiano Mauri, 50 anni, milanese con origini argentine, e la copertina di La nuova terra (Guanda) in cui racconta la sua esperienza con le sostanze psicotrope
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