«COSÌ L'AYAHUASCA
HA MESSO IN DISCUSSIONE ME E LA MIA PERCEZIONE DEL MONDO»
«Non avevo idea a cosa andassi incontro il giorno in cui sono atterrato nell'Amazzonia peruviana». Un'esperienza, fra due mondi, perché la maschera non diventi smorfia
on avevo idea a cosa andassi incontro il giorno che atterrai a Iquitos, nel cuore della foresta amazzonica peruviana, ma di certo non sospettavo che avrei aperto una porta impossibile da richiudere.
Le cerimonie di ayahuasca sono spesso paragonate a una decina d’anni di terapia concentrate in una notte. Quanto sono vaste le potenzialità curative di questo decotto psicotropo vegetale che si assume sotto la guida di un curandero, tanto devono essere necessariamente esperte le mani che lo offrono. Si potrebbe dire la stessa cosa della psicanalisi, con la differenza che il DMT permette di andare molto a fondo, molto in fretta.
È forse questa la ragione che ha recentemente spinto il Ministero della Salute a includere il principio attivo dell’ayahuasca, il DMT, tra le sostanze stupefacenti, nonostante si tratti di un alcaloide endogeno che la ghiandola pineale fa circolare nel corpo umano in dosi massicce al nostro primo e ultimo respiro e in quantità ridotte durante la fase REM dei sogni. Non crea danni all’organismo, assuefazione o dipendenza e in Amazzonia è considerata una medicina, oltre che una pianta sacra, ma è rischioso rimuoverne la sacralità, magari per soddisfare un pubblico occidentale o per ottenere facili guadagni. Durante gli stati alternativi
Ndi coscienza cui l’ayahuasca permette di accedere, i mondi materiale, onirico e spirituale s’intrecciano senza soluzione di continuità. Per un occidentale, partecipare a queste cerimonie, oltre a scandagliare il proprio subconscio e rimarginare ferite, significa mettere in discussione la nostra intera concezione del mondo e forse è anche questo che spaventa. Aprirsi agli insegnamenti dell’ayahuasca e dei popoli originari è una lezione di umiltà. Le due esperienze non devono essere mai scisse, perché la cura che la loro medicina della foresta innesca in noi non può prescindere dall’ascolto delle loro voci. Non è un caso che le cerimonie amazzoniche abbiano varcato i confini della giungla, lì sanno bene che se non si curano le persone, è impossibile curare le società che esse formano. Sanno anche che il costante aumento dei consumi che chiamiamo progresso minaccia la nostra stessa sopravvivenza.
Quello che noi dimentichiamo, invece, è che sono questi popoli a garantire la biodiversità del pianeta, a saper ancora (con) vivere in modo sostenibile e a combattere in prima linea per la difesa dell’ambiente. Lungi da incarnare uno stile di vita passé e congelato nel tempo, errore prospettico che noi occidentali spesso commettiamo, rappresentano, al contrario, un esempio vivo di un futuro potenzialmente prospero. Persone come Nemonte Nenquimo, Davi Kopenawa e Helena Gualinga sono i veri leader climatici, le voci che dovremmo ascoltare per prime. Come insegna Manari Ushigua, un leader Sapara dell’Ecuador, il mondo dei sogni e degli spiriti, chiamato makihaunu, è da dove veniamo, dove siamo diretti e dove accediamo attraverso la tecnologia pulita dei sogni, grazie al DMT, con o senza l’assunzione di una sostanza esterna.
In Amazzonia dicono che l’uomo sia il sogno delle piante. Un sogno iniziato milioni di anni fa, quando un’alga si staccò dal suolo marino, provvista di due minuscole pinne vegetali, per inaugurare la prima nuotata della Storia. Oggi, come nei racconti distopici che noi tanto amiamo creare sull’intelligenza artificiale, sembra che questo sogno sia loro sfuggito di mano. L’animale umano da loro sognato ha dimenticato la sua eco-dipendenza, illudendosi di poter sfruttare Madre Terra senza badare alle conseguenze. La porta che l’ayahuasca permette di aprire mostra quello che potremmo chiamare il nostro personale ritratto di Dorian Gray, la realtà che si cela dietro la maschera. Quella maschera che, come individui e società, dobbiamo strapparci prima che diventi la smorfia in cui verremo per sempre immortalati.