IL PROGRESSO È TEMPESTA: SPINGE AL FUTURO RISCATTANDO I PERDENTI DEL PASSATO
Cos’è il tempo? Qualcosa che procede secondo una sequenza lineare, con un prima e un poi, verrebbe da rispondere. È una concezione particolarmente cara al cristianesimo, in cui quello che conta è conclusione di questo movimento lineare: il tempo procede verso il suo compimento, che è anche il suo completamento: il giorno del giudizio finale, il tempo della salvezza o della definitiva condanna. Walter Benjamin si era invece messo a indagare il tempo dei cabalisti ebraici, scoprendo un’idea diversa. Per loro, scrive, «ogni secondo era la piccola porta da cui può entrare il Messia». Per i cabalisti ogni giorno, ogni momento deve essere considerato come l’unico giorno, perché potrebbe essere il giorno del Giudizio Universale, dell’epifania di Dio. Ciò significa che ogni giorno ha una sua profondità e una sua promessa, non è soltanto una tappa intermedia verso qualcosa che si realizzerà dopo. L’idea non è male, soprattutto nella misura in cui ci libera dalla schiavitù del futuro, da questa idea che il presente debba sempre essere sacrificato in vista di qualcosa che si raggiungerà più avanti. Più avanti quando?
In Benjamin questa esigenza si caricava di un senso di urgenza quasi drammatico, nella situazione tragica in cui si trovava – esule e ormai apolide, privo di cittadinanza, braccato dalle orde naziste. Ogni momento è quello della salvezza: questa tesi non vale solo per il singolo e neppure per il credente soltanto. Vale anche per chi è impegnato qui e ora nella costruzione di un mondo migliore. Si tratta di rimettere tutto in discussione, scrive, perché il momento della salvezza è quello in cui si riscrive tutto, il presente, il futuro e anche – soprattutto – il passato. È un’idea originalissima: le battaglie per la giustizia (la rivoluzione, scriveva lui) non vanno fatte pensando al futuro, bensì al passato, per ridare vita a tutte le generazioni di persone oppresse, asservite, schiacciate dal procedere implacabile della storia. Ogni momento è sempre il momento dell’«adesso», in cui è possibile «riattizzare la scintilla della speranza». La salvezza non arriva da sola nel futuro, e la lista di chi è caduto per essa è lunga.
Non era un compito facile, e Benjamin era il primo ad esserne consapevole, come osserva in un’altra pagina straziante del suo saggio, descrivendo un quadro: «C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una catastrofe, che accumula rovine su rovine. Egli vorrebbe trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente verso il futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo progresso è questa tempesta». Continua a imperversare furiosa, questa tempesta, viene da osservare mentre si leggono le cronache di questi giorni.
BENJAMIN, COME L’ANGELO DELLA STORIA RIVOLTO INDIETRO, SOSTENEVA CHE OGNI ISTANTE PUÒ RIACCENDERE SPERANZE