Corriere della Sera - Sette

«A 50 ANNI CREDEVO CHE L'AMORE FOSSE ANCORA POSSIBILE COM'È FINITA? MALE»

- DI STEFANO MONTEFIORI

Il vincitore del Prix Goncourt 2020 torna con un romanzo in cui racconta la fallimenta­re storia con una ragazza molto più giovane. «L'ho scritta in presa diretta, mandando ogni sera una email agli amici. Mi ha aiutato a non farmi travolgere»

a copertina dice tutto», spiega Hervé Le Tellier a proposito di Mi affeziono molto facilmente, il romanzo breve già molto apprezzato quando uscì 15 anni fa e che viene ripubblica­to ora in Francia e in Italia (per la Nave di Teseo) dopo il grande successo di L’anomalia, Prix Goncourt 2020.

In copertina c’è il disegno di una coppia su un tandem, solo che pedalano in direzioni opposte. È la sua visione dell’amore?

«Non in generale, solo dell’amore che racconto in questo romanzo, che è la cronaca di un fallimento annunciato. Questo non ha impedito al libro di vincere il Premio del romanzo d’amore assegnato da un grande albergo (il Guanahani, ndr) dell’isola caraibica francese di Saint Barth, un premio peraltro bellissimo».

In che cosa consiste?

«In una settimana in questo posto straordina­rio, senza spendere un soldo, assieme alla persona di propria scelta».

E com’è andata?

«Non ho mai ritirato il premio, la mia persona amata dell’epoca non era libera e quindi non ci sono andato. Mi sembra coerente con tutta la storia».

Lei è presidente dell’OuLiPo, il gruppo di letteratur­a sperimenta­le che aveva tra i suoi membri Italo Calvino, Georges Perec o Raymond Queneau. Mi affeziono molto facilmente è stato scritto secondo i dettami dell’OuLipo, seguendo una regola autoimpost­a?

«Non particolar­mente, non c’è una regola semantica o stilistica. Però ho scritto comunque sulla base di un criterio: raccontare la realtà di questa storia d’amore destinata al fallimento, mano a mano che succedeva. Ho cambiato solo i nomi dei protagonis­ti».

Una specie di scommessa?

«No, è stato un modo per rendere la delusione d’amore più sopportabi­le. Il romanzo racconta del mio viaggio in Scozia per raggiunger­e una donna della quale sono innamorato, con la quale ho una relazione,

Lma che ha già un compagno. Sapevo che non era una buona idea, lei non ha certo insistito per invitarmi».

Perché allora è partito lo stesso?

«Perché ero innamorato e mi affeziono molto facilmente, come dice il titolo che ho rubato a uno dei miei scrittori preferiti, Romain Gary. Qualche giorno prima della partenza l’ho raccontato a un gruppo di amici, che mi hanno supplicato di tenerli aggiornati, “mandaci degli sms, vogliamo sapere come va”, dicevano. Ho pensato che un po’ di autoderisi­one mi avrebbe aiutato, prendermi gioco di me stesso era forse il modo migliore per sopportare un rifiuto più che probabile».

E quindi ha mandato gli sms?

«No, invece degli sms mandavo i capitoli del libro».

Quindi il romanzo è una cronaca in tempo reale?

«Sì, di giorno succedevan­o le cose, la notte le scrivevo e poi inviavo i capitoli per email agli amici».

Devono essersi molto divertiti.

«E a me lo scrivere via via ha permesso

di mantenere un certo contegno, nonostante l’insofferen­za dell’amata. Scrivevo almeno una volta al giorno, qualche volta due o tre. Si comincia subito male, con un enorme ritardo dell’aereo al decollo. Si capiva subito che non avrebbe funzionato». Se tutto è andato così davvero, qual è la parte romanzesca? Dov’è la fiction?

«In qualche piccolo elemento di raccordo, e anche nel personaggi­o dell’altra ragazza, la giovane che lavora alla reception dell’albergo. L’ho incrociata in effetti, ma nel romanzo mi invento conversazi­oni che non ho mai avuto con lei».

Perché ha deciso di inserire questo elemento estraneo alla vera storia?

«Mi piaceva evocare un’idea che mi interessa molto, e cioè la capacità che si ha talvolta di passare con facilità da una storia d’amore all’altra».

Come se, una volta innamorati, esistesse un capitale d’amore da spendere?

«Sì, come cambiare il destinatar­io di un bonifico. L’idea che l’amore possa incarnarsi in una persona, o anche in un’altra, non importa poi molto. Nella vita reale è complicato ma quanto all’amore sognato, romantico, non realizzato, credo che possa capitare. E siccome il libro parla appunto di una fantasia, un amore che fatica a calarsi nel reale, mi è venuta voglia di aggiungere quella seconda ragazza. Certe relazioni, come quella che racconto nel romanzo, sono legate più a un desiderio di amare che a un amore vero».

Lei parte da Parigi in aereo per la Scozia, poi prende un’auto a noleggio, all’appuntamen­to la ragazza arriva in bicicletta, la bici non entra nel bagagliaio, e così via. Mentre lei viveva queste cose, sapeva già che le avrebbe scritte e raccontate. Questo non ha influenzat­o la realtà? La letteratur­a non ha un po’ pilotato gli eventi?

«Direi che l’influenza è stata soprattutt­o sul mio stato d’animo. Diventi attento a tutto, ti senti all’interno di un film. C’è un momento in cui la ragazza è in controluce, la guardo ma sono abbagliato dal sole. Ricordo che in quel momento ho pensato “devo ricordarmi questo istante, lo devo scrivere”, anche perché è una metafora abbastanza calzante dell’accecament­o dell’amore».

Ma non c’è il rischio che lei abbia fatto fallire questa missione d’amore anche perché era un po’ la trama che aveva in mente e che aveva promesso agli amici?

«Non penso, perché non ho avuto davvero altra scelta. Tutto è dipeso dalle sue, di scelte. Sono felice di avere avuto questo sfogo, di avere avuto la possibilit­à di scrivere, perché altrimenti sarebbe stato orribile. Invece c’è una certa leggerezza, uno humour che mi ha aiutato a tenere le cose a una certa distanza, senza farmi travolgere».

E la ragazza che l’ha respinta che cosa ha pensato del libro?

«È stata la prima lettrice. Appena arrivato a Parigi ho trovato uno stampatore che in pochi giorni me lo ha rilegato e pubblicato, in un solo esemplare, per lei, con il titolo Il trifoglio a due foglie. Ma non ha avuto alcun effetto. Quando non va non va, non c’è niente che possa convincere una persona che ha deciso di chiudere. Lo racconto un po’ anche nell’Anomalia. Più un uomo fa sforzi più si rende ridicolo, eppure non riesce a tratteners­i».

Un altro tema è la differenza di età. Il protagonis­ta ha cinquant’anni, venti più dell’amata, e lei scrive che ci sono solo due modi di approcciar­e la cinquantin­a: «Nel primo ci si persuade di essere ancora giovani; nel secondo ci si lamenta di essere già vecchi».

E lui fa il pendolo tra questi due atteggiame­nti, a seconda dei momenti.

«A cinquant’anni crediamo ancora che l’amore sia possibile. Il corpo ci lancia segnali importanti, ma cerchiamo di ignorarli. Il protagonis­ta del romanzo, il me stesso dell’epoca, pensava che quella fosse una delle ultime carte che gli rimanevano da giocare. Sono passati 15 anni, e oggi posso dire che per fortuna non è stato così. Forse perché alla fine il corpo non conta poi così tanto, è più una questione di rapporto alla vita. Anche se ci sono elementi oggettivi a ricordare la realtà. Oggi ho 65 anni, sono vecchio, è un dato di fatto, lo dice la mia carta senior per i treni. Ricordo di averla presa il giorno stesso in cui ho compiuto 60 anni. È stato un modo per trionfare sull’età, “ah sì, ho 60 anni? E io vi faccio vedere che non ho paura, mi prendo subito la carta senior”. Sono andato in stazione, ma tutto quel che desideravo era che la ragazza allo sportello mi dicesse “sessant’anni, lei? Ma è sicuro? Non li dimostra affatto”».

«NIENTE FERMERÀ UNA PERSONA CHE HA DECISO DI CHIUDERE. PIÙ UN UOMO FA SFORZI, PIÙ SI RENDE RIDICOLO, EPPURE NON RIUSCIAMO A TRATTENERC­I»

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LA COPERTINA DI MI AFFEZIONO MOLTO FACILMENTE DELLO SCRITTORE HERVÉ LE TELLIER (LA NAVE DI TESEO). PARIGINO, CLASSE 1957, LE TELLIER (NELLA FOTO A DESTRA), HA VINTO IL PRIX GONCOURT NEL 2020 CON L'ANOMALIA
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