EMISSIONI ZERO LA NUOVA VIA DI ARGIANO
Brunello e Supertuscan, l’identità ritrovata
«Un grande vino è la somma di un vitigno e di un’idea». Questa è la formula vincente (copyright Piero Antinori per il Tignanello), che è stata declinata dallo stesso enologo, Giacomo Tachis, in una delle più antiche tenute di Montalcino, Argiano (il nome deriva da Ara Jani, il tempio dedicato a Giano). Il risultato dell’alchimia di Tachis fu un Supertuscam Solengo. Era gli anni Novanta, Argiano aveva iniziato una nuova vita grazie alla contessa Noemi Marone Cinzano. Ma nel 2013 la cantina è stata venduta al Leblon, un fondo di investimento guidato dal finanziere brasiliano André Santos Esteves. Poteva essere una svolta straniante. Invece la tenuta di Argiano (350mila bottiglie e circa 5 milioni di euro di fatturato) ha trovato la sua strada. Ha bandito l’uso della plastica, partecipa al progetto di emissioni zero di Siena, ha abbracciato pratiche biodinamiche, ha avviato il progetto Buona Agricoltura per la tutela della biodiversità e soprattutto è riuscita a tenere la barra dritta in cantina, grazie all’enologo Bernardino Sani (nell’illustrazione qui sopra), che è anche l’amministratore delegato. I vini quindi: il Solengo è tornato alla formula originaria di Tachis, senza Syrah e con una piccola quantità di Sangiovese assieme a Cabernet, Merlot e Petit Verdot. Le annata 2018 e 2019, come ha spiegato il super sommelier Luca Gardini in una recente degustazione a Milano, sono «capolavori di eleganza e profondità». Mentre il Rosso di Montalcino 2020 e il Brunello 2017 e il Brunello Vigna del Suolo 2016 sono «di una precisione millimetrica, fortemente identitari e ti trasportano a Montalcino in un sorso». Grandi vini nati da un’idea.