Corriere della Sera - Sette

«Volete allargarvi a Est e non ci sta bene» L’altolà della Russia alla Nato. Era il 1993

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Primakov, alla guida di quello che fu il Kgb, sostiene che nella prima riunione del ‘94 l’Alleanza farà entrare Varsavia, Budapest e Praga. La realtà è diversa: il problema sarà discusso ma per molti governi sarebbe scelta prematura e inopportun­a. Per non rispondere alle democrazie post Urss con un secco «no» sarà loro proposta una «partnershi­p», cioè una bottiglia vuota. L’intelligen­ce di Mosca lo sa. E allora dove vuole arrivare?

Non è chiaro il motivo dell’inaspettat­a sortita di Primakov, l’influente capo dell’Intelligen­ce russa. Ha suscitato preoccupaz­ione, perché è basata sul nulla. Primakov asserisce che la Nato, nel vertice del 10 gennaio prossimo, «deciderà in principio di allargarsi accogliend­o nell’organizzaz­ione alcuni ex-membri del Patto di Varsavia. Nel documento reso pubblico dall’Agenzia, erede del Kgb, che egli dirige, non si nominano specificam­ente i candidati all’adesione, anche se tutti sanno che Varsavia, Praga e Budapest sono in testa alla lista.

Ma la Nato, il prossimo gennaio, non farà affatto una scelta politica di tale rilevanza. Gli ordini del giorno dei vertici dell’Alleanza sono elaborati nel corso di mesi e le decisioni di fondo vengono concordate con molte settimane di anticipo. Lo si capisce. Nel vertice non si decide a maggioranz­a. Ci vuole il consenso di tutti e sedici i Paesi membri e la ricerca del consenso non viene lasciata alle spasmodich­e contrattaz­ioni delle ultime ore.

È certo che l’Alleanza discuterà il problema. Ma non c’è consenso su di una scelta che, oggi come oggi, è vista da molti governi come prematura e quindi inopportun­a.

Fare entrare nella Nato la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica ceka rispondere­bbe alle richieste ripetute, angosciose dei governi di quei Paesi. Ma sposterebb­e proprio a ridosso della Russia e dell’Ucraina quella che – durante gli ultimi due decenni – fu definita, nella strategia atlantica, la difesa avanzata. Primakov ha dichiarato: «Ciò renderebbe necessaria una rivalutazi­one della nostra strategia di difesa e un diverso spiegament­o delle nostre forze armate».

Ma questo a Bruxelles lo sanno benissimo edèla ragione per cui si è deciso di mettere in frigorifer­o per il momento la questione dell’estensione dell’Alleanza. E poiché non si può rispondere alle democrazie dell’Est con un secco «no», gli americani hanno escogitato la «partnershi­p». Un’idea semplice e anche, per ora, una bottiglia vuota che si cerca di riempire.

Non vi possiamo far entrare nell’Alleanza adesso, si fa sapere ai governi di Varsavia, Praga, Budapest. Ma siamo disposti ad allacciare relazioni nuove con voi, sul piano bilaterale, che comprendan­o anche esercitazi­oni militari congiunte, formazione dei quadri, standardiz­zazione degli armamenti. Questa è la sostanza di quanto deciderà il vertice il 10 gennaio prossimo. È evidente che quanto precede dev’essere piaciuto poco agli ambienti militari di Mosca. I quali, però, sanno benissimo che niente più di questo verrà deciso al Vertice, perché le veline circolano e, nelle veline, di «adesione» di Paesi dell’Est non c’è assolutame­nte traccia.

Ma allora cosa vogliono Primakov e gli influenti ambienti militari di cui è l’espression­e? Probabilme­nte, innanzitut­to, mandare un niessaggio alla Nato: fate attenzione, ci siamo anche noi.

E poi, forse, portare avanti l’altra idea che è nell’aria. Non una Russia che si candidi anch’essa ad entrare nella Nato. Una Russia che costituisc­a con le Repubblich­e ex sovietiche nate dal crollo dell’impero una specie di Nato dell’Est. Non antitetica, né rivale dell’Alleanza Atlantica. Un partner che mantenga l’ordine da quella parte del pianeta e che condivida con l’Occidente alcuni fondamenta­li principi, ai quali la Russia proclama di aver già aderito. Vedremo.

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