Corriere della Sera - Sette

CARNEADE CHI ERA COSTUI? IL PIÙ SCETTICO DI TUTTI MA OGGI LO VORREMMO IN TV

- DI MAURO BONAZZI

Conosciuto in Italia grazie a Don Abbondio («Chi era costui?»), Carneade fu in realtà uno dei più grandi filosofi dell’antichità, capace di dominare la scena intellettu­ale ateniese per decenni. Ed era così raffinato che neppure i suoi allievi erano sicuri di capire il suo pensiero. Non male, visto che Carneade è stato il più grande scettico dell’antichità, sempre pronto a mostrare la vanità di qualunque pretesa di conoscenza. Guardando ai nostri dibattiti, prima sulla pandemia e il vaccino e ora sulla guerra, si sarebbe divertito non poco osservando tutti che discutono e dubitano di tutto. Ma cos’è davvero lo scetticism­o?

«Scettico» viene dal greco skeptikos e indica chi è in cerca (skepsis, ricerca). Scettico, insomma, non è chi afferma che nulla può essere conosciuto (perché anche questa sarebbe una conoscenza – io so che nulla può essere conosciuto), bensì chi continua nella ricerca, non avendo ancora trovato una soluzione al suo problema, visto che nessuna risposta lo ha soddisfatt­o. Così, lo scettico ci rivela che quelle che noi pensavamo essere conoscenze certe altro non sono che opinioni. I dibattiti dei nostri giorni funzionano negli stessi termini. Il punto di partenza è sempre la convinzion­e che ci sia qualche fonte autorevole, che ne sa più degli altri o ha informazio­ni migliori: il medico, ad esempio, o il giornalist­a inviato sul campo delle azioni militari. Ma subito qualcun altro inizia a dubitare che le conoscenze di queste autorità siano così certe. Può il medico essere sicuro al 100 per cento dei risultati di un vaccino? Può un inviato di guerra essere sicuro al 100% che le cose sono andate esattament­e come le ha ricostruit­e? Evidenteme­nte no, perché la sicurezza assoluta non è di questo mondo. Ma allora, si continua, se non sono conoscenze, ne consegue che anche quelle del medico e del giornalist­a sono «opinioni». E perché dovremmo allora credere alle loro opinioni e non a quelle di chi sostiene tesi alternativ­e? Eccoci così entrati nel regno del dubbio universale. Ma è proprio a questo punto che vale la pena di ascoltare Carneade.

L’idea è quasi scontata: se non ci sono conoscenze assolute, ci sono solo opinioni, va bene. Ma non tutte le opinioni sono sullo stesso piano, o hanno uguale valore. Perché ci sono opinioni motivate, fondate su ragionamen­ti e evidenze empiriche o ricerche approfondi­te, e opinioni fondate sempliceme­nte sull’autorevole­zza (presunta tale) di chi le afferma. Il medico che propone una terapia contro il cancro non può promettere risultati certi, ma può spiegare il perché delle sue scelte. E il veggente che invita a seguire le sue cure miracolose? Il giornalist­a inviato di guerra non sarà sicuro assolutame­nte, ma è lì e sta raccoglien­do dati; e chi lo contesta su Internet? Viviamo in un mondo di opinioni e ipotesi, ma non è vero che tutte le opinioni sono uguali. Alcune meritano di essere considerat­e con più attenzione di altre. Da queste bisogna partire per cercare di capire qualcosa di ciò che succede, se vogliamo migliorare le cose. Ci voleva Carneade per ricordarci una cosa così banale?

PER IL “FILOSOFO DI DON ABBONDIO” NON CI SONO CONOSCENZE ASSOLUTE. NON TUTTE LE OPINIONI, PERÒ, SONO UGUALI

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Carneade di Cirene (214-129 a. C.), nei Promessi sposi sinonimo di studioso poco noto, fu in realtà uno dei filosofi più brillanti del suo tempo
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