LA CRISI SANITARIA, POI QUELLA MILITARE: STIAMO PERDENDO?
Stiamo attraversando il terzo anno di pandemia globale e il terzo mese di guerra in Ucraina. Due crisi parallele che ci hanno costretti a riflettere – prima a volume bassissimo in spazi privati, adesso in mezzo al frastuono delle arene pubbliche – su quanto funzionino o non funzionino gli Stati/le società cui apparteniamo. Le cronache sanitarie e militari sono diventate, anche, un doppio specchio rivelatore dell’efficacia delle democrazie liberali al cospetto di regimi autocratici con un coefficiente di illiberalità variabile ma sempre evidente. La poderosa invasione putiniana della giovane Ucraina (poco più di 30 anni di indipendenza, un governo dall’età media intorno ai 40) non ha ancora espresso un verdetto sul campo, la prevista vittoria lampo di Mosca si è però già spezzata lungo fronti slabbrati. Nelle stesse ore appare meno netto il trionfo cinese sul Covid, annunciato mesi fa da istantanee di feste di massa a Wuhan inviate verso Occidente mentre noi aggiornavamo il calendario dei lockdown: ora vediamo Shanghai imbavagliata, leggiamo che il 60 per cento della metropolitana di Pechino è chiusa, scorriamo la lista delle città di nuovo bloccate nella nebbia di bollettini imperscrutabili (per un totale di 350 milioni di persone, più della popolazione degli interi Stati Uniti).
Non è quindi solo una questione di valori, che pure ci confortano. Ci eravamo (quasi) convinti che il sacrificio delle libertà fosse una garanzia di maggior controllo, di velocità esecutiva, di efficienza imposta fino all’ultima periferia dell’impero. Cominciavamo (quasi) a dubitare del nostro affannoso inseguire un punto di equilibrio – mobile – tra diritti e limitazioni di quei diritti, tra il dettato delle Costituzioni o dei Trattati e la realtà in evoluzione che ne invoca nuove interpretazioni o scritture. Raccontiamo l’Unione Europea divisa sull’embargo al petrolio russo e sul sesto pacchetto di sanzioni, tuttavia – tra i dubbi di alcuni dei 27 membri, le obiezioni, le deroghe e pure la gradualità di misure lente sei mesi – il principio dell’efficacia, la nostra, non sembra a rischio. Questi anni di dolore e di sacrifici, molti ancora in arrivo, dovrebbero portare con sé più consapevolezza e fiducia e coraggio. C’è sempre una domanda che ci fa da stella polare nell’incertezza su quello che siamo: dove vorreste far studiare i vostri figli? In quali Paesi, città, scuole, università?
La mappa che salda competenza e felicità non si è capovolta.