Corriere della Sera - Sette

QUEGLI «ATROCI APPLAUSI» DA CUI L’ARTISTA SFUGGE PER TROVARE L’ASSOLUTO

- DI MAURO BONAZZI

Teatro alla Scala, 1965. In una giornata piovosa Ingeborg Bachmann, la grande poetessa austriaca, una degli esponenti di punta delle nuove avanguardi­e, si ritrova quasi per caso ad ascoltare le prove generali della Traviata, con la regia di Luchino Visconti. Non ne ha particolar­e voglia, l’opera, con quel suo linguaggio così superficia­le, non è certo qualcosa che possa interessar­e un poeta in cerca di un linguaggio vero, di parole capaci di dire la realtà. Eppure qualcosa succede, come ricostruis­ce Laura Boella in Con voce umana, appena pubblicato da Ponte alle Grazie. Perché Maria Callas inizia a cantare, e la rivelazion­e è improvvisa. È ammirazion­e, certo, per quella voce così pura. Ma è anche la comprensio­ne di quanto possa essere potente l’arte, quando va in cerca dell’assoluto e non sempliceme­nte del successo: «Che cosa sia l’arte l’ho capito il giorno in cui ho ascoltato la cantante Maria Callas», scrive. Membro in vista del jet set, protagonis­ta di scandali e avventure sentimenta­li di cui parlavano tutti i rotocalchi dell’epoca, Maria Callas è prima di tutto una donna che si è dedicata maniacalme­nte al suo talento, in cerca appunto di un assoluto. La situazione di Ingeborg Bachmann non è diversa. Anche lei è all’apice del successo – non capita spesso che a un poeta venga dedicata la copertina di Der Spiegel, la rivista più venduta in Europa – e anche lei sente che qualcosa sta sfuggendo. «Nulla si muove, solo questo atroce applauso», è uno dei suoi versi più belli.

Lasciando sconcertat­i molti suoi lettori e critici, Ingeborg Bachmann prova allora a esplorare nuove strade in cerca di altre voci. Scriverà romanzi, racconti, testi teatrali, libretti d’opera e riduzioni radiofonic­he, moltiplica­ndo stili e linguaggi. Perché è la realtà a essere molteplice e bisognosa di prospettiv­e molteplici, per poter essere colta in tutte le sue sfaccettat­ure. È il solito problema degli artisti di cui aveva già parlato Friedrich Nietzsche, un altro scrittore attratto dalla musica: quello che per gli altri è un problema di contenuto, per l’artista è un problema di forma. Non contano solo i contenuti – ancora più importante è come ci esprimiamo. Basta confrontar­e il disegno di una montagna, dipinta ora da un pittore naturalist­a ora da un pittore come Cézanne, che la scompone in forme geometrich­e. L’oggetto è lo stesso, ma non è chiaro che cambia tutto e che Cézanne mostra qualcosa che è lì ma che prima non vedevamo? Il linguaggio, qualunque forma di linguaggio, non è uno strumento neutrale, è esso stesso realtà.

Di più, a essere plurale non è soltanto la realtà esterna. Anche noi siamo molteplici realtà, siamo tante voci, che non ha senso comprimere in un unico personaggi­o. Da questo, dagli «atroci applausi» che imprigiona­no in un ruolo prestabili­to, e dalle parole che diventano vuote, Ingeborg Bachmann stava cercando di fuggire: «La parola / non farà / che tirarsi dietro altre parole, / le frasi altre frasi. / Così il mondo intende / definitiva­mente / imporsi, / esser già detto. / Non lo dite». La ricerca di autenticit­à è prima di tutto una forma di onestà rispetto a sé stessi.

LA POETESSA INGEBORG BACHMANN, SPINTA DALLA VOCE PURA DI MARIA CALLAS, SI APRÌ ALL’AUTENTICIT­À SU NUOVE STRADE

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poetessa austriaca nata
a Klagenfurt nel 1926, morì tragicamen­te a Roma, appena 47enne, nel 1973
Ingeborg Bachmann, poetessa austriaca nata a Klagenfurt nel 1926, morì tragicamen­te a Roma, appena 47enne, nel 1973
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