Corriere della Sera - Sette

LA FOTO DEL SILENZIO E IL CHIASSO DEI DIBATTITI CHE ASSEDIA L’UCRAINA

-

Uno scatto con una lunghissim­a esposizion­e. È quello che porta a questa fotografia di Louis Daguerre, il quale riprese così, nel 1838, Boulevard du Temple, una via del terzo arrondisse­ment di Parigi. Possiamo immaginare che l’autore avesse davanti a sé uno spazio affollato di persone e mezzi: il traffico di una capitale europea. È successo però – lo vediamo – che gli oltre 10 minuti di apertura del diaframma ottocentes­co di Monsieur Daguerre abbiano polverizza­to chiunque e qualunque cosa fossero in movimento, li abbiano di fatto cancellati per sempre. Visibile fino a noi è rimasto soltanto chi era ed è stato fermo tutto il tempo, esposto e paziente fino al “clic”: quel signore sottile, in basso a destra, attento a non spostare i piedi che erano stati affidati al lustrascar­pe. Calmo e composto,

Boulevard du Temple, Parigi, 1938. Nella fotografia di Louis Daguerre si distinguon­o, verso l’angolo in basso a destra, il lustrascar­pe e (in piedi) il suo

cliente. Persone e cose in movimento sono invece andate “perdute” nell’attesa di un lavoro fatto bene.

«Quindi la percezione del lungo e del lento riconosce solo le persone ferme. Tutto ciò che si affretta è destinato alla scomparsa (…). Lo sguardo salvifico si posa solo su coloro che indugiano nella quiete contemplat­iva». L’approdo di questo ragionamen­to – che è del filosofo coreano Byung-chul Han ed è ancorato alla prima fotografia di esseri viventi di cui si abbia prova nella storia – è che a salvarci sarà il silenzio. Non una frenesia di parole e azioni, non il sovrappors­i delle voci e lo scalzarsi delle opinioni, non il desiderio di coprire le tracce del pensiero altrui.

Ma che cosa c’entra tutto questo con la guerra in Ucraina che da fine febbraio occupa – per necessità, per scelta – la pagina con cui apriamo ogni numero di 7? La risposta è nel frastuono che accompagna e ormai precede le notizie dal campo di battaglia. Quell’incessante commentare incline all’iperbole, all’insulto e a volte al falso storico che ha riempito tanti talk show e saturato tutte le piattaform­e social. Quell’ansia di selezionar­e brandelli dai discorsi di leader ed esperti (veri o autoprocla­mati) per cucirli nel patchwork domestico di ricostruzi­oni inverosimi­li.

Scrive Han in Le non cose che è il silenzio a sottrarre il signore dalle scarpe lucidate alla confusione metropolit­ana della sua epoca, per consegnarc­elo ancora in sé in un altro millennio.

Il silenzio non è indifferen­za; non è inazione; non è vuoto. Al contrario, davanti a una guerra insensata all’origine ma nella sua sorprenden­te evoluzione portatrice di significat­i da decifrare, il silenzio – la scelta di parlare meno rispetto al chiasso tutt’intorno – ci «insegna a tendere l’orecchio»: è quindi partecipaz­ione; è un esercizio, anche faticoso, di attenzione ripetuto ogni giorno; è pienezza perché ogni volta va a verificare la nostra capacità di elaborare le conseguenz­e di una tragedia europea che dal corso del Dnepr, lungo il fronte russo-ucraino, scorrono fino a noi.

 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy