ABORTO, LAVORO & MATERNITÀ SONO IRRICEVIBILI I COMPROMESSI SUI DIRITTI DELLE DONNE
Cara Lilli, col ritorno dei talebani le donne afghane sono state obbligate a indossare il burqa. Per cambiare la loro condizione dovrebbero partorire solo figlie femmine.
Gian Carlo Fusaroli giancarlo.marisa1853@gmail.com
Cara Gruber, la Corte suprema intende riesaminare la sentenza che ha decretato la libertà di aborto negli Usa. Però ci sono due dati da mettere a confronto: l’Ufficio dell’Onu per i diritti umani ha dichiarato che sono 3.153 i civili uccisi in Ucraina dal 24 febbraio, in 68 giorni. Nello stesso periodo (sempre dati ONU) sono stati uccisi 13.600.000 feti, gran parte dei quali utilizzando l’aborto come anticoncezionale. Ma si considera una conquista di civiltà. La medicina oggi mette a disposizione delle donne molti mezzi per evitare le gravidanze: basterebbe un minimo di attenzione.
Roberto Bellia paradosso44@yahoo.it
Cara Lilli, la polemica nata dalle parole di Elisabetta Franchi, che assume solo donne “anta” per non dover fare i conti con eventuali maternità, mi sembra surreale. Di cosa ci si stupisce? Nessun imprenditore vuole gestire il problema delle dipendenti che si mettono in testa di procreare.
Mauro Chiostri mauro.chiostri_2021@virgilio.it
Queste tre lettere illustrano bene quanto i diritti delle donne non si debbano mai dare per acquisiti.
E quanta strada ci sia ancora da fare. Da sempre il sistema più efficace per controllarci è legiferare sul nostro corpo, come puntualmente confermano i Talebani che – nonostante le promesse di 9 mesi fa – hanno ripristinato l’obbligo del burqa in pubblico dopo la chiusura delle scuole secondarie, il divieto di viaggiare da sole e mille altre restrizioni punitive. Ma anche nel civilizzato Occidente i nostri diritti fondamentali sono costantemente sotto attacco, a cominciare da quello sull’aborto. La Corte suprema americana, per esempio, vorrebbe abolire la legge del 1973 che garantisce l’interruzione di gravidanza.
E proprio in questi giorni, centinaia di donne ucraine fuggite dopo aver subito abusi (lo stupro in guerra è una vera e propria arma) non hanno potuto abortire in Polonia che – nonostante faccia parte dell’Ue – vieta loro di farlo se non in rarissimi casi, come la violenza sessuale che però va confermata da un magistrato. A proposito dei numeri Onu citati da Roberto, che dalla fine di febbraio siano stati praticati 13.600.000 aborti nel mondo, non capisco che senso abbia l’aberrante paragone oltre a non trovare conferma di questo dato.
Chiudo sulla questione dell’imprenditrice della moda, degna di un Medioevo all’italiana. Le donne hanno il sacrosanto diritto di poter lavorare con le stesse chance, libertà e con qualche agevolazione in più rispetto agli uomini. Se per un maschio mettere al mondo dei figli non significa dover rinunciare alla propria carriera, non lo deve essere nemmeno per una femmina. Qualsiasi compromesso sul tema è ormai semplicemente irricevibile.
SE PER UN MASCHIO UN FIGLIO NON VUOL DIRE RINUNCIARE ALLA CARRIERA, COSÌ SIA PER UNA FEMMINA