«IL FURBISSIMO GIGGINO» CHE SARÀ LEADER SULLE MACERIE GRILLINE
«Giggino è furbo». «A Giggino non lo freghi». «Giggino ha un piano preciso». Ecco, appunto: qual è il piano che ha in mente Luigi Di Maio affettuosamente detto Giggino dal pattuglione grillino fedele a lui, alle poltrone e a Mario Draghi? L’interrogativo rotola nei corridoi del Parlamento e si porta dietro sospetti e perfidie, crudele stupore e cupa preoccupazione. Ormai, ogni mattina, il primo pensiero di Giuseppe Conte, capo del M5S fino a prova contraria, è: che farà oggi quello lì? Perché Giggino non si limita a esercitare l’incarico di ministro degli Esteri, sempre in perfetta sintonia con le strategie adottate dal governo in questi tempi di guerra. Ma incontra i leader degli altri partiti, e tiene
Luigi Di Maio, 35 anni, grillino, rapporti stretti con l’aristocrazia
ministro degli Esteri economica di questo Paese; la sua voce rassicurante blandisce, promette, inciucia: soprattutto, regolarmente, lo smarca dall’ex premier di Volturara Appula. In questo, Giggino è formidabile. Quarant’anni fa avrebbe avuto l’imbarazzo della scelta: spregiudicato come un craxiano, astuto come un forlaniano, paziente come un andreottiano. Rasato, ben spruzzato d’acqua di
Colonia, in abito blu e scarpe nere stringate anche la notte, sotto al piumone: Berlusconi, ai tempi, sarebbe impazzito per uno così. Invece a Giggino è toccato nascere e crescere grillino, gli è persino toccato frequentare Alessandro Di Battista, e perciò adesso si ritrova in questo movimento che ha chiuso con l’ignobile bugia dell’“uno vale uno”, i suoi parlamentari hanno scoperto il fascino del potere e così il movimento è diventato partito, una specie di partito, strangolato com’è dalla nota, tragica diarchia (Conte dice di essere quello che decide: ma il padrone riconosciuto resta Beppone). Quindi? Per adesso, la scena è questa: Di Maio lascia che Conte punzecchi Draghi a giorni alterni, ben sapendo che una crisi di governo, con un conflitto ancora in corso, sarebbe pura follia. Ma intanto legge i sondaggi: l’ultimo, ferale, stima i 5 Stelle al 13,2%, quasi 20 punti sotto il risultato del 2018. Il primo tracollo ufficiale è previsto alle prossime amministrative, a giugno. E sarà lì, sulle macerie fumanti, che comparirà Giggino. Ma non dirà nulla. La domanda sarà sott’intesa: «O me, o Conte. Decidete» (a quel punto, una scissione potrebbe essere inevitabile).
IL MINISTRO DEGLI ESTERI LASCIA CHE CONTE ATTACCHI DRAGHI. E GUARDA I SONDAGGI...