Corriere della Sera - Sette

VI RACCONTO L’EROE FALCONE: ERA UN UOMO NORMALE CHE PERÒ HA SCELTO IL CORAGGIO

- DI ROBERTO SAVIANO

La foto che ho scelto questa settimana è una immagine a cui sono molto legato. L’ho scovata anni fa per caso. Ritrae Giovanni Falcone e Francesca Morvillo su un traghetto, credo, in un momento di abbandono, di riposo, di contentezz­a. In un momento di vita normale. Sono stanchi e abbronzati. Incredibil­e, no?

L’uomo comune chiama eroe chi si sacrifica per il bene comune, ma spesso ignora la vita comune che l’eroe conduce. La foto che ho scelto questa settimana è una immagine a cui sono molto legato. L’ho scovata anni fa per caso. Ritrae Giovanni Falcone e Francesca Morvillo su un traghetto, credo , in un momento di abbandono, di riposo, di contentezz­a. In un momento di vita normale. I due volti, a occhi chiusi, sono stanchi da una giornata probabilme­nte di sole, stanchi e abbronzati. Incredibil­e no?

Quando ho scoperto questa foto ho iniziato a riflettere su come avevo valutato Giovanni Falcone prima di vederlo così. Le immagini che conservavo di lui erano le foto che siamo tutti abituati a vedere; foto in cui lui è sempre in giacca e cravatta, in circostanz­e formali. Qui la prospettiv­a si ribalta. Falcone è con sua moglie – l’unica magistrata uccisa dalla mafia – in una situazione privata, dove c’è solo una macchina fotografic­a probabilme­nte amica a rendere eterno il momento. Osservando questa foto ho compreso quanto l’uomo Falcone sia stato poco raccontato. Conosciamo

il magistrato, il simbolo, tutti epifenomen­i di un universo più complesso: Falcone era un uomo che amava la vita, che amava stare in compagnia, che amava il buon cibo. Giovanni Falcone era un uomo che amava… strano come non me ne fossi accorto prima! Strano come una foto sia arrivata così, all’improvviso, ad aprirmi gli occhi. Dopo averla vista ho dato un valore diverso ai suoi sorrisi appena accennati, al suo tono di voce sempre mite pure se sotto attacco. Alla calma che manteneva anche quando chiunque altro si sarebbe fatto prendere dalla collera. Ecco perché ho scelto di mostrarvel­a, perché spero che anche il vostro sguardo su di lui possa cambiare.

Sono trascorsi 30 anni dalla strage di Capaci e oggi di Falcone bisogna assolutame­nte tornare a parlare con uno sguardo nuovo, finanche con parole nuove. E bisogna tornare a raccontarl­o per quello che è stato: un uomo comune, comune ma geniale, che per spirito di servizio, perché altri prima di lui – i suoi maestri – lo avevano fatto, ha abbracciat­o una missione: mostrare il vero volto delle mafie che erano, sono e

Ogni settimana presenterò qui una foto da condivider­e con voi che possa raccontare una storia attraverso uno scatto. La fotografia è testimonia­nza e indica il compito di dare e di essere prova. Una prova quando la incontri devi proteggerl­a, mostrarla, testimonia­rla. Devi diventare tu stesso prova.

TRENT’ANNI ANNI DOPO CAPACI VOGLIO RITROVARE QUELLA PERSONA COMUNE, E GENIALE, CHE ABBRACCIÒ UNA MISSIONE

saranno organizzaz­ioni che agiscono solo per profitto. Segui il denaro, troverai sinergie che non t’aspetti. E poiché non te le aspetti, troverai duro farti ascoltare. Diranno di te che vedi mafia ovunque; che fai di tutto per avere visibilità; che piazzi bombe che poi non esplodono per avere attenzione. Diranno, diranno solo. Diranno, forse, perché non sono capaci di fare.

Oggi a noi il lavoro di Falcone sembra un atto rivoluzion­ario, e lo è… e lo era, ma guardando la foto di Giovanni e Francesca assopiti dopo una giornata di sole, non possiamo ignorare che quell’atto rivoluzion­ario lo ha compiuto un uomo come noi. Questo cosa significa? Significa che ciascuno di noi potrebbe fare lo stesso. Forse no. Ma ciascuno di noi può capire a cosa Falcone ha rinunciato. E allora la foto che vi mostro è preziosa, perché di momenti così Falcone non poteva concederse­ne molti. Qualcuno sono certo starà pensando: chi glielo ha fatto fare? Falcone rispondere­bbe «lo spirito di servizio», che io traduco così: il profondo rispetto per il lavoro di chi era al suo posto prima di lui, ed era morto, ucciso prima di lui.

Spirito di servizio sembra quasi un obbligo che non lascia scelta, e invece Falcone ha scelto, scelto quotidiana­mente la strada del coraggio. Del coraggio e finanche della paura. Sì perché solo chi non dà valore alla vita non ha paura, sentimento nobile e soprattutt­o utile che ti fa presagire il pericolo. Falcone ha scelto il coraggio e oggi questa scelta va raccontata a chi nel 1992 non era ancora nato o a chi era troppo piccolo per ricordare. E il coraggio di Falcone va raccontato non come un percorso obbligato, non come qualcosa che gli è capitato, ma come una scelta. Io che l’ho sempre considerat­o un simbolo di lotta e integrità, di impegno e dedizione al lavoro, oggi voglio pensare a lui come a un uomo di cuore che ci ha indicato una strada, una strada che ciascuno di noi può percorrere. Ricordare il coraggio di Falcone è un gioco di parole che ha al centro proprio la parola cuore. L’etimologia di ricordare è «riportare al cuore», perché per gli antichi era il cuore la sede del ricordo e però lo è anche del coraggio. Il cuore è un muscolo, ce lo abbiamo tutti. Ma tenerlo in costante allenament­o fa la differenza.

IL SUO SPIRITO DI SERVIZIO VA TRASMESSO A CHI NEL 1992 NON C’ERA: HA INDICATO UNA STRADA DA PERCORRERE

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