Corriere della Sera - Sette

EUROVISION, POLEMICHE INUTILI LA VITTORIA DI KIEV RICORDA QUELLA DEI MÅNESKIN

- DI LILLI GRUBER setteemezz­o@rcs.it

Cara Lilli, ho letto tanti commenti negativi sulla vittoria della Kalush Orchestra, la band ucraina, all’Eurovision. Sarebbe stata una vittoria immeritata e dettata solo dall’emotività. A parte che stiamo parlando di un festival musicale e non di massimi sistemi e poi, dopo un anno di retorica sull’Italia che vince e che rinasce perché contestare il fatto che un Paese dilaniato sia stato felice per qualche ora?

Emma Invernizzi emminainve­r@gmail.com

Cara Emma, sono d’accordo con lei. Siamo un Paese dalle molte virtù, ma siamo anche un campione mondiale di polemiche feroci su argomenti futili. Anch’io ho letto molti commenti negativi sulla vittoria della Kalush Orchestra con il brano Stefania, e francament­e trovo il dibattito un po’ surreale. Assomiglia alla sindrome di Sanremo, con dibattiti tanto appassiona­ti quanto estenuanti prima, durante e dopo la kermesse, di cui ormai sono una componente essenziale. La bellezza di una canzone è sempre un fatto opinabile, estremamen­te soggettivo e altamente emotivo, perché l’emozione è nella natura stessa della musica leggera.

Gli ucraini erano al quarto posto dopo il verdetto delle giurie nazionali di qualità, ma grazie al televoto hanno scalato posizioni arrivando a vincere. Il regolament­o infatti impediva di votare per la canzone del proprio Paese, e quindi alla Kalush Orchestra è arrivato un plebiscito di consensi dal pubblico televisivo europeo: chiarament­e un moto popolare di sostegno e vicinanza per la guerra che l’Ucraina sta subendo sul suo territorio dopo l’aggression­e della Russia, e che gli stessi artisti della band hanno ricordato con un appello al termine dell’esibizione in semifinale. Da lì in poi, è stata una corsa verso la vittoria, tra l’altro ampiamente prevista dai bookmaker.

Può darsi che Stefania non sia il pezzo più bello o non sarà il più venduto dell’anno: è accaduto spesso anche alle canzoni che hanno trionfato a Sanremo. Può darsi che l’altissimo numero di voti ricevuti dall’Ucraina sia stato anche il modo per milioni di cittadini di mettersi la coscienza a posto rispetto a un conflitto che comincia a pesare sulle nostre economie e quindi sulla nostra tenuta sociale. Può darsi che a molti la canzone sia effettivam­ente piaciuta, o forse gli altri pezzi in gara erano peggio. Ma tutto questo conta in effetti molto poco.

Sui social tra i commenti: «Vergogna senza fine», «Europa suddita anche nella musica obbedisce, cialtroni e infami». Il riferiment­o è al presidente ucraino Zelensky accusato di aver utilizzato la vittoria all’Eurovision come mezzo di propaganda per aumentare il sostegno alla sua causa, come è normale che sia. È – con le doverose differenze – quello che accadde l’anno scorso in Italia, quando la vittoria dei Måneskin divenne il simbolo della ripresa italiana dopo i due anni drammatici della pandemia. Ma all’epoca non protestamm­o: era musica per le nostre orecchie.

L’ANNO SCORSO QUEL TRIONFO DIVENNE SIMBOLO DELLA RIPRESA DOPO IL COVID, MA ALLORA CI ANDAVA BENISSIMO

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