UNITI CONTRO I PICCONATORI SOLO COSÌ POTREMO DIFENDERE I DIRITTI DEI PIÙ DEBOLI
La foto che ho scelto questa settimana è volutamente estrema. È una scena della serie tv The Handmaid’s Tale, tratta dall’omonimo romanzo distopico di Margaret Atwood. Al centro della serie c’è la fertilità, che porta a considerazioni sulla maternità e, in generale, sulla genitorialità, molto profonde.
Non c’è cosa più pericolosa che pensare e dire: dopotutto la maggior parte delle persone è assolutamente a favore di alcuni diritti fondamentali, come ad esempio l’aborto. È pericoloso pensare che la maggioranza delle persone sia a favore perché ci fa sentire in una comfort zone in cui in fondo ogni nostra azione iniziamo a percepirla come superflua. Superflua e a volte anche dannosa per noi stessi.
Faccio una considerazione. Ogni volta che mi occupo di aborto, anzi a dire il vero questo accade solo da pochi anni, mi viene risposto che sono un uomo e non posso capire, che sono un uomo e che questo è un ambito che non mi deve riguardare. Credo che non sia vero e che, anzi, sia addirittura pericoloso restringere il campo di chi può o non può occuparsi di determinati argomenti: per tenere a un diritto non devi appartenere alla categoria di persone che materialmente ne usufruisce. Per tenere a un diritto devi semplicemente osservare il suo stato di salute e considerare importante prendere parte al dibattito, anche a costo di ricevere qualche insulto o lettera di disapprovazione. Mi è accaduto di recente, quando ho espresso la mia opinione sulla legalizzazione del lavoro delle e dei sex workers. Chi abbia letto quel mio articolo, non può non aver notato il riferimento a tutti i sex workers, siano essi uomini o donne. Il tema non può essere relegato a un problema unicamente di genere e il dibattito non dovrebbe procedere per contrapposizioni. Ma questa è la mia opinione e in quanto uomo so di dover conquistare il diritto a prendere parte ad alcuni dibattiti.
Questo diritto non credo mi sia dovuto, con umiltà mi pongo all’ascolto, con umiltà mi metto al servizio di cause che credo meritino luce. Cause che è errato, secondo me, considerare separate da altre. È l’unione a fare la forza, non la difesa della propria peculiarità di gruppo, ma la comprensione che esiste un legame profondo tra tutte le persone che vogliono conquistare o difendere un diritto. La foto che ho scelto questa settimana è volutamente estrema. È una scena della serie tv The Handmaid’s Tale, tratta dall’omonimo romanzo distopico di Margaret Atwood. Al
Ogni settimana presenterò qui una foto da condividere con voi che possa raccontare una storia attraverso uno scatto. La fotografia è testimonianza e indica il compito di dare e di essere prova. Una prova quando la incontri devi proteggerla, mostrarla, testimoniarla. Devi diventare tu stesso prova.
QUANDO PARLO DI ABORTO DICONO CHE UN UOMO NON PUÒ CAPIRE: SO CHE LA POSSIBILITÀ DI FARLO VA CONQUISTATA
centro della serie c’è la fertilità, che porta a considerazioni sulla maternità e, in generale, sulla genitorialità, molto profonde. Quello che mi colpisce è un metodo che sento vicino: mostrare una realtà priva di vie di fuga, una realtà che ti costringa a relazionarti con il mondo che hai a disposizione, con le sue contraddizioni e con le contraddizioni dei suoi protagonisti. È la vita reale, dove non esistono distinzioni di sorta tra buoni e cattivi, dove non esistono seconde occasioni. E al centro di tutte le considerazioni c’è il mondo femminile, ma un femminile che diventa universale, che diventa paradigma delle più atroci violazioni dei diritti umani. Che diventa oppressione del debole, soppressione del diverso, riduzione in schiavitù.
Ci sono pensieri che devono trovare spazio nella mente di ciascuno di noi, necessariamente. Pensieri che magari ci piacciono poco, ma dobbiamo sempre sapere che non esistono zone comode in cui rintanarsi, che non esiste nessuno che possa presidiare un diritto meglio di come potrebbe farlo, singolarmente, ciascuno di noi, con tutte le contraddizioni del caso. E per quanto queste mie parole possano sembrare ecumeniche, che io continui a scrivere di aborto e di sex workers, nonostante sui social mi abbiamo invitato a non farlo, significa solo una cosa: restiamo uniti, perché dall’altra parte esiste una unione trasversale che va poco per il sottile e che prende a picconate diritti che servono a tutelare chi è debole, chi è sotto il dominio di un compagno ostile, di una famiglia ostile, di una comunità (laica o religiosa che sia) ostile.
Tutto il dibattito Usa, che ruota attorno alla riduzione degli spazi concessi al diritto di abortire, trova un contrappasso in quello spagnolo dove il governo ha approvato un disegno di legge – riguardando i diritti fondamentali richiede la maggioranza assoluta del Parlamento – che, tra l’altro, annovera l’eliminazione del permesso obbligatorio di genitori o tutori per abortire a partire dai 16 anni. Questo è occuparsi dei più deboli, per me. Garantire un diritto fondamentale, come il diritto di autodeterminazione, a chi non avrebbe mezzi materiali per poterlo fare se non fosse consentito per legge e se non fosse facile accedervi.
NON ESISTE NESSUNO CHE DIFENDA UN RISULTATO MEGLIO DI COME POTREBBE FARLO, SINGOLARMENTE, CIASCUNO DI NOI