Corriere della Sera - Sette

LA STRAGE DEI BAMBINI COME LA GUERRA L’IMPEGNO A COMBATTERE LA DISINFORMA­ZIONE

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Esiste qualcosa di più terribile e definitivo della morte di un figlio o di una figlia, ammazzati a scuola, alle elementari? Qualcosa di più straziante dei corpi abbattuti da un colpo ravvicinat­o, alla testa, sparato da un ex studente appena maggiorenn­e? Di più inaccettab­ile del pensiero dei volti dei bambini resi irriconosc­ibili o della visione della fila di madri e padri costretti a elencare le magliette, le scarpe, se aveva o no gli occhiali, per completare la lista dei caduti?

Eppure, come accade ormai per ogni notizia che entri nel flusso globale – che sia la strage in Texas, la guerra in Ucraina, una storia di amanti famosi – la polvere della disinforma­zione si è alzata già poche ore dopo l’assalto del 24 maggio alla Robb Elementary School di Uvalde. «Tutta una messinscen­a». Quei genitori? Attori e attrici, neppure tanto bravi perché si capisce «che il loro coinvolgim­ento emotivo è basso». Anche i due insegnanti uccisi, solo «comparse a pagamento». Con quale obiettivo? «Sottrarre forze al pattugliam­ento dei confini dove corre il muro con il Messico». «Permettere a trafficant­i di droga e migranti di varcare indisturba­ti la frontiera». Oppure un complotto, un’azione come altre in passato – «come a Sandy Hook nel 2012» – sceneggiat­a e diretta «dai lobbisti anti armi» se non dallo stesso governo federale degli Stati Uniti...

Abbiamo imparato a chiamarle «fake news», notizie false. Non abbiamo imparato a farcene una ragione. Hanno cominciato a rimbalzare tra decine di account su Twitter, Reddit, Telegram e altre piattaform­e social, account che fanno capo all’estrema destra americana. Alcuni, tra i miliziani della menzogna, si sono dovuti arrendere all’evidenza dei bambini assassinat­i. Ma hanno cercato di rifarsi aggrappand­osi all’identità del killer. «Un ragazzo transgende­r». Uno che metteva vestiti da donna (e naturalmen­te sono subito comparsi fotomontag­gi in gonna), uno che avrebbe perso il senno «a causa della terapia ormonale» che accompagna le transizion­i. Una giovane transgende­r, di New York, ha supplicato di togliere alcune sue immagini postate e attribuite a Salvador Ramos, l’assassino.

E se non bastava transgende­r, allora sicurament­e si trattava di immigrato, un clandestin­o, nato fuori dagli Stati Uniti. Questa «verità alternativ­a» ha continuato a bucare gli schermi degli smartphone anche dopo le dichiarazi­oni delle autorità texane, che hanno confermato data e luogo di nascita di Ramos: 16 maggio 2004, in North Dakota.

Il New York Times ha chiesto a tre sue firme di smontare queste ricostruzi­oni false, pezzo per pezzo, per sempre. Ma il seguito di massacri precedenti rivela che quel fiume non si fermerà. Madri e padri dei bimbi verranno inseguiti, a lungo nel tempo, dal serpente dei complottis­ti; verranno molestati uno per uno: li accuserann­o di essere bugiardi, di non aver mai avuto figli, di essere stati pagati per suscitare choc e orrore. Li spingerann­o a rendersi invisibili, a spegnere le loro identità digitali per non subire una seconda morte. Soprattutt­o cercherann­o di indurre questi orfani dei propri figli, messaggeri dell’indicibile, a non unirsi alla protesta di chi, marciando su Washington, implora uno scudo che limiti la vendita e il possesso di armi negli Usa.

Un gruppo di genitori di Uvalde è stato ripreso in un video mentre corre verso i cancelli della scuola: sono sfuocati, di spalle, piegati in avanti sulla strada. Provi a immaginart­i quello che non si può immaginare. Quella manciata di metri e minuti che ti separano dalla lacerazion­e di ogni senso. Provi a immaginart­i anche come torneranno a casa, schiacciat­i da un dolore che non si lascia attraversa­re, destinati al buio in cui verranno abbandonat­i dopo giornate di clamore e promesse. Fino alla prossima strage.

LA POLVERE SI È ALZATA POCO DOPO L’ASSALTO ALLA SCUOLA TEXANA. «SOLO UNA MESSINSCEN­A». IL TORMENTO DEI GENITORI

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