Corriere della Sera - Sette

«DICO LA VERITÀ MA URLO TROPPO. QUANDO IL PONTE È CADUTO HO PIANTO»

- DI CLAUDIO BOZZA - FOTO DI ALESSANDRO GRASSANI

Il sindaco di Genova, in corsa per la riconferma, racconta i difficili rapporti in Comune a causa del carattere focoso: «Vedevo le cose che non andavano e reagivo così». È stato sei volte in cima al Bianco e ama la vela: «Voglio rifare il giro di Ulisse, Penelope però la porto con me»

Lo chiamano «u scindicu» che «u crìa» (il sindaco che urla), ormai mitiche le sue sfuriate con staff e assessori. Marco Bucci cinque anni fa sbaragliò a sorpresa la sinistra nella rossa Genova, tornato a casa dopo 22 anni negli Usa. Nella testa di Bucci c’era un piano (con piglio civico da manager qual è) da applicare alla città per farla ripartire. Le cose, nonostante le sfuriate più o meno pubbliche, sembravano filare abbastanza. Poi, un anno dopo, il crollo del Ponte Morandi. E lui, burbero, schivo ma che ama girare tra la gente dei vicoli, si è ritrovato sotto i riflettori di mezzo mondo. Ora - appoggiato da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e pure dai renziani — ci riprova. «Ma lei è di destra? Boh! E poi cosa vuol dire?», risponde d’istinto. Un istinto politico che prima non aveva e che, nonostante un carattere complicato, gli ha portato consensi anche da elettori di centrosini­stra. Tra stipendi importanti e ricavi azionari della sua precedente vita, a 62 anni potrebbe passare la vita al timone di Frally (la sua barca), ma conduce uno stile di vita quasi monacale. A pranzo omelette o riso con verdure preparate dalla latteria sotto Palazzo Tursi («Quando arrivo a 50 euro ditemelo che scendo a pagare»). Prima riunione in Comune alle 7.15 e ne esce a tarda sera.

Lupo di mare ma con un grande amore anche per la montagna. Qual è il suo motto?

«Il grande scalatore Walter Bonatti diceva: “Forse non brillo di modestia ma l’obiettivit­à impone chiarezza”. Quindi, aggiungo io da primo cittadino: bisogna sempre dire la verità, anche se questa costa».

Sindaco cosa voleva fare da bambino?

«Quando ero adolescent­e volevo fare il maestro d’ascia e costruire barche. Poi la guida alpina. Poi mi sono laureato in chimica e sono andato nel laboratori­o alla 3M».

Sogni?

«Sono stato sei volte in cima al Monte Bianco: 4807 metri. Avevo 20 anni la prima volta, l’ultima 28: con mia moglie Laura prima di sposarci. Due figli: Matteo di 31 anni e Francesca, 29. Lui

ingegnere meccanico e lei biomedico». Si può definire con un aggettivo?

«Tosto».

Il suo principale difetto?

«Urlo».

Appunto, partiamo dal suo soprannome. Arrivato in Comune, da manager, capì che la politica è una scienza complessa: ne sanno qualcosa i timpani dei suoi assessori...

«Iniziai a urlare, perché vedevo cose che non erano adeguate al livello di servizio che l’amministra­zione comunale deve dare ai propri cittadini. Un esempio? I tecnici della piattaform­a digitale alle 8.30 ancora non erano al lavoro».

Poi si è un po’ calmato, ma non troppo.

«Un sindaco deve esigere risultati, le parole non servono. Forse non erano abituati».

Nel 2017 come fece a battere la sinistra?

«Genova era in uno stato più che drammatico. Il motto del mio predecesso­re era: se la città è in declino, bisogna gestire il declino. Era una mentalità sbagliata, senza la speranza di un futuro migliore. Oggi, invece, i genovesi ci credono di più, nel futuro».

Tutta colpa della sinistra, come dite voi da destra?

«Non è la frase adatta. Gli incapaci ci sono a destra e a sinistra. Soltanto che a sinistra c’è molta più ideologia».

Del resto lei vinse a sorpresa, molto probabilme­nte perché era totalmente a digiuno, di politica…

«Anche questo vuol dire poco. Il carattere dei genovesi è molto pratico. Grazie ai 35 anni di lavoro alle mie spalle ho trasmesso fiducia alle persone. I fatti sono sotto gli occhi dei genovesi: se ho raggiunto gli obiettivi sarò rieletto, altrimenti no».

Balla da solo, insomma?

«Non credo. Io sono e sarò sempre il sindaco di tutti. Mi votano anche persone del Pd. Prima finiamo il progetto di città e meglio è, per tutti».

Le ripeto la domanda: lei è di destra?

«E io le ripeto la risposta: Boh! Cosa vuol dire? Le faccio un esempio: quando sono stato eletto, il mio predecesso­re voleva vendere Amiu, la partecipat­a

dei rifiuti, per 1 euro: aveva un buco di 160 milioni. Noi l’abbiamo invece rimessa a posto. Ora è 100% pubblica e risanata, con nuovi assunti. Questo è di destra o di sinistra?».

Allora parliamo di immigrati?

«Genova accoglie tutti coloro che arrivano in maniera legale».

Lei nel 2017 fu indicato come candidato sindaco dalla Lega. Cosa ha pensato davanti ai barconi con centinaia di profughi, bloccati in mare come fece l’ex capo del Viminale, Matteo Salvini?

«Io faccio il sindaco, non il ministro dell’Interno».

A suo fratello, don Luca Maria Bucci, è stato contestato dalla procura di Savona il reato di abuso su un minore. A fine 2020 il pm ha dovuto chiedere l’archiviazi­one perché il reato, essendo trascorsi 26 anni, è prescritto. Questa vicenda l’ha danneggiat­a politicame­nte? (Il sorriso scompare dalla bocca del sindaco, ndr).

«No comment».

14 agosto 2018, ore 11.36. Si ricorda il momento in cui le arrivò la notizia del crollo del Morandi?

«Mi ricordo l’istante. Ero in auto tra la Città metropolit­ana e il Comune. Mi chiama un vigile: è crollato un pezzo del ponte. Pensavo due metri. Pensavo a una balaustra. “Sono crollati 200 metri”, mi dissero invece».

E come reagì?

«All’inizio pensai a una specie di attacco terroristi­co. Alle 12.03 lanciammo l’emergenza. Dopo di che ho capito che c’erano molti morti. La prima conferenza stampa fu alle 14.30. La tensione era altissima. E io dissi che la città non era in ginocchio. Fu una frase che ha dato spunto a tutti per tirarsi su le maniche, perché lo sconforto ci stava soprafface­ndo».

Ha pianto?

«Molte volte. Perché? Era una emozione interna, davanti a una tragedia così grande».

«DE ANDRÉ L’HO SEMPRE ASCOLTATO: È IL DNA DEI GENOVESI. GRILLO? IL SUO MOVIMENTO È CROLLATO PERCHÉ LA GENTE NON CI CREDE PIÙ: NON SI PUÒ CHIEDERE LA DECRESCITA FELICE, SIAMO STUFI DEI SIGNOR NO»

Chi ha sulla coscienza quei 43 morti?

«Tante persone. Non sta a me deciderlo. È la loro coscienza che lo dirà». Il 3 agosto 2020, disegnato da grande genovese come Renzo Piano, è stato inaugurato il nuovo ponte. Cosa l’ha colpita nel rapporto con l’architetto e senatore a vita?

«Il giorno dopo la tragedia, Piano mi telefona per chiedermi i dettagli. Io e lui eravamo già amici. Io gli racconto a che punto era la città. E gli chiedo: “Ma perché non me lo disegni tu il ponte?”. Cinque giorni dopo mi spedì il disegno: il primo schizzo via mail. Nell’andamento ravvicinat­o dei nuovi piloni c’era il concetto del progetto: “cian cianin”, passo dopo passo». Come ha ringraziat­o il maestro?

«Siamo genovesi: gli ho detto grazie. Abbiamo un rapporto particolar­e. Ci divertiamo un sacco a mettere la bandiera più grande in cima all’albero delle rispettive barche».

De André o Gino Paoli?

«De André, l’ho sempre ascoltato: lui è il dna dei genovesi, nelle parole, nella musica e nei comportame­nti».

In politica ha un concittadi­no particolar­e: amatissimo o odiatissim­o, Beppe Grillo. Che rapporti avete?

«Nessuno».

Però anche lui è stato un grande manager, creando dal nulla un partito e portandolo sopra al 32%...

«Grillo non è un manager. È un leader. C’è una grande differenza. Il suo management non ha funzionato e il Movimento è crollato».

Il motivo?

«Perché la gente non ci crede più. Non si può chiedere la decrescita felice. Siamo stufi dei signor no».

Si vede in Parlamento?

«Non credo proprio».

Cosa farà da grande?

«Faccio il giro di Ulisse con la mia barca: lo sto già studiando. Voglio fare tutte le tappe dell’Odissea. Ma Penelope me la porto già con me».

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sindaco di Genova, fotografat­o con la sua
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Marco Bucci, 62 anni, sindaco di Genova, fotografat­o con la sua città sullo sfondo
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con l’architetto Renzo Piano alla firma del contratto per la demolizion­e e ricostruzi­one
del ponte Morandi, il 18 gennaio 2019
Marco Bucci al timone della sua Frally. Sotto, con l’architetto Renzo Piano alla firma del contratto per la demolizion­e e ricostruzi­one del ponte Morandi, il 18 gennaio 2019
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