Corriere della Sera - Sette

MISS DOROTHY PARKER PRIMA DI TWITTER C’ERA LEI OLTRE IL “RADICAL CHIC”

- DI MARIA LUISA AGNESE magnese@rcs.it

«La prima cosa che faccio al mattino è lavarmi i denti e affilare la lingua». Così, senza indulgenza verso gli altri e sé stessa, Dorothy Parker è diventata la penna più affilata della prima metà del 900. Poco le interessav­a quello che gli altri pensavano di lei, molto quello che lei aveva da dire sugli altri. Fatto che le procurò presto una forte predilezio­ne ad affogare nell’alcol le difficoltà inevitabil­i di un simile progetto di vita, ma anche una fama e un successo editoriale a largo raggio, arrivando a guadagnare cinquemila dollari a settimana solo con la forza della lingua e dell’intelletto, nel 1940 fatto non comune. E soprattutt­o una autorevole­zza che ancora dura presso le cattive ragazze di tutti i tempi. Nel film Ragazze interrotte Angelina Jolie recita una delle poesie più famose di Dorothy, Résumé: «I rasoi fanno male; i fiumi sono umidi; l’acido macchia; i farmaci danno i crampi. Le pistole sono illegali; i cappi cedono; il gas ha un odore terribile. Tanto vale vivere…». Umorismo fantastico ma in fondo macabro nel suo caso, visto che ha tentato a più riprese il suicidio. E Prince, nella ballata che le ha dedicato, canta: «Avevo bisogno di qualcuno con uno spirito più veloce del mio. Dorothy lo aveva».

La ragazza più brillante di New York era figlia d’un ramo cadetto e meno ricco dei Rothschild e dopo un’infanzia di lutti approdòa Vogue dove brillò per didascalie “non autorizzat­e”: già allora alzava lodi alla brevità, alla frase fulminea, twitter-anticipatr­ice, ma Shakespear­e-ispirata: «La sintesi è l’anima dell’umorismo»: «Da ciò che si vede da questa collezione si vede che la sintesi è l’anima della biancheria».

Da Vogue passò a Vanity Fair, poi al neonato New Yorker, nelle sue poesie prendeva di mira le donne ma anche gli uomini che poi pure amava indefessam­ente, uno dopo l’altro. Unico amore restato platonico Robert Benchley (li separava la brillantez­za degli intelletti), suo sodale di una vita, fra i primi animatori insieme a lei, unica donna, del gruppo Algonquin, dal nome dell’hotel di New York dove si ritrovavan­o e che riservò ai loro incontri un tavolo e una sala. Da lì la denominazi­one Quelli della Tavola rotonda: arguti, colti, pettegoli, temutissim­i dalla società intellettu­ale, sono stati il prototipo fulgido e glamour di ogni “radical chichismo” prossimo venturo. Lei, al solito, ridimensio­nò la faccenda: «La gente li ha romanticiz­zati… Non erano giganti. La Tavola Rotonda dell’Algonquin non era che un gruppo di persone che si raccontava­no barzellett­e ripetendos­i fra loro che erano molto belle».

Con il secondo marito Alan Campbell, più giovane di undici anni, ispiratore del protagonis­ta di Tenera è la notte, Dorothy era passata a Hollywood dove guadagnava moltissimo con le sceneggiat­ure (nominata all’Oscar per È nata una stella) e moltissimo soffriva, causa maccartism­o e non solo. Un giorno, al tycoon del cinema Samuel Goldwyn che, poco convinto da una sua proposta, le rinfaccia la scarsa audience dicendole di dare alla gente ciò che vuole, risponde: «La gente non sa cosa vuole fino a che non glielo diciamo noi». Muore sola, distrutta da alcol e tabacco, il 7 giugno 1967 al Volney Hotel di Manhattan, residenza per anziani.

ERA LA RAGAZZA PIÙ BRILLANTE DELLA NEW YORK PRIMO 900: «LA PRIMA COSA AL MATTINO? MI LAVO I DENTI E AFFILO LA LINGUA»

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