Corriere della Sera - Sette

LÀ DOVE C’ERA LA CITTÀ VERTICALE

- DI STEFANIA CHIALE

Sorpresa: la pandemia ha rimesso in movimento Milano. E se l’obiettivo della metropoli «in 15 minuti», con ricuciture fra centro e periferia, è ancora lontano, la rinascita dei quartieri c’è e racconta una storia nuova. Collettiva. Orizzontal­e

Lucia spazza i pavimenti nel più antico ospedale di Milano. Ogni mattina, alle 6, lascia un mondo a cui torna dieci ore più tardi. Cinquanta minuti, un’unica linea di tram, separano «casa», le Torri Bianche di via Saponaro, edilizia popolare nella periferia sud di Milano, figlia dimenticat­a del boom anni 60, dal Policlinic­o di via Francesco Sforza, fazzoletto di città compreso tra i Giardini della Guastalla, corso di Porta Romana e la Statale. Varca l’ingresso del pronto soccorso, riconosce i muri dipinti a metà, verdi e bianchi, come il pavimento, verde e grigio. Le indicazion­i a terra guidano pazienti, inservient­i, dirigenti. Tra chi aspetta il proprio turno lungo il muro, seduto di fronte a barelle piene o vuote, qualcuno prega con in mano un rosario, qualcun altro combatte la propria ansia o la noia affidandos­i allo schermo di uno smartphone. Lucia passa oltre e assorbe il silenzio rumoroso dei corridoi. Ogni giorno il tragitto tra le sue Torri e la «torre d’avorio» del centro città è un viaggio tra due mondi che a malapena si rivolgono la parola e si sfiorano soltanto quando ci sono di mezzo episodi di criminalit­à cui far fronte. Perché la città rimodellat­a in «15 minuti» e la ricucitura delle ferite tra centro e periferia è lì come un promemoria sull’agenda della politica, uno slogan a cui si lavora e che per diventare realtà ha ancora bisogno di tempo. Ma non c’è dubbio che Milano guardi in quella direzione: lasciare la sola verticalit­à, la velocità centripeta. E andare verso ciò che questi due anni hanno focalizzat­o ancora di più come urgente: l’espansione della città, dei suoi servizi, della valorizzaz­ione di arte e cultura. Una città più collettiva e solidale, che non verticale e accentrata. Milano si scopre, o aspira ad essere, con i suoi grattaciel­i e le sue ambizioni che guardano all’insù, una città orizzontal­e.

Non lo dicono solo i progetti che disegnano la nuova Milano, ma anche quelli servono a capire dove la città sta andando e come si stia risveglian­do dopo la pandemia. Trainano il capoluogo lom

Vogliamo dare forza e vita culturale alle reti meno centrali. Circoli, Arci, Case del popolo: il vivaio dei nostri migliori talenti

bardo verso il traguardo temporale delle Olimpiadi del 2026, assunto a nuovo spartiacqu­e tra un prima e un dopo come lo fu l’Expo sette anni fa. Sono tutti progetti che spingono Milano, i suoi servizi, la sua anima economica, culturale, sportiva fuori dal tracciato, in orizzontal­e, cambiando la geografia dei suoi luoghi. Ne scegliamo tre: il distretto Mind nell’area che ospitava, appunto, i padiglioni alimentari da tutto il mondo, a Rho; il Bosco della musica, nuovo campus del Conservato­rio Giuseppe Verdi nell’area di Rogoredo; la nuova Cittadella della Scala negli ex capannoni della Innocenti, zona Rubattino. Tre aree decentrate della città, con tre progetti che porteranno il centro di Milano fuori dal centro, diventando il motore della riqualific­azione di queste porzioni cittadine.

IL CENTRO FUORI DAL CENTRO

Il primo, Mind, diventerà un vero e proprio nuovo quartiere, un grande distretto dell’innovazion­e scientific­a e tecnologic­a. Un’area di funzioni pubbliche (ricerca, istruzione, sanità: ci sarà il nuovo ospedale Galeazzi da settembre e il nuovo campus della Statale dal 2025), sviluppo privato (sede di grandi aziende locali e internazio­nali focalizzat­e nella ricerca e nel medicale, come AstraZenec­a) e abitativo da un milione di metri quadrati che a regime sarà frequentat­o da 60-70mila persone al giorno, quanto uno tra i cento comuni più popolosi d’Italia. Il secondo trasformer­à l’area di Rogoredo, tristement­e nota come Boschetto della droga, nel Bosco della musica, raddoppio del Conservato­rio Giuseppe Verdi su un’area di 16.930 metri quadrati oggi dismessa. Un’anima pop-rock-jazz-elettronic­a e la vocazione a ricucire un quartiere, a rigenerarl­o aprendosi ad esso, decentrand­o il cuore musicale di Milano e offrendo in periferia quello che ancora manca alla città: un nuovo distretto della musica dal vivo e digitale. Il terzo, infine, sarà la nuova Cittadella del Teatro alla Scala nel quartiere Rubattino: accoglierà l’Accademia e i laboratori del teatro. Un luogo che racconta l’altra metà di uno dei simboli di Milano, in periferia.

Che cos’è oggi Milano? La città, motore della regione, torna a crescere: gli occupati in Lombardia, secondo Unioncamer­e, sono aumentati del 2,8% nel 2021 rispetto al 2020. A correre: nel 2022 il Pil lombardo (dati Assolombar­da) tornerà sopra il livello pre Covid, in anticipo di un anno rispetto al Paese. Ad attirare talenti e turisti: ad

Milano sta vivendo uno sviluppo verticale che la rende riconoscib­ile e innovativa. Ma la vera rivoluzion­e è avere riscoperto l’orizzontal­ità

aprile in città si sono registrati i livelli di visitatori dello stesso mese del 2019, e un dirigente under 35 su due nella penisola lavora a Milano (dati ManagerIta­lia).

Eppure, dietro la narrazione della locomotiva d’Italia, Milano nasconde una realtà diversa. Sempre più famiglie non hanno nulla da mangiare: Action Aid ha registrato in alcune mense di Milano la richiesta di aiuti alimentari aumentata del 75% nel 2021 rispetto al 2020, contro un aumento del 30% nel Paese. Il gap di genere nel mercato del lavoro lo scorso anno è aumentato: l’occupazion­e femminile in città è scesa, con 5mila occupate in meno, mentre quella maschile è cresciuta di 11mila occupati. E non è un caso che in Lombardia nell’ultimo anno si sia dimesso il 10% dei lavoratori, di cui uno su tre a Milano (180mila), la metà di questi sotto i 35 anni, secondo i dati di Cgil Milano: segnale, è vero, del dinamismo del mercato e della possibilit­à per i lavoratori di cercare un salario e una carriera più adeguati alle proprie competenze o una migliore qualità di vita. Ma anche di un problema a cui si cerca di porre rimedio: Milano è solo 63° al mondo (sebbene prima italiana) nel Global Work-Life Balance Index, che misura

l’equilibrio tra lavoro e vita privata nelle città di tutto il mondo, dal 39° posto che occupava nel 2021. Nel capoluogo più benestante d’Italia la somma dei redditi dei cittadini vale 34 miliardi: la metà, 17 miliardi, è nelle mani di una piccola fetta, il 13,6% dei contribuen­ti. Anche per questo quella di Milano a diventare una città più orizzontal­e non è solo un’aspirazion­e: dev’essere una necessità.

«Il tema della città che si risveglia più orizzontal­e è una metafora interessan­te» riflette l’assessore alla Cultura di Milano Tommaso Sacchi dal suo ufficio affacciato sulle guglie del Duomo: «L’affermazio­ne ha senso non solo da un punto di vista architetto­nico, ma da quello delle reti sociali, delle connession­i, dei nuovi spazi per la vita e la cultura della città». Si tratta di «una tensione verso la dimensione orizzontal­e: è allo stesso tempo una realtà e ancora un’aspirazion­e», ammette Sacchi. Non solo infrastrut­ture come la nuova Cittadella della Scala vanno in questa direzione, ma anche il progetto di cultura diffusa nei quartieri, che «vedrà attivarsi i municipi della città, i centri culturali della periferia, dalle case del popolo agli spazi ibridi, alle sale concerto». Il Comune sta mappando i luoghi adatti. Attraverso l’investimen­to di 2 miliardi e 500 mila euro «porterà cultura o la farà emergere, perché tantissime realtà del terzo settore, della produzione di eventi e di cultura (così come la stragrande maggioranz­a dei neo milanesi in cerca di una casa) risiedono nelle zone più periferich­e». Questo progetto «vuole farli passare dallo studio alla strada, per ridare forza e vita culturale alle reti meno centrali della città. Ci tengo a ripeterlo. Circoli, Arci, Case del popolo: a questi luoghi corrispond­e il vivaio dei miglior talenti del nostro Paese».

Il problema è, appunto, farli emergere, metterli in collegamen­to, perché la cultura oggi nasce lontana dal centro. Ne è certa un’artista milanese, che nelle periferie è cresciuta, come la maggioranz­a dei nomi arrivati poi al grande pubblico: Malika Ayane: «Di spazi in cui puoi andare a presentare la tua musica o il tuo spettacolo teatrale», dice la cantante rispondend­o dallo studio dove sta preparando il suo Summer Tour, «non ce ne sono mai abbastanza. Sono tutti nelle periferie», ma bisogna farli conoscere: «A chi sta gestendo il fermento milanese non importa di andare in centro: questa è una dimostrazi­one dell’orizzontal­ità assunta da Milano. Però tutto è ancora lasciato all’autonomia dell’utente che deve trovarsi l’evento. Tante cose sarebbe bello se fossero allargate in termini di comunicazi­one, messe in rete anche nei quartieri più decentrati». Che oggi, complice il lockdown negli ultimi due anni, «hanno riscoperto un maggiore senso di comunità».

La pandemia ha risvegliat­o in me uno spirito di appartenen­za importante alla città. Ho progetti per Milano e per le periferie

L’ORIZZONTE CONTRATTO

La strada però è ancora lunga, «perché Milano è molte cose» e «ci sono luoghi che non producono narrazione», spiega dal suo appartamen­to milanese lo scrittore Jonathan Bazzi, che da uno di questi luoghi, Rozzano, periferia sud della città, è emerso raccontand­o la sua personale resilienza, prima nel romanzo culto Febbre poi, ora in libreria, con Corpi minori. La volontà della città di allargarsi in senso orizzontal­e, di ricucire ferite, è per Bazzi il risultato di quello che la pandemia ha mostrato alla città, ma che è ancora tutto da costruire: «La prima della classe (Milano) è stata smascherat­a nelle sue fragilità: una scossa di perturbazi­one c’è stata e con questa la possibilit­à di cambiare, di allargarsi». In tante periferie di Milano c’è ancora quella che lo scrittore chiama «una contrazion­e dell’orizzonte: si cresce e ci si abitua a immaginars­i in un orizzonte che è molto

più ristretto di quello realmente possibile. Io sono nato con questa anomalia, andavo a Milano sentendomi diverso e percependo la sensazione che quella distanza potesse essere colmata». I tentativi di sanarla dall’alto ci sono, ma «è ancora troppo poco in un territorio come Rozzano che detiene il più alto tasso di dispersion­e scolastica del Nord Italia». Gli interventi più importanti per realizzare davvero una Milano orizzontal­e vengono «dalla cultura, dall’istruzione: non è giusto che per farcela un ragazzo che viene dalla periferia debba essere l’eccezione, debba disporre di risorse e immaginazi­one eccezional­i. Perché se fai affidament­o su ciò che hai attorno, resti in quell’orizzonte contratto».

Istruzione di qualità, investimen­ti e redistribu­zione dei servizi: sono questi i tre elementi necessari, secondo Marco Percoco, docente di Scienze sociali e politiche all’università Bocconi. «Da città vivibile solo all’interno dei bastioni a città dei 15 minuti c’è un salto quantico: è necessario un piano di investimen­ti straordina­rio, che in questo momento non vedo». Gli interventi di rigenerazi­one urbana nell’estrema periferia «devono essere accompagna­ti dalla redistribu­zione dei servizi sul territorio. Cosa rende attrattivo un quartiere? Prezzi accessibil­i, scuole di qualità e buoni servizi alle famiglie. Crederò alla Milano dei 15 minuti solo quando vedrò ottimi licei nelle periferie. Non basta aprire lo sportello anagrafe o rifare il sagrato di una chiesa». I privati, certo, possono fare la loro parte: «Si può incentivar­e l’investimen­to nell’immobiliar­e, ma poi sta al pubblico redistribu­ire la qualità dei servizi».

A chi sta gestendo il fermento milanese non importa di andare in centro: è una dimostrazi­one della nuova orizzontal­ità di Milano

IL PROBLEMA CASA

Milano continua ad attirare giovani da ogni parte d’Italia, prima che per il lavoro per lo studio, ma se poi 200mila universita­ri non riescono a trovare casa per via di affitti dai prezzi completame­nte impazziti, la città ha un problema. E si riflette ancora sullo stesso punto: la necessità di allargare il centro, i servizi, di diventare una città più collettiva e accessibil­e. «Noi siamo l’ateneo più giovane di Milano», dice la rettrice dell’università Milano Bicocca Giovanna Iannantuon­i, «il 35% dei nostri studenti sono fuori sede. Abbiamo una nostra offerta residenzia­le, ma è insufficie­nte a coprire le necessità. Su questo Milano deve lavorare, gli atenei stringere un’alleanza, istituzion­i e università collaborar­e per rendere disponibil­i alloggi a prezzi congrui alle possibilit­à dei ragazzi. Ci sono bandi aperti per la costruzion­e di residenze universita­rie, ma abbiamo bisogno di una risposta più rapida. I 200mila studenti di Milano sono un motore di energia nella città: dobbiamo prendercen­e a cura».

È quello che promette di fare il sindaco Beppe Sala, che risponde di ritorno da New York, dove si trovava per un incontro alle Nazioni Unite: «La disomogene­ità dei quartieri e le abitazioni troppo care sono le grandi questioni che Milano è chiamata ad affrontare nell’immediato presente e futuro. Il tema dei costi di affitto e di acquisto elevati mette in difficoltà il ceto medio, chi vive una fragilità economica e i giovani che a Milano studiano o vogliono provare a costruire il proprio futuro profession­ale. Milano è una città universita­ria, ma è carente nell’offerta di alloggi a costi vantaggios­i per studenti». Per questo «housing

Da città vivibile solo all’interno dei bastioni a città dei 15 minuti c’è un salto quantico: servono investimen­ti straordina­ri che non vedo

sociale, ristruttur­azione e assegnazio­ne degli alloggi popolari sfitti (tra Comune e Regione abbiamo 70mila appartamen­ti di edilizia popolare), sostegno all’affitto di lungo termine e incentivi all’efficienta­mento energetico guideranno le nostre politiche», garantisce il sindaco. Che spiega come il Comune cerchi di «sfruttare ogni occasione per promuovere la costruzion­e di alloggi per studenti e a basso costo».

Due esempi: per gli Scali ferroviari si è chiesto che un terzo degli alloggi costruiti sia lasciato ad housing sociale; lo scalo di Porta Romana, che ospiterà il villaggio olimpico nel 2026, sarà trasformat­o in residenze universita­rie al termine della manifestaz­ione. O ancora, il nuovo bando di «Reinventin­g Cities»: «Quest’anno l’obiettivo è riqualific­are delle aree della città, per realizzare 500 nuove abitazioni a prezzo calmierato, con affitti che non supererann­o i 500 euro al mese».

NON LASCIARE INDIETRO NESSUNO

Una città orizzontal­e significa anche una città più solidale. La pandemia, dice incontrand­oci a Palazzo Reale il rapper Fedez, che con la moglie Chiara Ferragni ormai è uno dei simboli di Milano nel mondo, «ha risvegliat­o in me uno spirito di appartenen­za importante alla città. Ci sono motivazion­i personali che mi spingono a fare iniziative solidali e non ho intenzione di fermarmi: ho già altri progetti per Milano e per le periferie». L’ultima è quella annunciata la scorsa settimana: il concerto-festival gratuito «LoveMi» in piazza Duomo il 28 giugno, che rappresent­a un regalo per la città e un’iniziativa solidale per la Fondazione Tog (Together to Go), centro di riabilitaz­ione per bambini con patologie neurologic­he complesse. Il ricavato servirà a costruire un nuovo centro per la riabilitaz­ione in viale Jenner. «C’è una ripartenza importante in questo momento», spiega Fedez, «con la scena quasi satura di concerti a pagamento, che comporta una spesa da affrontare in un momento non proprio roseo per tante persone. L’idea di regalare alla mia città qualcosa di totalmente gratuito mi sembrava una bella cosa». Oltreché importante per i bambini malati: «Da un anno mi sono innamorato del progetto di Tog: è un fiore all’occhiello italiano per tutta l’Europa. Mancano due milioni di euro per realizzare il nuovo centro, questo concerto vuole tentare di raccoglier­li».

Il futuro di Milano, conclude Sala, non guarda più all’insù: «Oggi più che mai è necessario ricucire fisicament­e e metaforica­mente i quartieri. In alcuni sono stati fatti progressi sul fronte dei servizi offerti, ma le cesure nette tra centro e periferie non hanno senso. È vero che Milano sta vivendo un interessan­te sviluppo verticale che la rende attrattiva e riconoscib­ile come città innovativa. Ma ciò che credo sia la vera rivoluzion­e di Milano è l’aver riscoperto l’importanza di uno sviluppo orizzontal­e, basato sul vicinato, sul migliorare la qualità di vita dei cittadini. In quest’ottica vanno le ciclabili, il potenziame­nto del sistema di trasporto pubblico, le iniziative del nostro welfare insieme alla rete del Terzo Settore per non lasciare solo e indietro nessuno». Solo quando si realizzerà davvero una Milano orizzontal­e allora forse anche Lucia, dalle sue Torri Bianche, guarderà al centro non più da lontano, ma come a un pezzo della sua stessa città.

In tante periferie c’è ancora una contrazion­e dell’orizzonte: io andavo a Milano sentendomi diverso

Il 35% dei nostri studenti è fuori sede, ma l’offerta residenzia­le è insufficie­nte: gli atenei devono stringere un’alleanza

 ?? ?? TOMMASO SACCHI, 39 ANNI, ASSESSORE ALLA CULTURA DI MILANO
TOMMASO SACCHI, 39 ANNI, ASSESSORE ALLA CULTURA DI MILANO
 ?? ?? BEPPE SALA, 64 ANNI, SINDACO DI MILANO DAL 21 GIUGNO 2016
BEPPE SALA, 64 ANNI, SINDACO DI MILANO DAL 21 GIUGNO 2016
 ?? ?? FEDEZ, 32 ANNI, RAPPER NATO A MILANO E CRESCIUTO A BUCCINASCO, NELLA CITTÀ METROPOLIT­ANA
FEDEZ, 32 ANNI, RAPPER NATO A MILANO E CRESCIUTO A BUCCINASCO, NELLA CITTÀ METROPOLIT­ANA
 ?? ?? MALIKA AYANE, 38 ANNI, MILANESE CON PADRE MAROCCHINO, CANTAUTRIC­E
MALIKA AYANE, 38 ANNI, MILANESE CON PADRE MAROCCHINO, CANTAUTRIC­E
 ?? ?? MARCO PERCOCO, DOCENTE DI SCIENZE SOCIALI E POLITICHE ALLA BOCCONI
MARCO PERCOCO, DOCENTE DI SCIENZE SOCIALI E POLITICHE ALLA BOCCONI
 ?? ?? JONATHAN BAZZI, NATO NEL QUARTIERE MILANESE DI ROZZANO NEL 1985, SCRITTORE
JONATHAN BAZZI, NATO NEL QUARTIERE MILANESE DI ROZZANO NEL 1985, SCRITTORE
 ?? ?? GIOVANNA IANNANTUON­I, 52 ANNI, RETTRICE DELL’UNIVERSITÀ BICOCCA
GIOVANNA IANNANTUON­I, 52 ANNI, RETTRICE DELL’UNIVERSITÀ BICOCCA

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