IBRA, LA BANDIERA PIÙ
L’uomo che viene, vede, vince e poi riparte per altre destinazioni, questa volta ha saputo creare una simbiosi con il Milan e con il suo popolo. E si è fatto carico della parte emotiva di una risalita lunga due anni, trascinando la squadra. Storia di un ex cattivo ragazzo diventato un maestro zen di etica del sacrificio e dell’appartenenza
Forse è la famosa linea d’ombra. Quel momento che annuncia un cambiamento di stagione nell’esistenza di una persona, che ti fa sentire così tanto una squadra, una missione, come uno sente di più la vita mentre gli sembra di perderla. Ventuno marzo 2021, Fiorentina-Milan 2-3. A 39 anni e 169 giorni, Zlatan Ibrahimovic diventa il giocatore più anziano a segnare quindici gol nel campionato di serie A. Appena finita la partita, è la prima cosa che gli dicono gli intervistatori di bordocampo, pensando di farlo felice.
La sua reazione è invece di segno opposto, quasi come fosse risentito, una Gloria Swanson alla quale è stata fatta notare la sua età, una grande attrice consapevole di essere sul viale del tramonto ma che ne rifiuta la sola evocazione. «Non è un record che mi piace». La battuta seguente, «allora smetto di fare gol», è la sola concessione da consumato uomo di spettacolo alle regole del Truman show che sta vivendo da quando è ritornato a Milano, tutto Ibra minuto per minuto, inseguito dalle telecamere, osannato, vezzeggiato, criticato di nascosto, mai in presenza, per via di quel dato anagrafico che rivelerebbe la debolezza sua e di chi lo ha chiamato dall’esilio americano.
Adesso facciamo scorrere il nastro in avanti. Fino ad oggi, al più improbabile degli scudetti di una squadra giovanissima che era una promessa di futuro e si è trovata ad anticiparlo, a vincere nel presente. Non solo grazie al gentile harakiri dell’altra squadra di Milano, ma anche perché il tempo a disposizione della guida spirituale svedese, dell’uomo che ha spiegato a un gruppo di ragazzi talentuosi e teneri le regole della durezza necessarie a vincere, sta per finire. Non può più attendere un anno, non poteva più aspettare neppure un mese, una settimana. Qui, e ora. Non domani.
Gli amori con la data di scadenza sono spesso i più belli, i più intensi, i più sofferti. Il Milan è davvero l’Ultima Thule di un campione giramondo, la terra estrema di un giocatore che in precedenza aveva sempre fatto del suo essere mercenario un motivo d’orgoglio, l’uomo che viene, vede, vince e poi riparte per altre destinazioni, che insieme al suo Sancho Panza, il discusso procuratore sportivo Mino Raiola scomparso di recente, decide di beneficiare quella terra con la sua presenza, in cambio di sempre più lauti compensi. Nel crepuscolo c’è la luce più bella, diceva una vecchia poesia. Ma ogni storia deve avere un inizio, e questa che tenta di raccontare la nascita della più improbabile bandiera di sempre, l’ha cominciata lui.