IL RIDER HA FATTO STRADA INSEGUIVA E. T. SULLA BMX E ORA TUTTI SANNO CHI È
IL RIDER ALTO E RUMOROSO. Per curiosità: come avete letto la prima parola? Ve lo domando, perché qualche giorno fa a me è capitato – scorrendo un po’ soprappensiero una pagina dello Zibaldone leopardiano – di leggere «raider». Già, con la pronuncia all’inglese. Il rider letterario distrattamente (istintivamente?) scambiato con quel rider di cui si legge e si sente sempre più spesso negli ultimi anni: la persona che porta il cibo a domicilio dai ristoranti. Una specializzazione che la parola ha preso recentemente in italiano, partendo da un significato più ampio riferito in inglese a chiunque cavalchi un cavallo, una motocicletta o una bicicletta. Non più – insomma – l’Easy rider del film di Dennis Hopper o i Riders on the Storm della canzone dei Doors, ma appunto quelli che in italiano sono stati chiamati anche ciclofattorini. «La prima assemblea nazionale dei riders, i “ciclofattorini” che lavorano per le piattaforme digitali di consegna del cibo a domicilio», come raccontava l’Ansa, si è tenuta a Bologna il 15 aprile 2018. Ma l’attività – e dunque le due rispettive parole – esistevano già da qualche anno: di ciclo-fattorino, in particolare, si ha notizia almeno dal 2014. Rider, invece, ha avuto anche in italiano molte vite diverse. Negli Anni 80 del secolo scorso, ad esempio, era usata soprattutto nel gergo giovanile per indicare gli acrobatici ciclisti delle Bmx: quelle biciclette che si vedono prendere il volo nel film E.T . Poi, dagli anni Novanta, gli spericolati domatori delle tavole da neve: «I rider (come si chiamano gli snowboardisti fra di loro) si dividono in diverse tribù», spiega un numero di Panorama del 2000.
Lolliamoci sopra...
Lì per lì, quando mi sono accorto del lapsus ,miè venuto – non poteva che essere così – da ridere. Anzi: potrei forse dire «da riderissimo», anche se magari suona già fuori moda. Era il 2011, quando Stefano Bartezzaghi nel suo libro Come dire, riprendeva alcuni esempi di astruso linguaggio medico e a proposito di uno commentava: «fa riderissimo, come si dice oggi». La prima documentazione che mi è riuscito di trovare è in un forum in cui si condividevano «Vignette lol» e risale al 2004: «ahahaha! a me fa riderissimo la prima». Così, dopo i superlativi degli avverbi (a postissimo, d’accordissimo) e dei nomi (da amicissimo a campionissimo, canzonissima, scontissimi), compresi i nomi di persona (la Wandissima Orfei, il Faustissimo Coppi), siamo arrivati al superlativo di un verbo. Il superlativo di amare, si intitolava pochi anni fa un romanzo di Sergio Garufi, alludendo probabilmente all’amarissimo che subito evoca un altro sapore. «L’amarissimo che fa benissimo», recitava in effetti il vecchio slogan di un liquore. Nello stesso 2004, d’altra parte, è segnalato il primo esempio di lollissimo: il superlativo, stavolta, di una sigla. Proprio quel Lol di cui sopra, che sintetizza l’inglese laughing out loud. Ovvero quel «rider alto e rumoroso» da cui siamo partiti; che peraltro da qualche tempo coincide con l’italianissimo verbo lollare. Non mi stupirei se a questo punto anche voi decideste di sottoscrivere il commento lasciato in un forum d’informatica il 28 maggio 2002: «Non so come prendere il tuo intervento... se lollare o piangere!».
PRIMA DELLA PANDEMIA ERA UN INFINITO POETICO, ORA È DIVENTATO IL FAMILIARE CICLO-FATTORINO