IN GIRO PER ROMA SU UN PIEDE SOLO
POCO FAST, MOLTO FURIOUS CON STAMPELLE E DISPERAZIONE
Ho avuto la fortuna di girare per un mese con le stampelle, anzi, con i bastoni canadesi, come si chiamano adesso. Pur non portando i tacchi, mi si è “girato” un piede camminando, con frattura del V metatarso. Piccolo incidente, ma lungo decorso.
Dico che ho avuto «la fortuna» perché in fin dei conti è un privilegio poter vedere il mondo per qualche giorno con gli occhi di chi non possiede tutte le abilità necessarie a viverlo così come è stato costruito e organizzato da chi invece ce le ha. Soprattutto se la città in cui abiti è Roma, tocchi con mano l’irresponsabile leggerezza con cui sottoponiamo i nostri simili più sfortunati, o semplicemente più anziani e deboli, a una fatica del vivere incivile, di cui dovremmo vergognarci.
Un’ultima e gratuita barriera architettonica è comparsa di recente tra le torture metropolitane per chi si sposta con fatica, su una sedia a rotelle, con un deambulatore, con un gesso o con un tutore, o anche soltanto con un bastone, portando un passeggino, trascinando un carrello della spesa: è il muro di monopattini elettrici abbandonati alla fine di un marciapiede. Spesso anzi è un letto, più che un muro, perché sono stesi in terra, il che aumenta considerevolmente la superficie occupata. Tenete presente che nella capitale, specialmente in centro, la fine del marciapiede è l’unico accesso possibile del pedone alla strada, perché le auto parcheggiate fitte fitte per tutta la lunghezza, i tavolini dei dehors che con il Covid hanno invaso i residui spazi pubblici, i sacchi dell’immondizia che tracimano dai contenitori pieni, rendono impossibile scenderne prima di giungere allo stretto imbuto terminale che un tempo era lasciato libero, talvolta persino con lo scivolo per i disabili. Così tu ti avventuri per cento metri, sperando di arrivare al guado, e una volta lì devi invece tornare indietro per cercare un’altra uscita qualsiasi, strizzandoti tra due auto o chiedendo all’avventore del bar di spostare un attimo la sedia per lasciarti passare. E questo senza contare l’asfalto sconnesso, le buche e l’occasionale cinghiale, ormai entrato a far parte a pieno titolo della fauna cittadina.
Come se non bastasse, ci si mettono anche gli esseri umani. Qualche giorno fa mi sono inerpicato fiducioso con i mei bastoni canadesi sul colle del Campidoglio, per scavallarlo e passare dalla parte opposta dove avevo un appuntamento. Ma arrivato in cima, e proprio mentre stavo per imboccare la discesa, un vigile poco urbano mi ha fermato. Non si passa. E perché, chiedo io, non potevate avvisare con un cartello che la strada è chiusa, così me ne risparmiavo metà? Ma come, non lo sa? mi ha risposto lui: è su tutti i giornali, stanno girando Fast & Furious.
Così, un passo alla volta, sotto un sole cocente, sono ridisceso dal colle e ho dovuto intraprendere un lungo e zoppicante giro, quaranta minuti a piedi, anzi su un solo piede. Non sono stato molto fast, ma vi posso garantire che ero furious.
HO TOCCATO CON MANO LA FATICA DI VIVERE DEI NOSTRI SIMILI PIÙ SFORTUNATI. I MONOPATTINI ELETTRICI UN MURO INSORMONTABILE