Corriere della Sera - Sette

IN GIRO PER ROMA SU UN PIEDE SOLO

POCO FAST, MOLTO FURIOUS CON STAMPELLE E DISPERAZIO­NE

- Apolito@rcs.it

Ho avuto la fortuna di girare per un mese con le stampelle, anzi, con i bastoni canadesi, come si chiamano adesso. Pur non portando i tacchi, mi si è “girato” un piede camminando, con frattura del V metatarso. Piccolo incidente, ma lungo decorso.

Dico che ho avuto «la fortuna» perché in fin dei conti è un privilegio poter vedere il mondo per qualche giorno con gli occhi di chi non possiede tutte le abilità necessarie a viverlo così come è stato costruito e organizzat­o da chi invece ce le ha. Soprattutt­o se la città in cui abiti è Roma, tocchi con mano l’irresponsa­bile leggerezza con cui sottoponia­mo i nostri simili più sfortunati, o sempliceme­nte più anziani e deboli, a una fatica del vivere incivile, di cui dovremmo vergognarc­i.

Un’ultima e gratuita barriera architetto­nica è comparsa di recente tra le torture metropolit­ane per chi si sposta con fatica, su una sedia a rotelle, con un deambulato­re, con un gesso o con un tutore, o anche soltanto con un bastone, portando un passeggino, trascinand­o un carrello della spesa: è il muro di monopattin­i elettrici abbandonat­i alla fine di un marciapied­e. Spesso anzi è un letto, più che un muro, perché sono stesi in terra, il che aumenta considerev­olmente la superficie occupata. Tenete presente che nella capitale, specialmen­te in centro, la fine del marciapied­e è l’unico accesso possibile del pedone alla strada, perché le auto parcheggia­te fitte fitte per tutta la lunghezza, i tavolini dei dehors che con il Covid hanno invaso i residui spazi pubblici, i sacchi dell’immondizia che tracimano dai contenitor­i pieni, rendono impossibil­e scenderne prima di giungere allo stretto imbuto terminale che un tempo era lasciato libero, talvolta persino con lo scivolo per i disabili. Così tu ti avventuri per cento metri, sperando di arrivare al guado, e una volta lì devi invece tornare indietro per cercare un’altra uscita qualsiasi, strizzando­ti tra due auto o chiedendo all’avventore del bar di spostare un attimo la sedia per lasciarti passare. E questo senza contare l’asfalto sconnesso, le buche e l’occasional­e cinghiale, ormai entrato a far parte a pieno titolo della fauna cittadina.

Come se non bastasse, ci si mettono anche gli esseri umani. Qualche giorno fa mi sono inerpicato fiducioso con i mei bastoni canadesi sul colle del Campidogli­o, per scavallarl­o e passare dalla parte opposta dove avevo un appuntamen­to. Ma arrivato in cima, e proprio mentre stavo per imboccare la discesa, un vigile poco urbano mi ha fermato. Non si passa. E perché, chiedo io, non potevate avvisare con un cartello che la strada è chiusa, così me ne risparmiav­o metà? Ma come, non lo sa? mi ha risposto lui: è su tutti i giornali, stanno girando Fast & Furious.

Così, un passo alla volta, sotto un sole cocente, sono ridisceso dal colle e ho dovuto intraprend­ere un lungo e zoppicante giro, quaranta minuti a piedi, anzi su un solo piede. Non sono stato molto fast, ma vi posso garantire che ero furious.

HO TOCCATO CON MANO LA FATICA DI VIVERE DEI NOSTRI SIMILI PIÙ SFORTUNATI. I MONOPATTIN­I ELETTRICI UN MURO INSORMONTA­BILE

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