Corriere della Sera - Sette

PROMETEO, ZEUS E IL FUOCO DELLA TECNICA (RUBATO) PLATONE COMPLETÒ IL MITO

- DI MAURO BONAZZI

Prometeo, alla lettera colui che capiva prima (pro-manthanei), il titano che amava gli esseri umani e che per loro era pronto a tutto. Persino ad andare contro gli dèi dell’Olimpo, i nuovi padroni del cielo. Non sempre è una buona idea.

Lo aveva fatto una prima volta a Mekone quando aveva cercato di rifilare a Zeus le parti peggiori d’un bue appena sacrificat­o. Zeus ci era cascato, o forse aveva fatto finta di cascarci: chissà, l’inganno non era dei più brillanti. Sta di fatto che da quel momento i banchetti tra uomini e dèi terminaron­o. Poi era precipitat­o tutto. Entrato di nascosto nelle dimore del re degli dèi, aveva rubato il fuoco, con cui nascono la metallurgi­a e ogni altra tecnica, facendone dono agli uomini. Bisognava aiutarli, ora che erano soli (e forse era proprio per questo, per allontanar­li dagli dèi, che Prometeo aveva ordito l’inganno delle carni: era tempo che gli uomini capissero chi erano e cosa potevano). La rabbia di Zeus era stata incontenib­ile, e la punizione spietata. Aveva comandato a Efesto di incatenarl­o a una rupe sul Caucaso, dove un’aquila gli avrebbe roso ogni giorno il fegato, che di notte si ricreava. Così, per sempre. Per gli uomini aveva invece riservato un trattament­o più subdolo: aveva chiesto al solito Efesto di modellare una bella figura di vergine, ad Atena di insegnarle l’arte della tessitura, ad Afrodite di infonderle fascino e bellezza. Così nacque Pandora, la prima donna, la madre di ogni male: «Da lei è la stirpe nefasta e la razza delle donne / che, sciagura per i mortali, tra gli uomini hanno dimora» (Esiodo, Teogonia).

Ai Greci questo mito piaceva ed amavano raccontars­elo, cercando di decifrarne il mistero. In effetti racconta qualcosa di noi, come aveva compreso anche Friedrich Nietzsche. Nella Nascita della tragedia, Prometeo occupa un posto di rilievo, perché il suo è il mito fondatore che rivela chi sono i Greci. Da una parte c’è Prometeo, l’ariano; dall’altra Adamo, il semita. Prometeo è il mito ariano, di chi non accetta quello che il destino ha previsto e passa all’azione, pronto alla sfida. Ignari di Adamo, anche i Greci avevano visto qualcosa di simile nelle sue vicende. Non era più tempo di cedere al pessimismo, vivendo con lo sguardo rivolto al passato, nel rimpianto di un paradiso perduto. Si trattava invece di prendere atto che la storia della civiltà umana è una storia di progresso, da origini oscure verso un futuro sempre più promettent­e. Cosa ha favorito questo progresso? Cosa ha permesso agli esseri umani di uscire da una condizione di vita animalesca, costruendo un mondo umano, dando forma a una realtà indifferen­te o addirittur­a ostile? La

NIETZSCHE NE FECE IL MITO ARIANO DELL’UOMO CHE NON ACCETTA LE SCELTE DEL DESTINO E PASSA ALL’AZIONE PRONTO ALLA SFIDA

risposta è sempre la stessa: sono stati i progressi tecnici ad accompagna­re gli esseri umani nel loro viaggio. Ecco il dono di Prometeo, che aveva sfidato gli dèi, per aiutare gli uomini a diventare uomini, e magari addirittur­a a prendere il posto di Zeus.

Sono miti lontani. Ma raccontano una storia attuale, la storia dell’uomo che cerca di dominare il mondo circostant­e con l’ambizione della sua intelligen­za, grazie alle sue conoscenze e alla forza delle sue invenzioni. Il viaggio continua in effetti anche oggi, sempre più spettacola­re. Verso quale destinazio­ne? Aveva capito davvero tutto, Prometeo, colui che capisce prima?

La risposta si trova in una variazione, scherzosa ma solo fino a un certo punto, del mito. La racconta Platone, mettendola in bocca al sofista Protagora. Venuto il tempo della creazione gli dèi avevano affidato a Prometeo il compito di provvedere ogni essere vivente delle facoltà adeguate a sopravvive­re. Ma Prometeo, incauto, aveva lasciato il compito al fratello Epimeteo, «colui che capisce dopo». E infatti Epimeteo si era occupato con solerzia degli animali, ma si era dimenticat­o dell’uomo, che si trovava così nudo, disarmato, senza protezioni – incapace, insomma, di affrontare le sfide dell’esistenza. Per questo Prometeo aveva rubato il fuoco a Zeus. È la storia raccontata sopra – la potenza della tecnica che permette agli uomini di costruire un mondo umano in cui prosperare –, che però lasciava aperti ancora molti interrogat­ivi. Grazie alla tecnica gli uomini erano riusciti ad avere la meglio sulla natura e sugli animali. Ma non riuscivano a stare insieme, «perché si commetteva­no ingiustizi­a gli uni contro gli altri». Avevano la tecnica, ma la tecnica non gli aveva insegnato nulla sulla giustizia, e sul male o sul bene. Come potevano vivere insieme, allora? Zeus era dovuto intervenir­e, comandando a Ermes di portare giustizia e vergogna tra gli uomini. Tutti ne avrebbero dovuto partecipar­e, perché senza la città non sarebbe sopravviss­uta. Anche questa variante platonica non manca di una sua attualità. Inutile attendersi la salvezza dall’esterno, con qualche intervento provvidenz­iale. Potente quanto si vuole, la tecnica non risolverà i nostri problemi, senza l’aiuto della politica, l’arte di stare insieme con giustizia. È su di noi, tutti insieme, che ricade il compito di decidere cosa vorremo fare di noi stessi.

PLATONE NOTÒ CHE CONOSCENZE E INVENZIONI NON RISOLVONO I PROBLEMI UMANI SENZA L’AIUTO DELLA POLITICA

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