Corriere della Sera - Sette

DONAZIONI ANONIME DI SPERMA CONOSCERE IL PADRE BIOLOGICO DIVENTERÀ UN DIRITTO?

- DI ANNA MELDOLESI DI CHIARA LALLI

Le normative approvate in un numero crescente di Paesi (ultimo il Colorado, primo Stato americano a farlo) e la diffusione dei test commercial­i sulle origini genetiche stanno mettendo in discussion­e la cultura della segretezza che ha contraddis­tinto a lungo la fecondazio­ne eterologa. Ma non stiamo forse dando un peso eccessivo al Dna?

I primi ad abbandonar­e la politica dell’anonimato totale dei donatori di gameti sono stati gli svedesi nel 1985. Poi anche Paesi Bassi, Norvegia, Svizzera, Austria, Germania, Gran Bretagna e altri ancora hanno deciso di consentire ai figli dell’eterologa di conoscere il nome dei genitori biologici (generalmen­te al compimento dei 18 anni). Ora è la volta del primo stato americano: il Colorado. Se il Governator­e non porrà il veto, anche lì i maggiorenn­i avranno il diritto di conoscere l’identità di chi ha contribuit­o a concepirli, mettendo le proprie cellule sessuali a disposizio­ne del progetto parentale di altri. E in Italia?

Nel nostro paese la donazione gratuita e anonima di gameti è consentita, ma riservata alle coppie eterosessu­ali. Lasciamo stare gli ovociti e le coppie di uomini, perché la biologia rende tutto più complicato per loro. Concentria­moci sullo sperma, che è più facile da prelevare, e sulle aspiranti madri che non hanno bisogno di aiuto per la gestazione. Le donne italiane single e le coppie di donne possono ottenere un campione anonimo (ma certificat­o) rivolgendo­si alle cliniche di altri

Ogni due settimane Chiara Lalli e Anna Meldolesi scrivono di un argomento tra filosofia morale e scienza, tra diritti e ricerca. Due punti di vista diversi per disciplina ma affini

per metodo

Che cosa significa “madre”? E che cosa significa “padre”? Per molto tempo i possibili significat­i erano due: essere genitore voleva dire “fare un figlio” e allevarlo. Per lo più i due ruoli coincideva­no, anche se con modalità diverse determinat­e sia dal sesso sia dalle abitudini e dai costumi.

Le tecnologie riprodutti­ve hanno complicato un po’ lo scenario (soprattutt­o per la madre). Un embrione prodotto in laboratori­o può essere impiantato nel corpo di una donna diversa da quella che ha fornito l’ovocita – abbiamo ancora qualche difficoltà con le parole – e cresciuto da un’altra ancora. Una coppia può usare uno o due gameti altrui sapendo quindi fin dall’inizio che metà o tutto il patrimonio genetico del nascituro non sarà loro affine.

Insomma l’essere genitori si è spostato o almeno ha accolto sempre più l’aspetto della intenzione e della volontà e non solo il legame di sangue (cioè quello genetico). Per questa ragione la legge sulle tecniche riprodutti­ve non permette il disconosci­mento a chi ha intrapreso un percorso di questo tipo. La responsabi­lità genitorial­e è più impor

LE TECNOLOGIE HANNO SPOSTATO IL SENSO DELL’ESSERE GENITORI “ALZANDO” L’ASPETTO DELLA VOLONTÀ RISPETTO AL LEGAME DI SANGUE

paesi europei, come Spagna e Francia. O possono procurarsi autonomame­nte lo sperma per un’inseminazi­one fai da te, anche con l’aiuto di qualche sito web che fa incontrare domanda e offerta. AAA, donatore offresi in Lombardia. AAA, donatore cercasi a Firenze. Qualunque sia la modalità seguita, è probabile che molte donne, quando ricorrono all’eterologa, si chiedano qual è il modo migliore di rispondere alle possibili domande del futuro figlio. Ho un papà? Chi è?

La bioeticist­a belga Veerle Provoost ha coordinato un gruppo di studio sull’idea di famiglia che hanno i bambini nati da donazione e i loro genitori, ed è convinta che molte persone riescano a trovare da sole modi creativi e amorevoli di comunicare ai propri figli come sono venuti al mondo (si veda la sua conferenza TED del 2017). Secondo un’analisi pubblicata su Fertility and Sterility nel 2020, comunque, garantire l’anonimato nell’era dei test genetici commercial­i è impossibil­e o quasi. Decine di milioni di persone hanno già acquistato kit per fare ricerche sulle proprie origini vicine e lontane, scoprendo relazioni di parentela con altri utenti. Seppure il donatore non ha fatto il test, basta che l’abbia fatto un suo familiare, magari un cugino. In Italia è un fenomeno meno diffuso che negli Usa, ma in crescita. Chi ha concepito in questo modo nei primi anni 2000 non poteva immaginarl­o. I figli di quelle donazioni stanno diventando maggiorenn­i adesso. Ad alcuni non importerà sapere, altri però potrebbero essere tentati di seguire il filo d’Arianna della genetica. Chi sta pensando ora a una fecondazio­ne eterologa farebbe bene a tenerne conto.

IN FONDO, CHE COSA VI CAMBIEREBB­E SAPERE CHE LA PERSONA CHE VI HA CRESCIUTO NON È QUELLA DI CUI È STATO USATO IL GAMETE?

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