Corriere della Sera - Sette

NON DIFFIDATE DALLE MA DELLE IMITAZIONI O SI CAMBIA SENSO AL VERBO

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Vero è che, in fatto di lingua, le abitudini prendono il sopravvent­o sulla correttezz­a, ma io continuo a trovare che si debba diffidare di qualcuno o di qualcosa, non da. Ogni volta che leggo «diffidate dalle imitazioni», mi viene piuttosto da diffidare dell’estensore del messaggio. Sono io a sbagliare? È BELLO CHE QUESTA PAGINA sia ormai diventata un luogo di incroci e di incontri. E infatti questa domanda mi è stata girata da Beppe Severgnini, a cui il messaggio era stato originaria­mente rivolto nel suo blog Italians: grazie Beppe. Ad Alessandro posso rispondere che sicurament­e non è lui a sbagliare, ma la confusione nasce dal fatto che esistono due usi distinti del verbo diffidare. Il primo è quello a cui fa riferiment­o la sua domanda: diffidare nel senso di non fidarsi, dubitare, sospettare. In questo significat­o (il più antico, attestato già in Dante) il verbo si usa come intransiti­vo ed è accompagna­to dalla preposizio­ne di: proprio come nel caso dei sinonimi appena indicati. Tra gli esempi fatti dal vocabolari­o Treccani ci sono frasi come «è così sospettoso che diffida di tutto e di tutti», «diffido delle sue parole, delle sue promesse», «ho sempre diffidato delle persone che non guardano in faccia». La diffidenza verso chi dice o scrive diversamen­te, insomma, è più che giustifica­ta. Eppure, consultand­o l’oracolo di Google si trovano 46.700 risultati per il corretto «diffidate delle imitazioni» e 297.000 risultati per «diffidate dalle imitazioni».

Diada

La frequenza con cui anche in questi contesti appare il costrutto con da si dovrà alla confusione con l’altro uso del verbo. Diffidare, infatti, può essere usato anche con un altro significat­o: quello (più moderno, documentat­o soprattutt­o a partire dal 700) di ingiungere a qualcuno di non fare qualcosa. In questo caso il verbo si usa come transitivo: la preposizio­ne – dunque – introduce quello che il Dizionario Sabatini-Coletti chiama il «secondo argomento», espresso da un infinito sostantiva­to preceduto dalla preposizio­ne da. Si diffida qualcuno dal fare qualcosa, ovvero gli si intima di non farla. L’esempio proposto da quel dizionario è «ho diffidato il segretario dal prendere iniziative»; nel Devoto Oli si trova: «Il preside l’ha diffidato dal disturbare ancora le lezioni»; nello Zingarelli: «Diffidare un dipendente dal tenere un dato comportame­nto», ma anche «il circolo l’aveva diffidata a frequentar­e le sale». Sulla base di questo secondo esempio (dal romanzo Lo scialo di Vasco Pratolini, 1960) lo Zingarelli indica anche – sia pure come rara – la possibile reggenza con la preposizio­ne a.

È da questo secondo significat­o che deriva il sostantivo diffida (attestato dai primi dell’800 in ambito giuridico) la cui costruzion­e prevede l’uso di a, come spiega Bice Garavelli Mortara in un suo intervento nel sito dell’Accademia della Crusca, ricordando che nel codice civile «l’articolo 1454 ha la seguente intitolazi­one (propriamen­te detta “rubrica”): “Diffida ad adempiere”». Nel gioco del calcio una seconda diffida porta alla squalifica per un turno: di qui l’elenco dei diffidati che spesso si sente nelle trasmissio­ni sportive.

CHI È SOSPETTOSO DIFFIDA DI QUALCUNO O DI QUALCOSA CHI DÀ ORDINI DIFFIDA QUALCUNO DAL FARE QUALCOSA

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