VALZER DI COLLABORATORI LA PASSIONE DI CASELLATI «ALLA FINE SÌ, VANNO VIA...»
La notizia era uno spillo, due righe infilate dentro un articolo del Foglio: la ministra delle Riforme, Maria Elisabetta Casellati, a nemmeno 100 giorni dall’inizio del suo mandato, perde il capo di gabinetto, Alfonso Celotto, un’autentica eccellenza di questo governo (avvocato, docente di diritto costituzionale e scrittore, burocrate pedante e appassionato, profondo conoscitore delle istituzioni, etc etc). Casellati e Celotto hanno litigato? Non si sa. Celotto era stufo di gestire dossier scottanti e ha deciso di aprirsi un chiringuito sulla spiaggia di Salvador de Bahia? Possibile, ma improbabile. Comunque sia: se ne è andato.
La sua uscita non solo priva il ministero di una figura fondamentale per l’ambiziosa riforma che più sta a cuore alla premier Giorgia Meloni, quella sul “presidenzialismo”, ma scatena pure il tremendo sospetto che con lui, con Celotto, la Casellati abbia inaugurato un nuovo filone di collaboratori dimissionati. Finora, infatti, i capi di gabinetto non li aveva mai toccati. I portavoce, invece, sì. Nella scorsa legislatura, quando fu presidente del Senato ,ne cambiò ben sette. Una media di quasi due all’anno. Alcuni li fece saltare come tappi, altri – tra cui autentici fuoriclasse del ruolo – la mollarono. Uno di questi durò 10 giorni.
La scena, raccontano testimoni oculari, più o meno era sempre la stessa. Lei che chiama nella stanza il portavoce e gli ordina di chiudere la porta. Rassegna stampa sul tavolo: richiesta di spiegazioni su titoli sgraditi, retroscena inevitabili, rare e paludate critiche (anche perché i cronisti politici, di solito, mantengono un certo sacrale rispetto per la seconda carica dello Stato). La faccenda che racconto ha radici antiche. Nel settembre del 2011 – reggetevi – mi toccò intervistare Casellati, all’epoca sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi III, perché girava voce avesse allontanato 26 addetti stampa. Lei, gentilissima: «Senta: ho la faccia da cannibale di giornalisti?». La incalzai. Replicò: «È una colpa se mi piace lavorare con serietà? E se anche una sbavatura mi fa innervosire? E poi diciamo che nel mio ufficio ne saranno transitati sei o sette, di addetti stampa, che per un motivo o per un altro, alla fine, sì, sono andati via». Capi di gabinetto: siete avvertiti.
ALLA GUIDA DEL SENATO CAMBIÒ 7 PORTAVOCE. ORA, MINISTRO, LASCIA IL CAPO DI GABINETTO