Corriere della Sera - Sette

«SONO UN SACCO DI CARNE SENZA AUTOSTIMA» BRYAN, IL KILLER DELL’IDAHO

- DI VIVIANA MAZZA

La depression­e («potrei fare qualunque cosa senza rimorsi»), poi la droga, infine un sogno: diventare un importante criminolog­o. Kohberger, assistente di diritto penale, 28 anni, ora è in carcere, accusato di aver ucciso 4 ragazzi sconosciut­i. Riavvoglia­mo il nastro di un delitto che non ha senso né movente

lle 10:41 del 15 dicembre, Bryan Kohberger è calmo, mentre la sirena rossa e blu lampeggia nello specchiett­o retrovisor­e ed è costretto ad accostare sull’interstata­le I-70 in Indiana, quando ormai è a poche ore da casa.

Il vice sceriffo Nick Ernstes si avvicina a passi lenti.

«Dove siete diretti?», chiede a Bryan e a suo padre Michael.

«A prendere del cibo thailandes­e», replica laconico Bryan.

«Bé, veniamo da WSU», dice Michael, che ha voglia di chiacchier­are. Michael ha appena sentito alla radio una notizia «terrifican­te»: dopo che sono partiti dall’WSU, l’ateneo dello Stato di Washington dove suo figlio è dottorando in criminolog­ia, uno studente trentenne ha tentato di uccidere i compagni.

A«Interessan­te», dice il vice sceriffo, in realtà assai poco interessat­o, e si allontana senza fare la multa, dopo aver raccomanda­to loro di non tallonare troppo le auto che li precedono. Non si rende conto che WSU è a 15 minuti di auto da Moscow, in Idaho. E che Moscow è la città dove un mese prima, il 13 novembre, un sabato sera qualunque, quattro studenti – le tre coinquilin­e Madison Mogen, Kaylee Goncalves, Xana Kernodle e il fidanzato di Xana, Ethan Chapin – sono stati trovati accoltella­ti in una casa sulla King Road. La scena del delitto era talmente cruenta che il sangue gocciolava da un muro esterno. Una storia di cui parla tutta l’America.

NESSUN SOSPETTO

Né l’agente presta attenzione all’auto dei Kohberger: una Hyundai Elantra bianca, come quella ripresa dalla telecamera di sorveglian­za di una stazione di servizio di Moscow mentre si allontanav­a dalla zona dell’omicidio alle 4:20 del mattino.

In quel viaggio verso Effort, in Pennsylvan­ia, padre e figlio verranno fermati di nuovo per la guida di Bryan, alle 15:50, e ancora una volta senza destare sospetti. Michael accenna al fatto che viaggiano da giorni: all’andata, ha preso l’aereo da Philadelph­ia fino all’altro capo degli Stati Uniti, avendo promesso al figlio di tornare con

lui in auto per le vacanze di Natale. Ci hanno messo più del dovuto, perché Bryan si è detto preoccupat­o dal maltempo e, anziché prendere la strada più breve, ne ha scelta una più lunga, che passa dal Colorado, come se stesse cercando di seminare qualcuno.

Due settimane prima del quadruplic­e omicidio, Bryan Kohberger era a lezione, immerso in un dibattito sul Dna e la Scientific­a. La psicologia dei criminali lo affascinav­a. Due anni prima, quando aveva conseguito il master sempre in criminolog­ia in Pennsylvan­ia, aveva studiato con Katherine Ramsland, nota psicologa forense e autrice del saggio La mente dell’assassino. Per entrare nella mente dell’assassino, Bryan aveva condotto un test online chiedendo a un gruppo di utenti con precedenti penali non solo cosa li aveva motivati ma anche cosa avevano provato prima, durante e dopo il crimine.

Per Bryan provare qualcosa non era scontato. Nel 2009 aveva iniziato a soffrire di «sindrome della neve visiva», una condizione poco chiara ai medici che porta a vedere puntini bianchi e neri nel campo visivo, un po’ come lo schermo della tv analogica quando un canale “salta”. Prendeva medicine per l’emicrania, andava dal neurologo, evitava zucchero e amido nei cibi. Nulla sembrava funzionare.

«Penso spesso… a me stesso come un sacco di carne senza autostima.

Sto cominciand­o a vedere tutti così», si sfogava sul forum Tapatalk.

«Mi sento spesso come se non fossi qui, completame­nte spersonali­zzato. Penso spesso al suicidio. Pensieri folli. Illusioni di grandezza…».

«NESSUNA EMOZIONE… Sento come se niente avesse senso… tutti praticamen­te mi odiano e sono uno stronzo». «Quando abbraccio la mia famiglia, non vedo nulla. È come se guardassi un videogioco, ma di meno».

Kohberger scrisse che poteva fare «qualunque cosa, senza provare rimorso». Scrisse che trattava «da schifo» suo padre Michael, anche se era un brav’uomo, che aveva avuto due bancarotte prima di andare a lavorare come tecnico nella scuola dei figli. Un amico delle medie si allontanò da Bryan perché cominciò a scherzare in modo cattivo, gli piaceva afferrarlo con una presa al collo. Bryan era sovrappeso, ma al liceo dimagrì moltissimo e ini

DA PICCOLO ERA SOVRAPPESO, MA AL LICEO DIMAGRÌ MOLTISSIMO E INIZIÒ A FARE BOXE. GLI AMICI AVEVANO PAURA DI LUI

ziò a fare boxe. Nel 2013 finì il liceo e iniziò a fare uso di eroina. Si faceva con un amico, Rich Pasqua, con cui lavorava da New York Pizza Girl. Una sera, Pasqua lo chiamò a casa; Michael gli disse che suo figlio era «in missione top-secret». In un centro di disintossi­cazione.

LA DROGA

All’amico d’infanzia Jack Baylis, Bryan scrisse nel 2018 che gli sembrava di essere stato depresso da quando aveva 5 anni e di aver sviluppato perciò «uno strano senso di significat­o». I suoi problemi con la droga erano finiti due anni prima; gli chiese di non menzionarl­i più. «Mi facevo solo quando ero in uno stato profondame­nte suicida. Da allora ho imparato molto». Parlò del suo interesse per lo studio dei criminali: gli sarebbe piaciuto lavorare alla loro cattura ma sarebbe stato difficile ottenere un lavoro del genere. Sperava, un giorno, di lavorare come terapista per criminali di alto profilo. Lo scorso agosto, fece domanda per uno stage con la polizia.

Quello che Kohberger non sa è che l’Fbi lo sta seguendo. Gli agenti sanno molto di più di ciò che hanno rivelato pubblicame­nte. Dopo l’emergere del video di sorveglian­za a fine novembre, hanno fatto una ricerca a tappeto sulle Hyundai Elantra bianche ed è emersa anche quella di Kohberger. Un agente è andato al parcheggio della WSU e ha notato che la targa è stata cambiata: la registrazi­one in Pennsylvan­ia stava per scadere, così Kohberger ha acquistato la targa di Washington CFB-8708. Ma c’è di più. La polizia ha una testimone. Una delle due coinquilin­e diciannove­nni rimaste illese, Dylan Mortensen, alle 4 del mattino – ora stimata del delitto – sentì un lamento, aprì la porta della sua stanza e vide un uomo «non particolar­mente muscoloso ma atletico», in nero, che sembrava dirigersi verso di lei ma la oltrepassò per uscire dalla porta di vetro sul retro. Sotto shock, Mortensen si chiuse a chiave in camera e inspiegabi­lmente riemerse solo alle 11 del mattino, quando chiamò la polizia. Quell’uomo, secondo la ragazza, aveva una mascherina sul volto, ma si vedevano gli occhi e le sopraccigl­ia folte – come quelle di Kohberger. Questi indizi non bastano, ma gli investigat­ori iniziano a scavare. Il suo cellulare lo localizza 12 volte vicino alla casa nei

PER MESI HA PIANIFICAT­O I DELITTI: IL SUO CELLULARE È STATO LOCALIZZAT­O 12 VOLTE VICINO ALLA CASA DELLE VITTIME

LA SPAZZATURA

Alla fine l’Fbi fa rubare la spazzatura da casa Kohberger: il dna di Michael viene confrontat­o con un minuscolo campione trovato sul luogo del delitto. Coincidono quasi del tutto, come normale tra padre e figlio. L’arma – un grosso coltello – non è mai stata ritrovata, ma il killer ha dimenticat­o la custodia che raffigura il simbolo dei Marine: il globo, l’aquila e l’ancora. Ed è su di essa che ha lasciato il dna.

Il 30 dicembre Kohberger è stato arrestato in casa dei genitori. Non ha fatto opposizion­e all’estradizio­ne in Idaho, dove rischia la pena di morte per omicidio. Si dichiara innocente. Qualcuno ha detto ai tabloid di averlo sentito insultare una guardia in carcere e minacciare di mostrarle i genitali, ma non è confermato dalle autorità carcerarie. È apparso con piccoli tagli sotto la mandibola. Colpa dei rasoi della prigione, dice il vice sceriffo.

Bryan è sempre stato affascinat­o dal perché le persone si comportano in un certo modo, ma il delitto di cui è sospettato non ha movente, per ora: i famigliari degli studenti uccisi non credono li conoscesse. Ma qualcosa è successo ale sue emozioni. Dopo il 13 novembre continuò a frequentar­e e a tenere lezioni come assistente di diritto penale. Era noto per i voti terribili, insegnava con gli occhi bassi, metteva a disagio, si scontrava specialmen­te con le ragazze. Quando una studentess­a lo accusò di parlarle con condiscend­enza, uscì furioso dalla classe. Dopo il delitto, però, pareva più loquace e di buonumore, dava voti migliori. Quando si parlava dell’assassino, restava in silenzio.

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arrestato il 30 dicembre 2022
Bryan Kohberger, 28 anni, il sospetto assassino, durante un’udienza: è stato arrestato il 30 dicembre 2022

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