PIRANDELLO COME NIETZSCHE LA REALTÀ NASCOSTA NON C’È VIVIAMO IN SUPERFICIE
«Non ci sono fatti ma solo interpretazioni»: qualche settimana fa avevo dedicato la rubrica a questa frase di Nietzsche, stimolando diverse reazioni da parte dei lettori, affascinati dall’idea, ma ancora di più perplessi che ci si potesse spingere tanto oltre. Come può Nietzsche sostenere che non esistono i fatti? La domanda merita in effetti di essere posta, e un aiuto arriva da uno scrittore italiano a cui era ben chiaro quanto sia ambigua e sfuggente la realtà che ci circonda. Insieme a racconti, romanzi e testi teatrali, Luigi Pirandello scrisse anche opere più teoriche, per riflettere sulla sua attività intellettuale. Così nel saggio L’umorismo si discute della differenza tra il comico e l’umoristico, distinguendo tra «avvertimento del contrario» e «sentimento del contrario». Immaginiamo «una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti e poi goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili». Se aggiungiamo gli scempi della chirurgia estetica, gli esempi non mancano certo neppure oggi, e si allargano a coprire anche il genere maschile. Quale la reazione più scontata? «Mi metto a ridere». Perché, scrive sempre Pirandello, «avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere». Ecco il comico, vale a dire «l’avvertimento del contrario».
Ma potrebbe succedere che poi subentra la riflessione e uno inizia a pensare che «quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre elofa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei». Ed ecco che allora «io non posso più riderne come prima», perché la riflessione mi ha fatto andare oltre il semplice «avvertimento», rivelandomi una realtà più complessa. E questo è «il sentimento del contrario» (l’umoristico).
Se c’è qualcuno a cui era ben chiaro che la realtà non è mai come appare, quello è di certo Pirandello. Ma cosa è la realtà, allora? Pensiamo all’anziana signora: forse che ciò che abbiamo scoperto riflettendo è più reale di ciò che avevamo avvertito osservando? No, sono entrambi aspetti di una realtà labirintica, che non riusciamo mai a cogliere nella sua nudità, per così dire. E questo aiuta a capire Nietzsche. Quello contro cui Nietzsche si sta scagliando è questa convinzione che ci sia una realtà vera dietro, nascosta, da qualche parte, che attende di essere rivelata. Non c’è. C’è solo questo gioco di specchi, maschere, prospettive che illuminano, ma sempre solo parzialmente, qualcosa di magmatico e mai pienamente determinato. Quello di cui dovremmo liberarci, insomma, è il dualismo di fondo per cui si va sempre in cerca di qualcosa «dietro», sia esso Dio (la religione nasce proprio per questa esigenza) o le teorie cospirazioniste che vanno tanto di moda oggi (che cercano sempre il burattinaio, il disegno). Per questo «ci sono solo interpretazioni», e quello che dobbiamo fare è imparare a vivere sulla superficie, senza continuare a scappare in presunte profondità che non esistono. Come avevano fatto i Greci, a cui Nietzsche ha tributato la lode più bella: «Questi Greci erano superficiali – per profondità!».
DA DIO AI “BURATTINAI”. ENTRAMBI CONTESTANO LA RICERCA DI UN QUALCOSA CHE ESISTE DIETRO LE COSE (E SPIEGA TUTTO)