C’È LA STORIA NEL BRUNELLO DI STEFANO
La Riserva di Fattoria dei Barbi è sul podio
Montalcino è una potenza risorta. «Come la Germania o il Giappone dopo la Seconda guerra mondiale», scrive Stefano Cinelli Colombini (nell’illustrazione qui sotto) nel sorprendente Appunti per una storia di Montalcino (2016). Il paese prosperava sul tracciato della via Francigena, «re, papi, mercanti, santi e peccatori, passavano e bevevano». Era grande e ricco, con 4.500 ettari di vigne (oggi 3.600). Ma nel 1964 la fine della mezzadria e l’apertura dell’Autostrada del Sole, lo svuotarono. Persi viaggiatori e affari, il 70% degli abitanti fuggì. Solo negli ultimi decenni, resuscitando con il Brunello
«l’antica cultura e il suo modo di essere» Montalcino è tornata «un fenomeno». Fino a ottenere, pochi mesi fa, un risultato straordinario, con Fattoria dei Barbi, l’azienda fondata nel 1790 e guidata da Stefano Cinelli Colombini. Il Brunello di Montalcino Riserva 2016 della Fattoria dei Barbi svetta al secondo posto nella classifica dei migliori cento vini del mondo della rivista statunitense
Wine Spectator. Un vino di grande intensità, struttura, aromi complessi ed evoluti, in cui «tutto è straordinario ma nulla è eccessivo», dice Stefano Cinelli Colombini. L’ultimo grande risultato condiviso con la madre Francesca, la Signora del Brunello, morta nel dicembre scorso a 92 anni, che per più di 20 anni guidò da sola l’azienda. Seguendo, come continua a fare Stefano, la strada segnata dal padre Giovanni, che nel biglietto da visita si definiva così: «Contadino, vignaiolo, cantiniere/allevatore di porci, salumiere/ avvocato».