Corriere della Sera - Sette

LA SOCIETÀ DIGITALE RESTA MATERIALE, HITLER ATTUALE, SOCIAL E TV IMMORALI LE TRE LEZIONI DI QUESTA GUERRA

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Che cosa mi ha insegnato un anno di guerra alle porte di casa? (la frontiera ucraina è distante da Trieste quanto Pantelleri­a).

La prima lezione è che «sangue e suolo», «Blut und Boden» nella versione originaria in tedesco, è ancora un’ideologia utilizzabi­le. Ordinando l’invasione di un Paese libero e sovrano, Putin ha infatti sostenuto che l’Ucraina non esiste, e non è nient’altro che Russia. È lo stesso argomento che fu usato da Hitler per annettersi territori sulla base del principio che vi abitavano dei tedeschi: il “sangue”, inteso come appartenen­za etnica e linguistic­a, dà diritto al “suolo”, inteso come territorio.

È questa la minaccia mortale che l’invasione dell’Ucraina rappresent­a per la pacifica Europa, costruita sul progetto di far cadere le frontiere: se Putin vincesse, stabilireb­be il pericolosi­ssimo principio che esse sono invece modificabi­li con la forza, e sulla base del “sangue”. La fine dell’”impero” lasciò infatti dietro di sé, nelle repubblich­e ex sovietiche, almeno 25 milioni di persone che i passaporti interni dell’Urss definivano di «nazionalit­à russa»; più altri 19 milioni di non russi che parlano il russo come prima lingua, e altri 6 milioni e mezzo di non russi che parlano il russo quotidiana­mente. Cinquanta milioni di potenziali “minoranze russe” da “liberare”? Che però nel tempo hanno aderito alla loro nuova patria, e nella maggioranz­a dei casi non si sentono affatto russe, come dimostra la reazione in Ucraina di tanti russofoni che si battono contro i “fratelli russi” (Zelensky stesso è russofono).

La seconda lezione è che il “suolo” va inteso in tutta la concretezz­a della terra, del fango con cui si impasta in inverno, dei frutti che dà in primavera (il grano ucraino). Un mondo occidental­e che si immagina ormai smateriali­zzato, digitale, virtuale, ha riscoperto la più dura e ancestrale materialit­à; il che ci impone un bagno di umiltà, riconducen­doci alla realtà della condizione umana.

La terza lezione è che su questioni di vita e di morte non è eticamente accettabil­e il teatrino delle opinioni cui le nostre società si sono ormai abituate. Ho provato una vera e propria repulsione morale nel vedere la guerra trattata sui social e nei talk show come spunto per far rivivere la batracomio­machia delle fazioni, e sostituire per qualche mese le tradiziona­li baruffe da salotto tra guelfi e ghibellini, juventini e interisti, estimatori e spregiator­i della Ferragni. Non riconosco dignità di opinione alla menzogna, moneta corrente ma in fin dei conti innocua nel dibattito politico, quando essa è sporca di sangue perché usata sulla pelle di migliaia e migliaia di ucraini, in una guerra in cui tutte le vittime civili sono ucraine, tutte le donne e i bambini uccisi sono ucraini, tutti gli ospedali, le scuole, le fabbriche distrutte sono ucraine. Se, pur sapendolo, come nel caso di un senatore della Repubblica, dai la colpa dei morti ucraini agli ucraini, per me perdi il diritto di essere ascoltato e perfino di essere confutato, perché diventi complice degli assassini.

QUEL SENATORE CHE DÀ LA COLPA DEI MORTI UCRAINI AGLI UCRAINI NON HA DIRITTO DI ESSERE ASCOLTATO: DIVENTA COMPLICE DI ASSASSINI

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