LA ZAVORRA DOLOROSA DI UNA MADRE MALEDUCATA SENTIMENTALE MA CHI SI LAMENTA NON EVOLVE
Caro Massimo, le voglio raccontare una lunga storia di non amore. Inizia nel 1948, quando mia nonna muore di tifo a soli 33 anni, lasciando mia madre di 15 e mia zia di neanche un anno.
Sul letto di morte implora mia madre, devastata dal dolore, di prendersi cura della sorellina come fosse sua figlia. Lei accetta, ma le cose si complicano perché mio nonno si risposa con un’arpia che la odia e le fa ogni sorta di vessazioni. Mia madre è costretta ad andarsene di casa, lasciando sola la sorellina. Un dolore indicibile che si combina con una vita di lavoro e sacrifici e con un matrimonio privo di amore con mio padre, mentre mia zia viene mandata a lavorare nei campi e a 18 anni finisce per sposare un uomo che ne ha quasi il doppio. A questo punto nasco io e sono subito il figlio fortunato, non importa se siamo terribilmente poveri, mio padre ha una portineria e viviamo in 3 in 30 metri quadri, e non ho quindi diritto ad essere amato: niente baci o abbracci, niente feste di compleanno, niente regali magari simbolici, nessun aiuto contro un padre violento che sfogava con me le sue frustrazioni e nutriva aspettative nei miei confronti impossibili da raggiungere. Ogni successo era solo metà del mio dovere e ogni insuccesso la dimostrazione che ero un fallito. Il suo atteggiamento non è mai cambiato, nonostante io sia sempre andato bene a scuola, abbia subito trovato un lavoro, fatto carriera, raggiunto il benessere, sposato una donna che adoro e girato il mondo. Ero sempre il figlio che avrebbe dovuto raggiungere chissà quali traguardi, ma che non ne era stato capace. Mia madre ci ha lasciati qualche giorno fa e a me non manca ora più di quanto mi sia mancata per tutta la vita. Non riesco, per quanto ci provi, a giustificarla neanche alla luce degli indubbi strali del destino che l’hanno colpita. So che a Lei una madre è mancata per tutta la vita e sicuramente penserà che il mio destino sia stato, comunque, migliore del suo. Ma mia madre “fai bei sogni” non me l’ha detto mai e le assicuro che avrei dato un braccio per poterlo sentire almeno una volta.
Massimo
CI SONO ORFANI di genitori vivi, e Lei, caro omonimo, lo è stato per tutta la vita. Accolgo volentieri il suo sfogo in pubblico, nella speranza che basti a saldare il suo conto aperto con il vittimismo. Il vittimismo è la zavorra dell’anima, anche se gode di immensa popolarità e di una patente di rispettabilità che a mio avviso non merita. Chi si lamenta non evolve, e tanti si lamentano proprio perché non gliene importa nulla di evolvere: non vogliono guarire, ma solo sentirsi un po’ meglio.
Sa come la penso: ciascuno nella vita ha un ostacolo da affrontare e il suo è consistito nell’affrancarsi da una famiglia anaffettiva e colpevolizzante, forse persino manipolatoria. Mi pare che ci sia riuscito, nonostante tutto, e che possa essere piuttosto soddisfatto di sé stesso. Resta il suo passato senza amore materno (e paterno) a tormen
«“FAI BEI SOGNI” NON ME L’HA DETTO MAI E LE ASSICURO CHE AVREI DATO UN BRACCIO PER SENTIRLO ALMENO UNA VOLTA»
tarla. Non penso affatto di avere avuto un destino peggiore, al contrario: mia madre se ne è andata troppo presto e in modi che mi sono stati celati a lungo, ma ho fatto in tempo a sentire il suo amore per mio padre e per me. Eravamo una bella famiglia, per quel poco che lo siamo stati. Per questo, dopo averla rifuggita per tutta la vita, a un certo punto ho trovato la forza di farmene una anch’io. I desideri sono ricordi. Non puoi volere se non ciò che già conosci, sia pure di sfuggita.
Sua madre non fa eccezione alla regola: venendo da una famiglia infelice, ne ha riprodotto inconsapevolmente lo schema nella vostra. In questa staffetta della anaffettività, a un certo punto ha passato il testimone a Lei, che però si è rifiutato di continuare la corsa e ha decisamente deviato percorso. Dalla lettera non si evince se abbia avuto o meno dei figli, ma in ogni caso non dubito che alle persone più giovani saprà trasmettere esempi molto diversi da quelli che ha ricevuto. E forse un giorno arriverà persino a compatire sua madre e a comprendere — anche se mai con la testa (impossibile) — che quella donna è stata incapace di amare suo figlio non per volontà, ma per debolezza. Era una maleducata sentimentale, sua madre, in senso letterale: educata male ai sentimenti e alla gestione delle emozioni, che immagino la terrorizzassero. Lei, invece, caro Massimo, ha studiato da autodidatta e sembrerebbe avere passato l’esame. Adesso sa dare amore. Non le resta che smetterla di rimpiangere quello che non ha potuto ricevere.
HAI STUDIATO DA AUTODIDATTA E HAI PASSATO L’ESAME SMETTI DI RIMPIANGERE QUELLO CHE NON HAI POTUTO AVERE