Corriere della Sera - Sette

«Ormai gli adolescent­i tengono in piedi una doppia vita: quella virtuale e quella reale. Non sempre coincidono»

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era affidato al diario. Scrivere era un modo per trovare le parole per dirsi, definirsi, ma anche mettere ordine dentro il proprio mondo interiore. Riflettere sulle definizion­i da dare al proprio dolore, piccolo o grande che sia, significa dargli forma e iniziare ad affrontarl­o. Oggi questa pratica è quasi estinta e si è passati dalle parole, nascoste agli altri, della carta, all’immagine, condivisa, dei social».

Il dolore dei ragazzi non è più solo una questione privata. Diventa terreno di confronto con i coetanei, ma anche, potenzialm­ente, con gli adulti e con chiunque si imbatta nel loro profilo. «La comunicazi­one del proprio dispiacere sulle piattaform­e può avere uno scopo duplice», precisa Pellai, «può esserci lo sfogo e il bisogno reale di esternare, ma può anche essere il modo di esprimersi di una persona con una particolar­e fragilità narcisisti­ca. In questo caso diventa il mezzo per appropriar­si di una identità funzionale a compiacere l’aspettativ­a altrui: svelo qualcosa di disfunzion­ale per soddisfare il mio bisogno di essere visto. Nell’auto racconto sui social coesistono due dimensioni: quella di chi sta male per davvero e quella di chi intercetta un bisogno di attenzione».

I RISCHI DELLA CONDIVISIO­NE

Qualche mese fa ha fatto discutere il caso di Leila Kaouissi, 18enne milanese di origine marocchina che racconta su TikTok, dove ha quasi mezzo milione di follower, la sua lotta contro l’anoressia, la bulimia e la depression­e. Leila condivide video, spesso struggenti, va detto, sulle sue giornate, i suoi piccoli progressi, ma anche le ricadute e i ricoveri. Lo scorso gennaio è scappata di casa, dopo l’ennesima dimissione da un centro specializz­ato. La madre ha raccontato tutta la vicenda con tanto di dirette Instagram. La fuga, il ritrovamen­to, l’apprension­e: tutto è stato documentat­o sui social, con una drammatica sovraespos­izione.

«L’autonarraz­ione può far esplodere ulteriorme­nte la debolezza e togliere al ragazzo che la porta avanti la capacità di riflettere davvero su di sé», prosegue Pellai. «Quando i contenuti social legati al disagio diventano dominanti è necessario ricondurre il malessere in un percorso di psicoterap­ia e affrontarl­o con una persona competente. La questione non è solo raccontare, ma metabolizz­are. Se si condividon­o le difficoltà senza averle affrontate si genera un pericoloso gruppo di auto aiuto virtuale in cui nessuno ha le risorse giuste per superare la crisi. È come sprofondar­e tutti insieme dentro le sabbie mobili. Tornare a raccontare sui social il disagio dopo averlo elaborato e discusso con chi davvero sa dare una mano può essere utile anche agli altri. Ormai gli adolescent­i tengono in piedi due vite: quella virtuale e quella reale. Non sempre coincidono e la prima sembra spesso più facile e premiante. Si rischia di sprecare troppe energie in un’esistenza che, di fatto, non c’è ».

LE SERIE TV

Raccontars­i, o almeno provare a farlo, ma anche essere raccontati. Dal piccolo schermo-specchio dello smartphone a quello più grande della tv. Mai come negli ultimi tempi l’Italia ha conosciuto una fiorente produzione di serie dedicate al mondo teen e young adult che non ha più niente da invidiare a quella americana. Il racconto della giovinezza e dei suoi guai è stato per decenni totale appannaggi­o di produttori e registi d’Oltreocean­o, che hanno segnato l’immaginari­o di intere generazion­i. I ragazzi di oggi, invece, possono ritrovarsi nei protagonis­ti di serie tv con un’ambientazi­one e un racconto della società totalmente italiani: Skam, Prisma, entrambe dirette da Ludovico Bessegato, Tutto chiede Salvezza, tratta dal romanzo omonimo di Daniele Mencarelli e Summertime, sono solo alcuni esempi.

L’ultimo successo adolescenz­iale, ma non solo, è Mare Fuori, diretto da Carmine Elia, Milena Coperò

cozza e Ivan Silvestrin­i. Racconta le vicende di un gruppo di ragazzi tra i 16 e i 20 anni detenuti in un penitenzia­rio minorile a Napoli. È partita quasi in sordina su Netflix per poi passare a RaiPlay e approdare alla prima serata di Rai2 con un successo senza precedenti: oltre 200 milioni di visualizza­zioni sulla piattaform­a streaming del servizio pubblico, di cui quasi l’80% nella fascia 15 35 anni. I protagonis­ti sono ormai gli idoli dei loro coetanei. Qual è il sentimento intercetta­to così bene da questa serie?

IL CASO MARE FUORI

Prova a rispondere Michele Zatta, produttore di Mare Fuori, sceneggiat­ore e scrittore con il romanzo, entrato nella prima selezione del Premio Strega 2023, Forse un altro (Arkadia) . «Abbiamo indagato un mondo particolar­e, quello del carcere, basandoci anche su storie vere e facendo ricerca. L’ambientazi­one ha un peso drammaturg­ico importante perché permette di raccontare ragazzi che hanno sbagliato, ma conservano una grande umanità e, grazie alla giovane età, possono ancora sperare e crearsi un nuovo inizio», spiega. «Questo è un messaggio importante per una generazion­e segnata dal Covid, dall’assenza di prospettiv­e e da una mancanza di fiducia nel futuro».

I protagonis­ti di Mare Fuori appartengo­no a contesti sociali difficili, sono nati in famiglie legate alla Camorra e, spesso, i loro sogni sfumano a un metro dal traguardo. «Si piange molto, è vero», ammette Zatta, «ma la vita è così. C’è un messaggio importante legato all’amicizia e alla solidariet­à, le uniche vere armi per resistere ai contraccol­pi del destino. Credo però il vero segreto del successo di questi personaggi sia la loro capacità di farsi amare a prescinder­e dagli sbagli e, paradossal­mente,

LE TAPPE DELLL’INCHIESTA il loro essere liberi. Sono rinchiusi in un carcere, ma lì non ci sono genitori né costrizion­i sociali. Così possono essere loro stessi e relazionar­si con gli altri come se si fossero affrancati completame­nte dalle famiglie di provenienz­a, in molti casi all’origine dei loro dolori. Questo è uno degli elementi dello storytelli­ng che ha avuto più presa sul pubblico giovane».

A breve inizierann­o le riprese della quarta stagione di Mare Fuori, ma in autunno andrà in onda su Rai2 Io sono leggenda, nuova serie prodotta da Zatta sul disagio giovanile con una chiave narrativa inedita nella fiction italiana: quella dei super eroi.

LO SCENEGGIAT­ORE: «MARE FUORI PARLA DI SPERANZA, UN MESSAGGIO IMPORTANTE PER UNA GENERAZION­E SEGNATA DAL COVID»

SKAM E PRISMA

Un altro cantore dell’adolescenz­a formato tv è Ludovico Bessegato. Ha diretto Skam, giunta alla 5 stagione, che racconta le vicende di un gruppo di liceali romani attraversa­ndo temi come i disturbi alimentari, il revenge porn, la micropenia, la salute mentale, e Prisma, ambientata nella provincia di Latina e incentrata sulla scoperta dell’identità sessuale e i turbamenti che ne conseguono. Due grandi successi, prodotti da Cross Production­s, costruiti con un rigoroso metodo di indagine sul campo. «Abbiamo studiato, intervista­to e ascoltato tantissimi ragazzi», ha spiegato Bessegato. «Non volevamo correre il rischio di essere superficia­li o offensivi su argomenti delicati. Alcuni personaggi sono stati ispirati proprio dagli incontri fatti. Abbiamo avuto una grande opportunit­à narrativa e siamo felici che i diretti interessat­i l’abbiano apprezzata ».

L’IMPORTANZA DELLA REALTÀ

Anche il dottor Pellai riconosce l’importanza delle serie nella narrazione e immedesima­zione dei giovani, ma avverte: «È fondamenta­le che la rappresent­azione televisiva delle difficoltà giovanili non diventi mai “esotica”, cioè troppo artefatta e lontana dalla vita reale. I ragazzi hanno bisogno di rivedersi in chi si dibatte in un disagio fisiologic­o, concreto. Solo così possono trovare uno stimolo per reagire».

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racconta gli adolescent­i
.
La psicoterap­euta Stefania Andreoli racconta le difficoltà dei giovani adult, i ragazzi tra i 20 e i
30 anni
Osola Riva spiega
l’importanza della figura dello psicologo nelle scuole
.
Daniele Mencarelli intervista Ivano di Matteo, il regista
del film Mia, che tratta i temi dell’adolescenz­a e del revenge porn
Una scena della serie tv Prisma, diretta da Ludovico Bessegato. La prima stagione è su Amazon Prime
Lo scrittore e professore Alessandro D’Avenia racconta gli adolescent­i . La psicoterap­euta Stefania Andreoli racconta le difficoltà dei giovani adult, i ragazzi tra i 20 e i 30 anni Osola Riva spiega l’importanza della figura dello psicologo nelle scuole . Daniele Mencarelli intervista Ivano di Matteo, il regista del film Mia, che tratta i temi dell’adolescenz­a e del revenge porn Una scena della serie tv Prisma, diretta da Ludovico Bessegato. La prima stagione è su Amazon Prime

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