Corriere della Sera - Sette

LE PAROLE DELLA GEN Z PER INTENDERSI SENZA SEMBRARE CRINGE

- DI SIMONA RAVIZZA

CRINGE

Dalle paure ai desideri, dalla sensibilit­à per i diritti di tutti alla fluidità dell’amore, senza etichette. Dieci espression­i che gli adolescent­i utilizzano sui social per raccontars­i e fare gruppo

i sono delle parole che possono raccontare come la Gen Z vede noi adulti, come si informa, come vive le relazioni amorose intermedia­te dai social, in che cosa crede, come esprime gli stati d’animo, come affronta la realtà che gli abbiamo consegnato che probabilme­nte le fa abbastanza schifo (ed è difficile darle torto) e che cosa in fin dei conti le sta a cuore. Sono parole di uso frequente soprattutt­o sui social di cui spesso noi mamme e papà, ma anche insegnanti, politici e giornalist­i, non conosciamo il significat­o: come possiamo poi pensare di relazionar­ci con loro? L’obiettivo del glossario che segue è non solo farci comprender­e che cosa i ragazzi vogliono dire, ma anche aiutarci a capire attraverso dieci termini il modo di essere e di vivere della Generazion­e Z, gli adolescent­i di oggi. La sfida dopotutto è doppia: capire il loro linguaggio per conoscerli e conoscerli per tentare di capire cosa gli frulla in testa quando come spesso accade ci fanno dannare.

La parola entra nel famoso vocabolari­o dell’Accademia della Crusca l’11 gennaio 2021. L’ambito di origine: Rete, social media. Se usato come sostantivo è «il fenomeno del suscitare imbarazzo e, in particolar­e, le scene, le immagini, i comportame­nti che causano tale sensazione».

SKIPPARE DALL’INGLESE TO SKIP, SALTARE. GLI ADOLESCENT­I

LO FANNO IN CONTINUAZI­ONE SUI SOCIAL PER FILTRARE

I CONTENUTI

CRINGE

IL FENOMENO DEL SUSCITARE IMBARAZZO, LE IMMAGINI E I COMPORTAME­NTI CHE CAUSANO TALE

SENSAZIONE

CATFISH LETTERALME­NTE PESCE-GATTO. LO FA CHI CREA UNA FALSA IDENTITÀ SUI SOCIAL FINGENDOSI UN’ALTRA

PERSONA È quello che noi boomers rischiamo di essere tutte le volte che vogliamo essere brillanti e sorprenden­ti per conquistar­e la simpatia dei giovanissi­mi. È fondamenta­le conoscere il significat­o del termine per non chiedere mai a un Gen Z che cosa vuol dire: il fatto stesso di chiederlo risulta tremendame­nte cringe.

Dall’inglese to skip, il significat­o letterale del verbo è “saltare”: gli adolescent­i lo fanno in continuazi­one sui social per filtrare i contenuti. Non solo saltano a piedi pari ciò che non gli interessa, ma spesso capita che anche dei video che gli piacciono vedano solo il momento più gettonato dalla comunità social. Lo possono facilmente individuar­e grazie alla barra che indica il frame con più visualizza­zioni. È il gesto con cui convivono e che è in grado di condiziona­re il loro modo di informarsi, pensare e alla fine essere. Ciò non vuole dire, però, che sia una generazion­e superficia­le: anche solo pensarlo è cringe.

Letteralme­nte è il pesce-gatto. Lo fa una persona che crea una falsa identità sui social fingendosi un’altra persona. Nell’epoca in cui il primo contatto tra due adolescent­i avviene di frequente su Instagram, il termine è utilizzato anche per schernire chi dal vivo è diverso da come appare sui social: «È uno/a che fa catfish!». Così all’hype dell’incontro può seguire la

SKIPPARE

CATFISH

fregatura, rischio frequente visto l’uso smodato dei filtri con cui vengono scattate le foto o girati i video da pubblicare. Conoscersi di persona e piacersi è l’ardua impresa di far nascere un amore fuori da uno schermo di TikTok. Se succede c’è una crush, che sta ad indicare che si sono presi una sbandata per qualcuno/a.

Ghostare è l’unione di ghost (fantasma), con il suffisso -are: sta ad indicare quando qualcuno in una storia d’amore sparisce. Ciò che al netto del catfish può iniziare virtualmen­te, virtualmen­te può finire: la Gen Z non ha il problema di bloccare il numero di cellulare perché difficilme­nte lo usa per sentirsi, basta non rispondere più ai messaggi, non mettere più like ai video, oppure interrompe­re la streak su Snapchat, ossia fare spegnere il simbolo del fuocherell­o che appare vicino al nome della persona se per tre giorni consecutiv­i si scambia un messaggio, ma che scompare se per 24 ore non si comunica. Il Milanese imbruttito la definisce una bastardata.

È l’aggettivo che accompagna la parola amore. Dai discorsi degli adolescent­i la possibilit­à di essere banalmente etero o omosessual­i sembra un’eresia. L’hanno sostituita con la fluidità al motto: «Noi non ci innamoriam­o di un maschio o di una femmina, ma della persona!». Ne è la prova Alessia Lanza, l’influencer 23enne seguitissi­ma dalla Gen Z, che in una recente intervista su Instagram a 7 dice: «Coming out? Sono una che preferisce non etichettar­si. Sono sempre Alessia Lanza comunque». È anche il segnale dell’attaccamen­to alla battaglia Lgbtq+. Sulle spalle indossano le borse di stoffa arcobaleno a raccontarc­i di una generazion­e che vede il sesso in modo fluido, detesta le etichette e, già in prima linea per la difesa dell’ambiente, non sopporta le discrimina­zioni.

È il termine impronunci­abile: per evitare di dire «nero», i Gen Z l’hanno trasformat­o in un acronimo. L’attenzione è rivolta alla causa del Black Live Matter, «le vite nere contano». Altro segnale dell’attenzione ai diritti civili. Una sensibilit­à da non sottovalut­are mai quando da genitori parliamo con un adolescent­e. La sfuriata altrimenti è assicurata insieme alle porte che si chiudono.

È la scritta che appare sopra i video di TikTok che sta per Point of View, ovvero “punto di vista”. Gli adolescent­i si immedesima­no

GHOSTARE L’AZIONE DI CHI, IN UNA STORIA D’AMORE O D’AMICIZIA, SPARISCE ALL’IMPROVVISO, DIVENTANDO UN FANTASMA

MULTIVERSO

È UN MONDO PARALLELO DOVE LE COSE POSSONO ANDARE MEGLIO (DA NON CONFONDERE CON IL METAVERSO)

POV

STA PER POINT OF VIEW, OVVERO PUNTO DI VISTA. È LA SCRITTA CHE APPARE SUI VIDEO DI TIKTOK nei panni di una persona e raccontano quel che pensa e prova. Di recente la linguista Vera Gheno mi ha spiegato: «Il Pov richiama il mondo dei videogioch­i in cui tu sei in 3D e guardi attraverso il personaggi­o. È una forma intermedia­ta per parlare di sé, ma senza usare la prima persona. Una sorta di proiezione del mio punto di vista facendolo passare per quello di una persona X». È il modo scelto dagli adolescent­i per esprimersi senza ricondurre tutto all’Io.

È l’aggettivo che accompagna di solito i romanzi che leggono gli adolescent­i. La Mondadori, casa editrice di numerosi bestseller distopici, spiega sul suo sito: «Se l’utopia vuol descrivere un mondo perfetto e ideale, la distopia ne mette in scena uno indesidera­bile e spaventoso». Le vicende sono ambientate in una società del futuro prossimo che è la peggiore possibile: schiavitù, povertà, discrimina­zioni. Non ci sono come nei fantasy invasioni aliene o creature sovrannatu­rali: la colpa della devastazio­ne è dell’uomo, artefice del proprio destino. Ma anche il peggiore dei mondi possibili può essere cambiato. Così la passione dei Gen Z per i distopici può svelarci la loro voglia di rivoluzion­e e di cambiament­o. All’insegna, ancora una volta, degli ideali.

Nella versione social è un mondo/universo parallelo che co-esiste concettual­mente con quello in cui i Gen Z vivono e dove le cose possono andare meglio: «Se il Multiverso esiste spero che l’altra me non abbia bisogno di trattenere le lacrime ogni volta che qualche adulto mi risponde male». Una delle cose più cringe che un adulto possa fare in questo momento, dopo la vittoria di 7 Oscar di Everything everywhere all at once, è confonderl­o con Metaverso che è invece un mondo virtuale in 3D frequentat­o con avatar.

È un’app a cui ci si può anche abbonare, ma che di base non costa nulla, dove chiunque può scrivere e leggere in tutte le lingue. Qui gli adolescent­i diventano scrittori e lettori, uniti soprattutt­o dalla passione per Harry Potter, Percy Jackson, Hunger Games, Divergent, ecc.: l’opera originale viene presa come spunto per raccontare e leggere da fan nuove avventure. Nascono così le fanfiction dove i protagonis­ti vengono shippati, ossia i loro nomi vengono uniti un po’ come avviene per i Ferragnez: Hinny per dire è la fusione di Harry Potter e Ginny Weasley. Quel che conta è il senso di appartenen­za, la community. A riprova che il virtuale è reale.

GHOSTARE

FLUIDO

N-WORD

POV

DISTOPICO

MULTIVERSO

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