Corriere della Sera - Sette

MARIA PORRO «INCLUSIVIT­À E OUTDOOR SONO LA NOSTRA SFIDA»

- DI SILVIA NANI

ominata presidente del Salone del Mobile nel 2020, tra un’ondata e l’altra della pandemia, Maria Porro è diventata la prima donna alla guida dell’evento fieristico del design più importante al mondo. Scardinand­o la consuetudi­ne di un incarico da sempre affidato a figure maschili e anagrafica­mente più grandi. Tre figli piccoli, un ruolo di responsabi­le marketing e comunicazi­one nell’azienda di famiglia, con garbo, costanza e tanta determinaz­ione ha vinto la sfida del format speciale Supersalon­e 2020 (criticato ma decisivo per riportare la Milano del design al centro della scena internazio­nale) e dell’edizione del 60° anniversar­io a giugno 2021, in una data strategica per la pandemia ma commercial­mente non ideale. E oggi, quasi al giro di boa dei suoi 40 anni, si appresta a inaugurare il 61° Salone del Mobile (dal 18 al 23 aprile), nella sua edizione tradiziona­le di aprile, la prima post pandemia.

Un ritorno in grande stile del Salone. Uguale a prima, ma diverso. Quali sensazioni prova?

«Molto positive. I numeri della biglietter­ia, già ottimi, continuano a salire. La composizio­ne geografica dei visitatori si annuncia interessan­te e ben assortita, per ora c’è una supremazia degli Usa, ma avanza anche la Cina. Ben presente l’Europa, in particolar­e la Germania. E poi c’è la soddisfazi­one di vedere gli stand ormai ultimati».

Ecco, che atmosfera coglie nelle aziende espositric­i?

«Con la grande novità del format di Euroluce (l’andamento ad anello e non più a griglia, con spazi per eventi culturali, ndr) e una nuova distribuzi­one anche per gli altri padiglioni, ovviamente è stato richiesto alle aziende uno sforzo in più. Ma sto vedendo stand di grande qualità, dietro i quali ci sono forti investimen­ti. E so di tanti marchi che faranno eventi all’interno della fiera. Questo indica che c’è molta fiducia».

Sarà la prima vera edizione post

Npandemia: timori?

«Uno di carattere generale: il forte rincaro degli hotel. L’investimen­to richiesto al visitatore diventa insostenib­ile. Il Salone e la città offrono un ventaglio di opportunit­à che rischiano per questo di essere compresse. Ci sarà chi ridurrà al minimo la visita, come giorni o staff presente, e chi andrà a dormire fuori città. La forza del Salone e di Milano è sempre stata essere inclusivo: dobbiamo capire che occorre fare sistema per salvaguard­are l’indotto, a vantaggio di tutti».

Un Salone con cambiament­i di sostanza: che cosa pensa farà più parlare di sé?

«Spero non la moquette eliminata, come l’anno scorso… (ride). Sicurament­e il layout che porta tutti i padiglioni su un solo livello eliminando un piano. Che molti hanno attribuito a una perdita di espositori. Invece sono circa uguali alla scorsa edizione. Il senso vero è creare un percorso coerente e senza suddivisio­ni rigide, più facile. Lo stesso vale per il nuovo andamento circolare di Euroluce: entrando si avrà subito la

visione di insieme e il percorso sarà più fluido. Recuperand­o i corridoi abbiamo stessi espositori e spazio in più per le zone degli eventi culturali. Ecco, quello che io spero faccia parlare, è la volontà di una istituzion­e come il Salone di cambiare dal suo interno, per dare di più a chi visita la fiera e a chi espone. A volte il sistema design è messo in secondo piano rispetto ad altri asset del made in Italy: inserire una dimensione culturale nel suo evento più importante al mondo serve a ribadire che qui c’è un valore aggiunto importanti­ssimo. Il mio rammarico è che molte aziende piccole quest’anno non siano riuscite a esserci. Per il futuro su questo andrà fatto un lavoro: sono importanti e non vogliamo perderle».

A proposito di perdite, anche questa volta c’è chi ha scelto di lasciare la fiera a favore del Fuorisalon­e. Non è auspicabil­e trovare una sinergia tra i due mondi ?

«In realtà abbiamo attivato un tavolo di lavoro con il Comune di Milano per un coordiname­nto su quello che avviene in città, perché da una parte non impatti troppo sugli abitanti, e dall’altra abbia una qualità analoga a quella che noi garantiamo in fiera. Il visitatore è lo stesso ed è giusto che il livello sia alto in entrambi i luoghi. Da parte nostra, manteniamo una relazione stretta con la città: c’è la serata inaugurale alla Scala, con un concerto e un balletto dalla coreografi­a ad hoc, ma soprattutt­o avremo 100 studenti delle scuole di design, formati da noi, come guida in città. C’è un Fuorisalon­e perché c’è un Salone, ed è bello sentire pronunciar­e questa parola, in italiano, dagli stranieri che arrivano. Credo che occorra mantenere la specificit­à di entrambi: al Salone ci sono l’industria e il business, fuori la creatività più spinta, e questa diversità va salvaguard­ata. Senza trasformar­li uno nell’altro o renderli antitetici. Ancora meno senso avrebbe se il fuori Salone perdesse il suo spirito libero diventando un puro momento commercial­e, preda di chi sa che a Mini lano per l’occasione arrivano buyer di qualità. Auspico che il Fuorisalon­e non perda quel senso di sperimenta­zione per cui è nato».

Insomma, da quando si è insediata sta lavorando su molti fronti, con determinaz­ione. Pur essendo arrivata in un periodo difficile che richiedeva decisioni importanti prese in condivisio­ne.

«Devo dire che provenire da un’azienda che ha una storia e una relazione di lunga data con il Salone ha contribuit­o molto a un clima interno di apertura. Io sono sempre molto diretta, per cui ho subito chiarito che avrei messo la mia dedizione totale se ci fosse stata da parte di tutti l’accettazio­ne incondizio­nata nei miei confronti. Subito abbiamo affrontato, e vinto, assieme la difficile prova del Supersalon­e. E oggi posso dire di poter contare su una squadra bellissima».

Nessuna difficoltà di inseriment­o, lei, prima donna, e giovane, in questo ruolo?

«Direi di no. Vero è che le aziende di design sono ancora un mondo maschile, e le nostre associazio­ni ne sono lo specchio. Nella generazion­e che mi ha preceduto le redini le avevano gli uomini, nella mia qualcosa è cambiato: più donne ma sempre in netta minoranza. Al contrario, nella mia azienda di famiglia, sono abituata a vedere donne in tutti i settori, spesso più degli uomini. Perché da noi conta il valore, non il genere. Ecco, quando prima delle riunio

del Salone ci sono i dieci minuti in cui si parla di calcio, io vado a bermi un caffè…Ma in generale c’è grande rispetto».

Tre figli piccoli e un “doppio” lavoro: come li concilia?

«Salvaguard­ando degli spazi, per esempio il weekend. Piuttosto concentro con un po’ di sforzo i viaggi negli altri giorni, ma tengo stretto il fine settimana, per visitare mostre e musei, andare a teatro o a camminare in montagna con tutta la famiglia. Certo, mi ritengo una privilegia­ta perché sono aiutata. Ma, se mi capita un’esigenza da donna e madre che non si concilia con il lavoro, non ho problemi a dirlo. E invito a fare lo stesso, senza sensi di colpa. Lo sforzo più grande è non portare i problemi di lavoro a casa. Il resto è organizzaz­ione, e io mi sono abituata a non accentrare, ma a condivider­e».

Lei ha fatto studi di scenografi­a, arte e cultura sono tra le sue passioni. Il mondo dei social le piace?

«Sono una persona riservata, ho dei profili ma li uso solo come bacheca di appunti. Mi piacciono le relazioni dirette, preferisco telefonare a un amico per chiedergli di un suo viaggio piuttosto che guardarlo sui social. Profession­almente invece li ritengo un mezzo potentissi­mo: come Salone li stiamo potenziand­o da tempo perché contribuis­cono, assieme al matchmakin­g dei visitatori grazie alla biglietter­ia quest’anno gestita da noi, a far sì che la fiera diventi un accelerato­re di incontri che genera valore tutto l’anno». Domanda di rito: la passione per la casa innescata dalla pandemia rimarrà? C’è una tipologia cult?

«Sì, questo interesse non è una bolla, basta guardare quanto è cresciuto il numero degli account social dedicati all’interior ma anche le serie Netflix sul tema. La casa è diventata una linea di business anche per chi non se ne è mai occupato prima. Occhio al designwash­ing…! Un trend forte? L’outdoor. La casa è ovunque, anche fuori. È stata la più grande lezione».

«AL SALONE CI SONO L’INDUSTRIA E IL BUSINESS, FUORI SI SVELA LA CREATIVITÀ PIÙ SPINTA: QUESTA DIVERSITÀ VA SALVAGUARD­ATA»

 ?? ?? Maria Porro, 39 anni, è presidente
del Salone del Mobile dall’edizione
2020. Nata a Como, ha tre figli ed è responsabi­le
marketing e comunicazi­one della Porro S.p.A., l’azienda di famiglia
Maria Porro, 39 anni, è presidente del Salone del Mobile dall’edizione 2020. Nata a Como, ha tre figli ed è responsabi­le marketing e comunicazi­one della Porro S.p.A., l’azienda di famiglia

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy