«SONO UN MIRACOLATO (DA OZPETEK) ESSERE BELLO MI HA AIUTATO TANTO»
L’attore di Doc-Nelle tue mani scrive un romanzo con protagonista un uomo che è il suo contrario. «È facile tirare l’alba e passare da una donna all’altra. Vorrei vederlo a cambiare i pannolini. La responsabilità è difficile, si impara sbaglio dopo sbaglio»
i sento un rottame. Ho la testa ormai grigia, la pancia, le rughe». Però le donne che passeggiano nel Parco Sempione in questa calda mattina primaverile di Milano sembrano ignorare tali drammatici segni di decadenza. E così, fare duecento metri al fianco di Luca Argentero vuol dire fermarsi a ogni passo per fare una foto o semplicemente per ricambiare una stretta di mano. Perché bello è bello, nonostante il maglioncino sformato e l’aria stropicciata di chi non dorme da giorni. «Noè Roberto è nato da poco più di un mese e meno male che io e Cristina siamo abbastanza allenati
Ma darci il cambio di notte, perché questo è il secondo figlio». L’attrice Cristina Marino è la moglie dell’attore quarantacinquenne e insieme hanno già avuto Nina Speranza, oggi tre anni. Si va avanti a parlare di biberon, capricci infantili e pappine per venti minuti buoni e quasi ci si dimentica che Argentero ha appena esordito con un romanzo, Disdici tutti i miei impegni (Mondadori, in libreria da martedì 18 aprile), in cui il protagonista, Fabio Resti, è uno scapolo sciupafemmine, incline ai vizi e che finirà agli arresti domiciliari per una serie di pasticci finanziari. E se pensiamo che Argentero da tre anni entra nelle case di mezza Italia con il viso rassicurante e fidato di Andrea Fanti, il medico coscienzioso della serie Rai 1 Doc - Nelle tue mani, la
prima domanda non può che essere questa: Luca, che cosa c’entra Fabio Resti con lei? «Proprio nulla» risponde «e il romanzo l’ho scritto per questo. Volevo dimostrare che sono anche in grado di immaginare cose turpi. Scherzo. Mi sono divertito a disegnare un personaggio completamente diverso da me. Anche perché non mi dispiacerebbe farne una serie televisiva e magari firmare la regia». Fabio Resti sembra quasi un assaggiatore di vizi, non resiste accanto a una donna per più di qualche mese e fa del cinismo uno stile di vita. Lei non ha mai attraversato momenti in cui si è sentito simile a lui?
«Be’, quando studiavo Economia a Torino mi pagavo da solo le tasse lavorando in un bar discoteca e facendo le sei del mattino praticamente sei giorni su sette. Secondo lei che cosa si fa a vent’anni fino alle sei del mattino?»
Qualche canna?
«Così mi offende!»
Riduttivo?
«Ora non mi metterei qui a spiegare minuziosamente che cosa si assume o con chi si trascorrono le notti, però possiamo dire che sono stato un giovane come tanti altri, purtroppo. Oggi che sono un marito, padre di due figli e — credo — un uomo responsabile, sono convinto che tanti che arrivano a quarant’anni possano dirsi dei sopravvissuti. Tra amori facili, sigarette e alcol, ci si sfascia quasi senza accorgersene. Io ho persino smesso di fumare». Fabio Resti invece non si fa mancare niente.
«Ma perché è più facile. È facile tirare l’alba, rovinarsi con il fumo e la birra o cambiare donna ogni notte. Vorrei vederlo a cambiare i pannolini, a impegnarsi seriamente in un rapporto sentimentale o a cercare di trattenere le paure che già mi assalgono quando penso a mia figlia e al suo futuro. La responsabilità è difficile, si impara giorno dopo giorno, sbaglio dopo sbaglio».
Che ruolo ha la fortuna in una vita, secondo lei?
«Se lo chiede a me, non posso che rispondere che ha un grande peso. Io sono stato e sono un uomo fortunatissimo. Ho recitato in film diretti da registi come Ozpetek, Comencini o Placido senza aver mai studiato recitazione per un solo giorno della mia vita. Ho lavorato in serie di successo
LA CARRIERA come Carabinieri e Doc avendo il privilegio di stare accanto a grandi attori e grandi attrici. Però sono una persona consapevole, me lo riconosco. Mi osservo, mi critico, mi analizzo. E so benissimo che il fatto di essere bello ha aiutato, eccome. Le dirò di più: ho sfruttato la bellezza quando ho potuto». Racconti.
«Scusi, ma secondo lei perché per fare una serie importante come Carabinieri, ormai tanti anni fa, hanno scelto me, uno che non aveva mai recitato e che non aveva neanche uno zio nel mondo del cinema? Perché volevano un tipo bello, sportivo e che piace alle donne. La mia è la franchezza di un laureato in Economia che ha senso pragmatico. Se poi mi chiede se è sempre stato tutto facile, le rispondo di no. All’inizio mi sentivo una specie di intruso».
Sindrome dell’impostore?
«Le racconto un aneddoto. Quando, nel 2007, Ferzan (Ozpetek, ndr) mi scelse per interpretare Lorenzo in Saturno contro, andai a casa sua per la prima lettura del copione. Mi ritrovai nella cucina e intorno al tavolo sedevano Isabella Ferrari, Margherita Buy, Pierfrancesco Favino e Filippo Timi solo per fare alcuni nomi. Io e Ambra Angiolini ci guardammo in silenzio, eravamo due outsider spaventati. Capii in un attimo che l’unica cosa da fare per me in quel momento era mettermi seduto in silenzio e ascoltare. Ho fatto così sempre nella mia carriera: ho ascoltato, assorbito, imparato senza parlare».
Anche in televisione?
«Certo. La serie Carabinieri è stata la vera palestra di recitazione per me. C’erano attori come Paolo Villaggio che generosamente si prestavano per insegnarci il mestiere. Si girava a Città della Pieve e al mattino, verso le otto e mezza, ci si ritrovava al bar. Paolo mangiava pane e mortadella già a quell’ora e gli piaceva da matti essere circondato da attori giovani ai quali raccontava cose che non si possono raccontare qui. Non aveva pudori inutili, era un attore e basta e continuava a fare l’attore anche nella vita di tutti i giorni. Se aggiungiamo che grazie a quella serie ho potuto fare quasi duecento pose l’anno, cosa importante perché gli attori sono come i piloti e devono accumulare ore di
«ANDAI A CASA DI FERZAN E ATTORNO AL TAVOLO DELLA CUCINA C’ERANO FERRARI, BUY, FAVINO, TIMI... CAPII IN UN ATTIMO CHE DOVEVO SOLO STARE ZITTO E ASCOLTARE»
volo, si capisce un poco perché mi sono ritrovato a fare questo lavoro senza aver mai frequentato una scuola di cinema».
Che cosa rappresenta Ozpetek per lei?
«Un santo. Perché è stato quello che imponendo le sue mani su di me mi ha liberato dai peccati originali e mi ha ammesso nel mondo degli addetti ai lavori del cinema. Più seriamente: un maestro, un amico e un prezioso mentore. È stato bello tornare a lavorare con lui nella serie delle Fate ignoranti. Ci siamo ritrovati con una maturità più compatta da parte mia e con un affetto immutato da parte sua» Pochi ricordano che lei ha esordito nel Grande Fratello, l’edizione in cui vinse Floriana. Lì le persone non hanno cognome, lei ha rischiato di rimanere Luca e basta.
«Ma lo sa che quella è una parentesi che quasi non ricordo nemmeno io? Sono passati tanti anni, lo feci per soldi. Calcolai che se avessi vinto la cifra in palio avrei potuto riposarmi un poco e decidere che cosa fare del mio futuro, visto che mi ero appena laureato. Anche adesso faccio calcoli. Ho scritto il libro perché mi piacerebbe lavorare intensamente ancora per qualche anno, guadagnare abbastanza per vivere bene e far vivere bene la mia famiglia e poi vorrei andare in pensione a 55 anni.
Viaggiare con mia moglie, riposarmi, leggere e scrivere libri e sceneggiature. Ogni tanto, poi, fare un film che mi piace ma solo per il gusto di farlo. Non ha senso andare in pensione tardi».
Fabio Resti, nel romanzo, è assediato — oltre che dalle forze dell’ordine — anche dal tempo. Tutto ha una scansione temporale che a mano a mano si dilata,peraltroinunacostruzionenarrativagiocata al chiuso, in una stanza. Lei che rapporto ha con il tempo?
«Lei tocca un tasto importante nella mia vita. Io sono ossessionato dal tempo. Dal tempo che passa, perché davvero sento di diventare vecchio, non scherzo. Dal tempo che non mi basta, perché io vorrei vivere tanto, tantissimo con Cristina e con i miei figli. Dal tempo che deve ancora venire, perché vorrei proteggere Nina e Noè dalle cose brutte che inevitabilmente incontreranno. Dal tempo vissuto male, perché se c’è una cosa che mi fa incazzare è chi butta via il tempo. Dal tempo da dedicare anche a me stesso, perché lavorare in serie lunghe come Doc vuol dire sapere che per sei o sette mesi non puoi fare programmi che non siano quelli di lavoro sul set. Ecco perché Cristina è importante nella mia vita. Lei conosce questo lato del mio carattere e lo rispetta, prova a darmi tempo ogni volta che può». Un’intesa che si cerca ogni giorno?
«Le faccio un esempio. L’altro giorno siamo arrivati alla domenica pomeriggio stanchissimi. Però avevamo promesso a Nina di portarla in campagna a vedere gli animali. Cri era esausta, ma io l’ho pregata di venire lo stesso. Lei lo ha fatto. Ci siamo divertiti tanto, Nina era felice e abbiamo evitato di sprecare un pomeriggio tra divano, tv e pianti dei bambini. Mia moglie mi ha insegnato un nuovo sguardo. Sul mondo, sulle donne, sulla famiglia. Sorridendo, riesce a darmi energia e coraggio. Io con lei vorrei fare tanti figli, ma nell’ultima gravidanza l’ho vista abbastanza provata e allora mi fermo, vedremo che cosa succederà. Solo vicino a lei il tempo che passa non mi fa paura e tutto diventa facile, allegro, pieno di vita. Sono grato a quel pomeriggio ai Caraibi quando, sul set di un film, l’ho vista per la prima volta sotto una palma. Ci siamo guardati in un modo tutto nostro. E non abbiamo mai smesso».
«FECI IL PER SOLDI, ORA VORREI GUADAGNARE ABBASTANZA PER DEDICARMI ALLA FAMIGLIA E ANDARE IN PENSIONE A 55 ANNI»