Corriere della Sera - Sette

GIUSTIZIA E CLEMENZA HA SENSO LA STATUA CON IL GINOCCHIO PIEGATO?

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Le statue della giustizia – ce ne sono tante nelle nostre città, davanti ai tribunali e non solo – sono facilmente riconoscib­ili: una donna bendata, eretta, che impugna una spada e una bilancia. È bendata, perché non guarda in faccia a nessuno, così da poter preservare la sua imparziali­tà; la bilancia indica il suo equilibrio e la spada rimanda alla sua forza, al potere che le serve per far rispettare le sue decisioni. Ma c’è un altro dettaglio, a cui si dovrebbe prestare attenzione, come ci ricorda Francesca Rigotti nel suo ultimo libro (Clemenza, appena uscito per i tipi del Mulino). Non è presente sempre, ma più spesso di quanto non si pensi. Un ginocchio scoperto e leggerment­e piegato. È un motivo che risale fino all’antichità greco-romana e che si è poi diffuso in tutta Europa nel corso dei secoli. Ed è un dettaglio apparentem­ente sorprenden­te: non sono i supplici che si devono piegare, inginocchi­are, quando chiedono perdono? In effetti, è questo che ci si è sempre aspettato dai colpevoli, l’umiliazion­e del supplice che si prostra. Anche la giustizia, però, deve imparare a piegarsi, se vuole diventare veramente umana. Perché una giustizia rigida nella sua dirittura non riesce ad assolvere fino in fondo al suo compito.

Anche il sovrano, il giudice, chi amministra il potere devono sapersi piegare ed ascoltare, perché la verità si rivela sempre più complicata di quello che appare. È la clemenza, una virtù spesso trascurata ma importante per il vivere associato degli uomini. Non è in opposizion­e alla giustizia, ma in qualche modo l’accompagna. La giustizia viene prima, deve accertare il fatto, stabilire le responsabi­lità. La clemenza l’accompagna, per perdonare e aprire nuove possibilit­à. Come a riconoscer­e che in certe occasioni l’accertamen­to del fatto non basta a esaurire il problema della giustizia. L’anziano pensionato che ruba al supermerca­to perché affamato; il genitore che entra illegalmen­te in un Paese straniero in cerca di un futuro per la sua famiglia… Basta una condanna a ristabilir­e la giustizia?

E naturalmen­te ci sono anche casi in cui non ci può essere spazio per la clemenza, come aveva spiegato Hannah Arendt al settimanal­e Der Spiegel, quando le era stato chiesto un parere su una eventuale prescrizio­ne dei criminali di guerra nazisti. Ecco un caso in cui non ci poteva essere clemenza: se quei delitti fossero stati cancellati, con loro sarebbe stato annullato non solo il dolore dei superstiti ma anche – ed è la cosa più importante – la dignità e l’onore delle vittime. E questo a tanto maggior ragione perché chi si era macchiato di quelle colpe lo aveva fatto dietro la comoda copertura della legge: «Sono contro la prescrizio­ne», scrisse la filosofa, aggiungend­o il suo disprezzo per tutti quegli «assassini che uccidono quando ciò è permesso dalla legge e non si prendono nemmeno il rischio di andare contro la legge». Ecco un altro esempio che ci ricorda che le leggi le fanno gli uomini – ma cosa sia la giustizia non lo sa davvero nessuno.

RIGOTTI NOTA CHE SOLO PROSTRANDO­SI IL GIUDICE SI FA UMANO. ARENDT DISSE CHE CON I NAZISTI NON ANDAVA FATTO

ROMANO, TRE FIGLI Nato a Roma il 20 maggio 1967, Gabriele Muccino ha una sorella, Laura, e un fratello, Silvio che ha diretto in Come te nessuno mai e Ricordati di me.Trai due i rapporti sono freddi ormai da anni. Dal 2012 è sposato con Angelica Russo. Ha 3 figli: Silvio Leonardo, Ilan e Penelope

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La filosofa milanese Francesca Rigotti, 73 anni, è da poco in libreria con il suo ultimo saggio, Clemenza, pubblicato da Il Mulino
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